Perché gli ucraini esultano per l’attacco israeliano all’Iran
- Postato il 14 giugno 2025
- Di Il Foglio
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Perché gli ucraini esultano per l’attacco israeliano all’Iran
Al direttore - C’è l’Iran dietro alla strage al rave del 7 ottobre 2023. C’è l’Iran dietro agli incessanti lanci di razzi verso i civili dello stato ebraico. Ed è sempre la nazione dell’ayatollāah Khamenei che prova a munirsi della bomba atomica da sganciare – va da sé – su Israele. Parliamo di un paese dove, secondo Amnesty International, nei primi quattro mesi del 2025 sono state compiute trecento condanne a morte, molte delle quali per adulterio, stupro, omosessualità e “pratiche non sessuali ma erotiche tra uomini”. Ma l’importante resta attaccare Israele sempre e comunque, ovvero l’unico paese che, almeno per quanto riguarda l’Iran, sta salvando quel che resta dell’occidente.
Juri Diego Cherubini
Suggerisco un interessante commento allo strike di Israele in Iran, quello del ministro degli Esteri ucraino, Andriy Sybiha: “Siamo convinti che il ripristino della pace e della stabilità in medio oriente sarà nell’interesse della regione e dell’intera comunità internazionale. La sicurezza dell’Europa e quella del medio oriente sono direttamente collegate. In questo contesto, invitiamo la comunità internazionale ad agire congiuntamente e con decisione per superare le attuali minacce alla sicurezza e coordinare la deterrenza di un gruppo di regimi aggressivi: Russia, Iran e Corea del nord”. Colpire l’Iran non significa solo colpire uno stato che finanzia il terrorismo. Significa provare a dare un colpo all’asse del male, di cui l’Iran è un ingranaggio importante. E la ragione per cui gli ucraini sono solidali con Israele per l’operazione lanciata contro l’Iran è facile da spiegare. Indovinate qual è il paese che rifornisce di droni la Russia? E indovinate qual è il paese che nel 2023 ha aiutato la Russia a costruire una fabbrica per produrre quei droni, gli Shahed, direttamente in territorio russo, nella regione di Tatarstan (Alabuga). Risposta esatta.
Al direttore - Caro Cerasa, il giorno dopo la scoppola – pardon, il trionfo – del referendum, poche ore prima della resa dei conti tra Israele e Iran, il Pd che ti fa? Ti scodella una proposta di legge, prima firmataria l’on. Eleonora Evi (con il prezioso contributo dell’on. Marco Furfaro), per limitare il consumo degli zuccheri. In che modo? Con una sugar tax a scaglioni, come se il temuto carboidrato fosse un contribuente da tassare con l’Irpef. Nella conferenza stampa di presentazione, l’analisi del “capitalismo glicemico” è stata affidata al Marx della materia, alias Franco Berrino, no vax e oggi guru del “salutismo esoterico”, convinto che la carne sia più cancerogena del fumo. Accanto a lui, la Rosa Luxemburg del dimagrimento rapido, alias Nataliya Gera, autrice di “Intensive 21”, un vademecum per perdere peso in tre settimane (erede naturale del “Sette chili in sette giorni” di Verdone e Pozzetto). Ma il punto più interessante di tutta la faccenda è un altro. Il disegno di legge del Pd, infatti, si prefigge di scoraggiare chi consuma gli zuccheri, non chi li utilizza nei propri prodotti. Meno marmellata e meno gazzose, insomma, e l’intendenza seguirà. Abbandonata l’egemonia culturale, si tenta con quella alimentare. Del resto, dove non servono le alleanze non servono nemmeno le idee: basta solo un’etichetta. E’ la sinistra al suo stadio terminale: non più “pane e lavoro” ma “crackers integrali e avocado fair trade” (commercio equo e solidale di avocado).
Michele Magno
Datemi i sali!
Al direttore - Con la riforma Nordio è stato rafforzato l’obbligo di interrogare l’indagato prima di disporne l’arresto. Così è stato per Alessandro Delli Noci, assessore in Puglia indagato per corruzione: interrogato dal gip, si è dimesso sia da assessore che da consigliere regionale. Dopo aver comunicato le dimissioni, si è avvalso della facoltà di non rispondere. A quel punto la procura ha ritirato la richiesta di arresto, essendo venuta meno l’esigenza cautelare. Con la vecchia norma sarebbe stato prima arrestato, poi liberato dopo le dimissioni. La riforma evita questo paradosso e riduce l’abuso della custodia cautelare. Ma resta un problema: non può un eletto essere costretto a dimettersi per evitare il carcere. Se sarà innocente, la magistratura avrà di fatto cancellato la volontà popolare, forzando la mano alla democrazia.
Annarita Digiorgio