Per Schillaci “mai così tanti fondi alla sanità”, ma siamo ben al di sotto della media europea. “Poche assunzioni. Chi lavorerà nel pubblico?”
- Postato il 27 ottobre 2025
- Speciale Legge Di Bilancio
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Per la sanità c’è uno stanziamento mai ottenuto prima”, ha esultato Orazio Schillaci, commentando l’approvazione della legge di bilancio in consiglio dei ministri. Ma al di là degli entusiasmi del ministro della Salute, basta inserire le cifre della manovra in un contesto per rendersi conto che l’Italia continua a spendere decisamente meno per la sanità di quanto facciano in media sia i Paesi Ocse, sia quelli europei. Ed è per questo che i sindacati sono tutt’altro che soddisfatti dello “stanziamento record”. Le misure previste non basteranno a colmare le carenze di personale: le assunzioni saranno meno di quelle attese e, avvertono le associazioni di categoria, con queste risorse non sarà possibile valorizzare i professionisti che lavorano già nel Servizio sanitario nazionale, convincendoli a rimanere nel pubblico.
Con la legge di bilancio, che vale appena 18,7 miliardi, una delle più leggere degli ultimi anni, il Fondo sanitario nazionale nel 2026 crescerà di 6,6 miliardi di euro, raggiungendo la cifra complessiva di 143,1 miliardi. Rispetto a quanto già previsto dalla scorsa manovra, quest’anno verranno stanziati altri 2,4 miliardi di euro. L’aggiunta, secondo quanto dichiarato dalla maggioranza, servirà a perseguire i tre obiettivi principali che l’esecutivo si è posto per la sanità: assumere personale, ridurre le liste d’attesa e potenziare la prevenzione. Ma lo sbandierato aumento di risorse si ridimensiona se parametrato all’inflazione. E la crescita in termini assoluti del Fondo non implica che si stia effettivamente ponendo fine al progressivo smantellamento della sanità pubblica: secondo il documento programmatico di finanza pubblica, la spesa pubblica in sanità si fermerà al 6,5% del Pil nel 2026, percentuale inferiore sia alla media Ocse (7,1%), sia a quella europea (6,9%). Numeri che mettono in allarme sindacati e addetti ai lavori, preoccupati soprattutto dalla deriva verso la privatizzazione dei servizi.
Le priorità del governo: organico, liste d’attesa e prevenzione – Per quanto riguarda il tentativo di arginare la drammatica carenza di personale del Servizio sanitario nazionale, la manovra autorizza la spesa di 450 milioni di euro annui per le assunzioni. Investimenti che potrebbero tradursi nell’ingresso all’interno del Servizio sanitario di circa 7mila nuovi professionisti, per la maggior parte infermieri. Lo stanziamento mira a “garantire la riduzione delle liste di attesa nonché il rispetto dei tempi di erogazione delle prestazioni sanitarie”. La norma consente con questo obiettivo alle Regioni di usare nel 2026 143,5 milioni di euro per finanziare prestazioni aggiuntive del personale sanitario. Ore di lavoro extra a cui gli ospedali stanno già attingendo per far fronte alle carenze di organico e smaltire le lunghe liste d’attesa. Per quanto riguarda l’ultima priorità, la prevenzione, sono previsti 485 milioni di euro all’anno per potenziarla. Questi fondi serviranno per rafforzare la diagnosi precoce dei tumori, ampliare l’offerta vaccinale e promuovere campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini.
Assunzioni, straordinari e indennità per chi lavora in pronto soccorso – Nell’ottica di favorire un piano straordinario di reclutamento, nell’anno 2026 è autorizzata l’assunzione, da parte delle aziende e degli enti dei rispettivi servizi sanitari regionali, di personale sanitario a tempo indeterminato “in deroga ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia, nel limite di spesa complessivo di euro 450 milioni annui a decorrere dall’anno 2026”. In più le Regioni “possono aumentare i valori di spesa sino al 3% dell’incremento del Fondo sanitario regionale rispetto all’esercizio precedente”. Per provare ad arginare la crisi dei pronto soccorso, in via sperimentale dal 2026 al 2029 le Regioni potranno aumentare fino all’1% i fondi per premi e indennità del personale operante nell’Emergenza-Urgenza. Sul fronte della retribuzione del lavoro straordinario, saranno stanziati 143,5 milioni di euro per il 2026 per retribuire prestazioni aggiuntive, con un’imposta sostitutiva agevolata del 15%. Misure che danno un “primo segnale” secondo Pierino Di Silverio, segretario nazionale del sindacato dei medici Anaao–Assomed, ma che non mettono a fuoco un elemento centrale: senza la ristrutturazione dei modelli organizzativi e un intervento migliorativo deciso sulle condizioni di lavoro a cui sono sottoposti i dipendenti del Ssn, queste misure risolveranno ben poco.
Valorizzazione del personale: “Sforzi non sufficienti” – Tutti sforzi “non sufficienti a convincere i medici a lavorare nel Ssn“, secondo la federazione Cimo-Fesmed. “La legge di bilancio prevede per il 2026, tenendo in considerazione anche le risorse stanziate lo scorso anno, un aumento dell’indennità di specificità medica pari a circa 230 euro al mese lordi. Al momento si tratta di soldi vincolati al rinnovo del Ccnl 2025-2027, che quindi non compariranno immediatamente in busta paga. Inoltre, non è previsto nulla per gli anni successivi: sono aumenti precari che nel 2027 potrebbero improvvisamente sparire”, commenta il presidente Guido Quici. Inoltre, le mille assunzioni di medici autorizzate “sono senz’altro insufficienti a colmare la carenza di personale”, nonché ad assorbire i 18mila medici che si sono specializzati tra il 2024 e il 2025. Infine c’è il tema della differenza di trattamento tra camici bianchi e gli altri dirigenti sanitari: le sigle denunciano la sperequazione tra le condizioni offerte ai medici e quelle garantite a biologi, farmacisti e psicologi ospedalieri. Per questo hanno già chiesto un incontro “urgente” a Schillaci, per “definire, con maggiore chiarezza, le previsioni del governo riguardanti le risorse destinate alla valorizzazione dei professionisti del Ssn”.
Prevenzione: estesi gli screening dei tumori – L’ultima priorità individuata dalla maggioranza è quella della prevenzione. I fondi dedicati a questa voce sono crollati negli ultimi anni, nonostante l’Italia sia il secondo Paese più anziano del mondo. Senza un investimento serio – hanno denunciato le associazioni professionali – il Ssn rischia di non reggere. Oltre a essere una delle strategie più efficaci per migliorare la qualità della vita dei pazienti cronici, investire in prevenzione ha nel lungo periodo un impatto positivo anche sulle casse pubbliche. L’articolo 64 prevede risorse aggiuntive e permanenti per oltre 485 milioni di euro all’anno a partire dall’anno prossimo: 238 milioni permanenti e 247 per il solo 2026. I fondi sono destinati al rafforzamento degli interventi come estensione dello screening mammografico per il tumore della mammella alle donne di età compresa tra 45 e 49 anni e tra 70 e 74 anni (finora la maggior parte delle Regioni offriva il servizio solo tra i 50 e i 69 anni); potenziamento dello screening per il tumore del colon-retto per le persone di età compresa tra 70 e 74 anni; prosecuzione del programma di prevenzione e monitoraggio del tumore polmonare; aumento del finanziamento statale alle Regioni per l’acquisto dei vaccini previsti nel calendario vaccinale nazionale, per migliorare la copertura e uniformare l’offerta su tutto il territorio. Si prevede, inoltre, una spesa di “1 milione di euro annui a decorrere dall’anno 2026 finalizzata alla realizzazione, da parte del ministero della Salute, di apposite campagne di comunicazione istituzionale sulla prevenzione”.
Si alza ancora il limite di spesa per il privato accreditato – L’articolo 81 dispone un ulteriore aumento dei limiti di spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie di specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera da soggetti privati accreditati, anche al fine di contribuire all’abbattimento delle liste d’attesa. La norma fa sì che il tetto di spesa per beni e servizi che le Regioni e le aziende sanitarie possono sostenere ogni anno si alzi dell’1%. A partire dal 2026, avranno le mani più libere per fare acquisti per gli ospedali e le strutture sanitarie.
Farmacia dei servizi: “Le regole del gioco non sono chiare” – Sta facendo molto discutere i camici bianchi è la stabilizzazione delle attività prevista dalla farmacia dei servizi. È disposta dall’articolo 68. Le croci verdi potranno fornire una serie di servizi sanitari e socio-sanitari già previsti da leggi precedenti, ma finora attivati solo in via sperimentale o con progetti locali. Le farmacie, pubbliche o private convenzionate, saranno definitivamente riconosciute come presidi sanitari di prossimità integrati nel Ssn. Le strutture però dovranno essere autorizzate e accreditate come avviene per tutte le altre strutture sanitarie, per garantire standard di qualità, sicurezza e formazione del personale. Il fondo dedicato per l’erogazione di servizi (screening, vaccinazioni, misurazioni) è di 50 milioni di euro annui a partire dal 2026. “Le regole del gioco non sono chiarissime – commenta Di Silverio – . Siamo preoccupati che ci sia il rischio che si creino delle situazioni anomale per quanto riguarda le responsabilità attribuibili ai professionisti”.
20 milioni per la sanità digitale, affidati ad Agenas – Una parte delle risorse è dedicata anche alla sanità digitale, la cui gestione è affidata all’Agenas, in qualità di Agenzia nazionale per la sanità digitale (Asd). L’articolo 85 riguarda in particolare il potenziamento dei servizi di telemedicina. “Al fine di garantire l’omogeneità a livello nazionale e l’efficienza nell’attuazione delle politiche di prevenzione e nell’erogazione dei servizi sanitari erogati mediante l’impiego dei servizi di telemedicina, all’Agenas è assegnata la somma di 20 milioni di euro per l’anno 2026 da impiegare per il potenziamento e l’efficientamento dei servizi di telemedicina mediante l’implementazione di procedure finalizzate a dotare i professionisti sanitari di dispositivi medici idonei a garantire l’adeguato monitoraggio dei pazienti, nonché a favorire l’implementazione omogenea dei percorsi di telemedicina”.
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