Pensione anticipata, arriva la svolta: se sfrutti il TFR puoi dire addio al lavoro, vai a casa 3 anni prima

  • Postato il 31 agosto 2025
  • Economia
  • Di Blitz
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Puoi richiedere la pensione anticipata 3 anni prima sfruttando il tuo TFR: così puoi uscire prima dal lavoro.

Negli ultimi giorni si registra un crescente interesse tra i lavoratori italiani riguardo a una possibile riforma dell’utilizzo del trattamento di fine rapporto (TFR), destinata a modificare profondamente le modalità di accesso alla pensione anticipata.

La proposta, al vaglio del Governo, prevede di impiegare il TFR come strumento per anticipare l’uscita dal lavoro di circa tre anni, offrendo una nuova via per superare le difficoltà legate ai requisiti economici richiesti per il pensionamento anticipato.

La previdenza complementare e il ruolo del TFR nel sistema pensionistico

La previdenza complementare rappresenta un elemento centrale del sistema pensionistico italiano, configurandosi come il secondo pilastro dopo la previdenza pubblica obbligatoria. Regolata dal D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, essa mira a garantire un’integrazione alla pensione pubblica, assicurando un livello di tutela più adeguato ai lavoratori al termine della loro carriera. I principali destinatari dei fondi pensione sono:

  • i lavoratori dipendenti, sia del settore privato che pubblico;
  • i soci lavoratori e dipendenti di cooperative di produzione e lavoro;
  • lavoratori autonomi e liberi professionisti;
  • persone con responsabilità familiari non retribuite;
  • lavoratori con contratti atipici o occasionali.

Il finanziamento di queste forme pensionistiche è a carico del lavoratore, mentre nel caso di rapporti di lavoro subordinato è previsto un contributo anche da parte del datore di lavoro. Un aspetto fondamentale è la possibilità per i lavoratori dipendenti di destinare al fondo pensione anche il proprio TFR, che viene così convertito in risparmio previdenziale. Il TFR, disciplinato dall’articolo 2120 del Codice Civile, costituisce una quota della retribuzione differita, liquidata alla cessazione del rapporto di lavoro. Attualmente, il lavoratore ha facoltà, entro sei mesi dall’assunzione, di scegliere se destinare il TFR a una forma pensionistica complementare oppure lasciarlo maturare presso il datore di lavoro, che in alcuni casi lo versa a fondi pensione collettivi.

Durante un recente convegno, Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, ha annunciato l’intenzione di valutare una riforma che consenta di trasformare il TFR accumulato presso l’INPS, soprattutto dalle imprese con più di 50 dipendenti, in una rendita mensile da affiancare alla pensione contributiva. Questa soluzione permetterebbe di anticipare l’uscita dal lavoro, in particolare per quei lavoratori che hanno maturato i requisiti contributivi ma non raggiungono la soglia economica minima per la pensione anticipata, pari a circa 1.616 euro mensili (tre volte l’importo dell’assegno sociale).

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Come lasciare il lavoro prima grazie al TFR – Blitzquotidiano.it

Questo meccanismo sarebbe rivolto a colmare il gap tra i requisiti anagrafici e contributivi e la soglia reddituale richiesta, facilitando così il passaggio alla pensione senza dover attendere il raggiungimento dell’età pensionabile ordinaria. Alcuni esperti ipotizzano anche la possibilità di un “ponte” economico per lavoratori sopra i 63 anni esclusi da altre forme di pensionamento anticipato, che potrebbero utilizzare il proprio TFR come sostegno temporaneo. Secondo Durigon, questa proposta amplierebbe le opzioni di uscita anticipata, evitando pensioni troppo basse e riducendo il peso economico per l’INPS, che attualmente spende circa 6,8 miliardi di euro l’anno per anticipare il TFR ai lavoratori in uscita.

Un ulteriore utilizzo ipotizzato per il TFR riguarda il finanziamento di fondi sanitari dedicati alla non autosufficienza (Long Term Care), esigenza in costante crescita a causa dell’invecchiamento demografico. Attualmente, la normativa riserva la pensione anticipata a 64 anni ai lavoratori interamente contributivi con almeno 20 anni di contributi e un reddito pensionistico minimo pari a tre volte l’assegno sociale. Dal 2025, la soglia contributiva salirà a 25 anni, e dal 2030 sarà necessario un minimo di 30 anni di contributi per combinare pensione pubblica e rendita complementare. La proposta della Lega introduce novità importanti:

  • possibilità di accesso volontario alla pensione a 64 anni con almeno 25 anni di contributi anche per chi ha carriere miste (sistema retributivo e contributivo);
  • utilizzo del TFR o dei fondi pensione integrativi per raggiungere il minimo reddituale di 1.616 euro mensili, convertendo il TFR in una rendita pensionistica;
  • applicazione di una tassazione agevolata sul TFR trasformato in rendita, in linea con quella prevista per i fondi pensione complementari.

Importante sottolineare che la rendita derivante dal TFR non comprometterebbe la reversibilità né della pensione né del trattamento di fine rapporto stesso. Questa ipotesi di riforma apre un dibattito intenso sulla gestione delle risorse previdenziali, bilanciando l’esigenza di flessibilità nel pensionamento con la tutela delle risorse finanziarie necessarie per garantire la sicurezza economica dei lavoratori nel lungo termine.

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Blitz

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