Perché a Parigi sognano la svolta Meloni
- Postato il 2 settembre 2025
- Di Libero Quotidiano
- 1 Visualizzazioni

Perché a Parigi sognano la svolta Meloni
Succedono cose impensabili fino a tre anni fa, c’è un mondo alla rovescia che in realtà è un nuovo dritto da fondo campo sull’economia europea: quella italiana funziona meglio di quella francese e gli “osservati speciali”d’Europa sono a Parigi e non a Roma. Christine Lagarde, presidente della Bce, ieri ha detto: «Stiamo monitorando lo spread della Francia, l’Italia sta facendo sforzi molto seri, sta per uscire dalla procedura di deficit eccessivo». Lagarde ha aggiunto con un sospiro che «la caduta di un governo della zona euro sarebbe preoccupante». Attenzione, il crollo non è a Palazzo Chigi, è quello di Palazzo Matignon, è l’esecutivo Bayrou che l’8 settembre chiederà all’Assemblea Nazionale il voto di fiducia che per ora non ha. La stampa di sinistra, intelligente, elegante e inguaribilmente “Frou Frou”, maschera in maniera sempre più comica i risultati del governo Meloni, dopo aver strillato a tutta pagina per 36 mesi che «l’Italia è isolata», i gazzettieri si sono ritrovati a fare il solitario nel raccontare una pietosa bugia, dettata dal pregiudizio ideologico e dalla propaganda della sinistra di cui sono la rotativa unica. Ve lo ricordate Valdis Dombrovskis che col ditino alzato ammoniva gli italiani minacciando sfracelli contabili, punizioni corporali, manifesti di manovre lacrime e sangue?
Tutto svanito. Il nervosismo di Bayrou che l’altroieri accusava l’Italia di praticare dumping fiscale è il segnale della difficoltà, lo scivolone sulla buccia di banana, da manuale del cinema comico, Bayrou come Buster Keaton. Tra l’altro, la banana è pure un boomerang, visto che la norma di cui si lamenta il capo del governo francese esiste anche in territorio gallico e non l’ha imposta nessun Cesare venuto dalla Roma imperiale. Basta andare sul sito della Repubblica francese, sezione “business” per scoprire che esiste un regime fiscale speciale per gli “expat”, cioè un dispositivo di esenzione fiscale per il rientro in Francia di dirigenti e dipendenti che lavorano all’estero.
Lo strafalcione di Bayrou è dettato dalla disperazione per la crisi di sistema che sta travolgendo la Quinta repubblica, talmente grande da aver innescato un dibattito interno e suggerito da più parti una svolta che ricalca, “parbleu!“, il modello Meloni, lo stile della premiership di Giorgia e il format dell’alleanza del centrodestra italiano (come sostiene Marion Maréchal), cioè la fine dei governi-maionese con cui Ma cron sta cercando di evitare di consegnare alla destra (che è maggioritaria) il governo e in futuro la presidenza della Repubblica. Il risultato ottenuto finora dal Re Solo è una sòla, va esattamente nella direzione contraria rispetto alle sue intenzioni, quindi nei sondaggi Macron è al minimo storico, il governo Bayrou è talmente impopolare che la stragrande maggioranza dei francesi si augura la sua caduta, la destra è a livelli record nei consensi e se si votasse oggi conquisterebbe tutte le istituzioni. Voilà, Macron! Il caso italiano gode di una ciclopica rassegna stampa a disposizione dei “maître à penser” alle vongole e dei possessori di “légion d’honneur” che ogni giorno ci propinano lezioni di bon ton istituzionale. Un libro di Thibault Muzergues (Postpopulisme) pubblicato qualche mese fa ha aperto uno squarcio sul fenomeno Meloni, il passaggio dal populismo dell’opposizione al nuovo popolarismo di destra. Il governo italiano propone una nuova dottrina europea senza il dogma dell’europeismo, atlantista senza il virus dell’antiamericanismo, conservatrice senza la tentazione minoritaria del liberalismo. Penso che la parola migliore per descrivere la formula sia, per l’appunto, “popolare”, cioè vicina ai bisogni delle famiglie e delle imprese, pragmatica, realista, occidentale.
L’armageddon finanziario previsto dai profeti di sventura progressisti non c’è stato, la formidabile serie sui dati dell’occupazione dovrebbe far riflettere, ma l’opposizione che ha perfino dimenticato falce e martello (cioè il lavoro) continua a dare una lettura sadomasochista dei dati economici, senza guardare la realtà, non solo c’è più lavoro ma è esteso a fasce che prima non lo trovavano, e non a caso siamo di fronte al record storico dell’occupazione e a uno scenario che vede i fondamentali dell’Italia migliori di quelli di Parigi e Berlino. I numeri di luglio sono davanti a tutti, segno che la politica prudente funziona, che il rigorismo del passato senza realismo era una ricetta depressiva, che si può controllare il bilancio e con una serie di interventi mirati stimolare la crescita. La rivoluzione francese è quella italiana.
Continua a leggere...