Per Brose la crisi è strutturale: «A rischio 80 posti di lavoro»

  • Postato il 2 settembre 2025
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Per Brose la crisi è strutturale: «A rischio 80 posti di lavoro»

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La crisi nell’indotto lucano di Stellantis si aggrava, per Brose la crisi è strutturale: «Subito un tavolo». Per la Uilm a rischio «80 posti di lavoro»


Un tavolo per Brose. C’è un battito sempre più debole nel già flebile tracciato dell’indotto lucano di Stellantis: si tratta di Brose Automotive, un caso «anomalo», come spiega il segretario di Uilm Basilicata Marco Lomio, «perché il problema qui non è legato ad un’assegnazione di commesse, ma ad una tecnologia che non c’è più».

Stellantis ha abbandonato non solo a Melfi ma ovunque la tecnologia del “modulo porta”, l’unica lavorazione prevista nella fabbrica lucana che, quindi, si è trovata fuori dal perimetro produttivo tracciato dal piano Italia del Gruppo. Una situazione che mette a rischio il futuro di 80 lavoratori e per la quale Uilm ha chiesto ieri un tavolo specifico che coinvolga direttamente Stellantis, in qualità di attore principale del sistema industriale locale, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, la Regione e tutte le istituzioni competenti.

«L’obiettivo – per Uilm – deve essere l’avvio di un serio processo di reindustrializzazione del sito Brose di Melfi, capace di garantire prospettive concrete e durature per le circa 80 famiglie coinvolte. Non possiamo permettere che una realtà produttiva che ha già conosciuto momenti difficili dieci anni fa – e che fu allora rilanciata anche grazie all’impegno di tutte le parti sociali in occasione dell’avvio del progetto Renegade – venga oggi abbandonata al proprio destino. Serve responsabilità, visione e rapidità. Nessuno deve essere lasciato indietro».

Lomio spiega inoltre che nelle ultime settimane «abbiamo lavorato per esplorare ogni possibile opportunità che potesse garantire continuità produttiva e occupazionale per il sito: nuove commesse, processi alternativi, integrazioni nella filiera locale. Tuttavia, ad oggi, la situazione si presenta estremamente complessa. Questa è un’azienda che deve andare verso la riconversione».

L’ESEMPIO EX MUBEA

L’idea di base sarebbe di seguire il tracciato dalla riconversione dell’ex Mubea, azienda dell’indotto che produceva molle per gli ammortizzatori montati su modelli realizzati a Melfi e che adesso cambierà pelle. L’accordo con il nuovo proprietario prevede un anno di cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione, passato questo periodo i lavoratori, circa 42, «troveranno la riconversione effettuata e produrranno pergole in alluminio». Ma non è facile.

Come difficile resta la situazione generale dell’indotto lucano, diviso in una terra di mezzo tra fornitori di primo livello e l’indotto di servizio, come la logistica (2500 lavoratori nel primo caso, circa 500 nel secondo). Tra i casi più importanti del primo ambito c’è quello che riguarda la Pmc, che produce componenti per carrozzerie, come la porta ed il longherone. «In questo caso c’è un problema di commesse – spiega Lomio – perché Stellantis sulla ferro-lastratura ha deciso di internalizzare al massimo le lavorazioni. Pmc al momento non ha commesse per le nuove vetture».

Per di più, gli ammortizzatori in questa azienda sono in scadenza a breve, il 30 ottobre. «In generale quello degli ammortizzatori non è un grande problema, in Basilicata, essendo il territorio riconosciuto come area di crisi complessa: questo vuol dire che ogni anno il governo stanzia fondi per gli ammortizzatori in deroga. Il problema, in generale, è però più grave: se una azienda sa di non avere prospettive, perché dovrebbe attivarli? Ecco perché noi chiediamo da tempo responsabilità sociale a Stellantis, affinché si faccia carico anche di queste piccole aziende».

BROSE IN CRISI STRUTTURALE, IL CASO MARELLI

Poi c’è il caso Marelli, la prima azienda a Melfi a fare un sostanzioso investimento di 14 milioni di euro tutto sull’elettrico. «Adesso succede che Stellantis sta cambiando il suo piano industriale, sta andando sull’ibrido o sul My Hybrid. E Marelli, con lo stabilimento con l’investimento grande, ha le commesse solo sull’elettrico. È un paradosso: in pratica è sovradimensionata». La sfida dei prossimi mesi, in questo senso, sarà portare il Gruppo ad affidarle anche commesse sull’ibrido. Non tutti i problemi sono uguali, nell’indotto Stellantis. Alla Lear, per esempio, seconda azienda in termini di grandezza presente a San Nicola di Melfi, dove si realizzano sedili per le vetture del Gruppo, il problema riguarda principalmente la richiesta di garanzie occupazionali e la stabilizzazione dei lavoratori precari.

«Nel 2015 sono stati assunti circa 200 lavoratori in staff leasing mai stabilizzati, e oggi l’azienda si trova con una forza lavoro molto ampia». Di fatto è quasi completo il ricorso agli ammortizzatori tra i 3000 addetti dell’indotto composto da 8 aziende della logistica e 17 (secondo le stime Uilm) della produzione. Problemi di cui si è parlato anche nell’attivo Uilm dei delegati sindacali dell’impianto lucano, che si è tenuto il 28 agosto. Domani, invece, sarà la volta dell’attivo Fim Cisl, presso la sala della Fim Cisl di San Nicola di Melfi. Saranno presenti le Rsa di Stellantis e le Rsu dell’indotto.

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