Paul Gascoigne, l'ultima resa: Morirò da Gazza, non riesco a smettere di bere
- Postato il 18 ottobre 2025
- Di Virgilio.it
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E’ il destino dei talenti dannati della Gran Bretagna, come George Best o come Jimmy Greaves: pallone e bottiglie, un binomio che ha rovinato campioni indiscussi e Paul Gascoigne in questo triste elenco ci è entrato da tempo. L’ex stella della nazionale inglese, intervistato dal Mirror, ha ammesso che non smetterà mai di bere e che “non può cambiare” dopo aver lottato contro la dipendenza dall’alcol per tutta la vita.
Perché Gazza si ubriacava
Gazza ha solo 58 anni ma ne dimostra 10-15 di più: la voce alterata, le rughe, i segni degli eccesso di una vita intera: l’ex Lazio ha trascorso diversi periodi in riabilitazione nel tentativo di liberarsi dal vizio ma in una nuova intervista, ha spiegato perché non è riuscito a smettere con l’alcol insistendo sul fatto che si “ubriacava” per il “piacere di farlo” e non per odio verso qualcuno ed affermando di non avere più “nulla da nascondere”, sebbene riesca a evitare lunghi periodi di sbornia.
La resa di Gascoigne
“Non sono cambiato, non posso cambiare, non saprei come cambiare. Probabilmente morirò come Gazza. Ma non ho nulla da nascondere. Tutto il Paese sa cosa ho fatto ora – ha ammesso Gazza – bevevo perché volevo bere, poi mi sono pentito delle conseguenze. Ora, se ho una ricaduta, non ci passo più settimane di fila come facevo prima. Ripensandoci, devo aver fatto del male a mia madre e mio padre.Ma non ci pensi. La persona a cui fai più male sei tu stesso.”
Gazza ha insistito sul fatto che sta solo cercando di “vivere alla giornata” ma la rassegnazione è nelle sue parole. L’ex trequartista ha collezionato 57 presenze con la nazionale inglese e segnato dieci reti tra cui il suo iconico gol contro la Scozia a Euro 1996.
Il nuovo libro e i nove brandy nell’intervallo
Ora ha pubblicato il suo nuovo libro “Eight” e qualche giorno fa in tv ha rivelato altri aneddoti della sua vita da montagne russe come la finale di Coppa di Lega del 1996 con i Rangers. “All’intervallo – ha ricordato – l’allenatore mi chiese se avessi bevuto. Dissi di no. Lui rispose: ‘Allora vai a prenderti qualcosa’. Bevvi nove brandy. Tornai in campo, segnai due gol e fui eletto migliore in campo. Ma non mi fecero andare alla cena post-partita perché avevo già bevuto troppo”.
Nel libro, l’ex centrocampista ripercorre anche un dramma che lo segnò da ragazzo: la morte del fratellino di un amico, travolto da un’auto davanti ai suoi occhi. “Mi ero preso la responsabilità di badare a lui – ha detto con la voce rotta – è corso avanti di un metro e una macchina l’ha colpito. È morto tra le mie braccia… credevo respirasse ancora, ma non era così”.