Per un’educazione sentimentale meglio Flaubert che una lezioncina scolastica
- Postato il 12 novembre 2025
- Di Il Foglio
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Per un’educazione sentimentale meglio Flaubert che una lezioncina scolastica
Questa cosa dell’educazione affettiva o affettivo-sessuale, col permesso dei genitori, mi sembra una castroneria. Meglio l’educazione sentimentale, cioè un avvio alla comprensione della vita, dell’amore, della trasgressione, del fallimento e della speranza, dell’ambizione, della scena metropolitana e di provincia, con il dispiegamento ben temperato dei caratteri, dei viaggi, dei va e vieni dell’esistenza, del lavoro, del denaro, dei pensieri e dei sogni a occhi aperti su un battello fluviale, magari attraverso la lettura, buone traduzioni o lingua originale, del romanzo di Gustave Flaubert che, appunto, ha per titolo “L’educazione sentimentale”. La semiconferenza dell’insegnante, che avrà anche lui o lei i suoi problemi, o il contributo dello specialista, dello psicologo, in collaborazione scuola-famiglia, scuola-social-famiglia, con in più l’informazione d’attualità e i talk-show del pomeriggio, mi sembrano un modo di abbrutire e diminuire la personalità degli alunni e delle alunne. Si rivolgano alla letteratura, se c’è bisogno di apportare un bene patrimoniale sentimentale che integri il bagaglio delle giovani anime in cerca di una strada nella e nelle relazioni affettive e sentimentali.
Non c’è solo Flaubert, che è certo il meglio dell’Ottocento e oltre.
La strada, il villaggio (possibilmente non globale), l’ambiente, i parenti, gli amici e le amiche, certi sconosciuti, i modelli pubblici positivi e negativi, e infine o prima di tutto il resto i libri, i buoni libri con i loro personaggi, quel tanto di sogno e di fantasia e di romanzo che è certo meglio di un certificato di buona condotta affettiva, non parliamo sessuale, rilasciato dalla scuola con il timbro di approvazione di mamma e papà. C’è anche il buon cinema, il teatro, ci sono le biografie delle grandi parabole umane del talento e dell’arte, per i più piccini ci sono anche le favole, che non stonerebbero nemmeno per alcuni grandicelli, dalle medie in su si moltiplicano gli strumenti a disposizione di un’educazione sentimentale pubblica, fatta di buona e apprezzabile cultura letteraria, attraverso la quale apprendere non soltanto com’è fatta l’Italia, e per quello ci sono “I promessi sposi” e “Pinocchio” e “Lessico famigliare”, Manzoni Collodi e Ginzburg, ma che tipo di cosa siano la storia, la politica, il potere, il legame personale e morale, il mondo intero con gli obblighi, i doveri e i diritti delle persone, che non sono mai così vere come quando sono rappresentate nel falso letterario di una buona scrittura.
L’educazione civica è una cosa, non sputare, non sporcare, non fare chiasso o danni a detrimento della convivenza eccetera. Quella si può comporre di regole e regolette, importanti e obiettive. Piccoli cittadini cresceranno, forse. Ma l’educazione dei sentimenti e dell’amore, l’incunearsi nella spigolosità e nella rotondità delle anime, affidare tutto questo a uno spirito cattedratico o a una expertise di tipo sociale, ecco un errore che si potrebbe facilmente evitare con il ricorso a racconti e storie interessanti, non scolasticume più o meno mediatizzato, non pezza a colori, ma capolavoro riconosciuto di probità intellettuale e di misura estetica ed etica. Le generazioni precedenti alle presenti hanno avuto, e non solo nelle classi borghesi dei licei classici, mille esemplarità non scontate, non dossierose, non parascientifiche, non ricattatorie, non computabili in pagelle e voti, ma tutto sommato simili a una libera scelta coadiuvata dal pensiero critico, con cui confrontarsi. Ne è uscito molto di bene e qualcosa di male, ovvio, qualche trascuratezza e sottovalutazione ed equivoco si sarà pure insinuato ma non è sicuro, al contrario, che si possa fare meglio con una ondata di affettivismo psicologico docente e discente, una piccola bestemmia, priva di carisma e di fascino.
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