Perché la Procura di Venezia ha fatto ricorso contro la condanna all’ergastolo di Filippo Turetta

  • Postato il 23 maggio 2025
  • Cronaca
  • Di Blitz
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La condanna all’ergastolo di Filippo Turetta non è stata abbastanza per ciò che ha fatto all’ex fidanzata. A dirlo è la Procura di Venezia che ha deciso di fare appello contro la sentenza della Corte d’Assise che il 3 dicembre 2024 non aveva riconosciuto le aggravanti al 23enne di Torreglia. Vediamo quindi nello specifico cosa chiede ora la Procura e le ragioni della richiesta del ricorso.

La Procura ha deciso per l’appello in base alla crudeltà nei confronti di Giulia Cecchettin che venne colpita con 75 coltellate, gli atti persecutori, il controllo ossessivo di Filippo sulla ragazza, e la marea di messaggi, circa 300 al giorno, che inviava alla giovane. In tutto sono state 225mila le interazioni registrate sul suo cellulare.

Filippo Turetta, Procura chiede di riconoscere le aggravanti di crudeltà e stalking

Così, nel ricorso depositato in appello, il pm Andrea Petroni che ha condotto le indagini chiede alla Corte di Venezia di riconoscere al condannato anche queste due aggravanti, crudeltà e stalking appunto, la cui mancanza aveva sollevato un mare di polemiche dopo la sentenza. Nelle 145 pagine di motivazioni depositate l’8 aprile scorso, la corte d’Assiste aveva cercato di spiegare le sue scelte: le 75 coltellate inferte a Giulia, nell’arco di 20 minuti, scrissero i giudici, non rientravano nella categoria della “crudeltà” ma nella “inesperienza” del giovane assassino. Non potevano insomma essere lette come “un modo per crudelmente infierire o per fare scempio della vittima”, ma una “conseguenza della inesperienza e della inabilità” di Turetta.

Filippo Turetta
Perché la Procura di Venezia ha fatto ricorso contro la condanna all’ergastolo di Filippo Turetta (nella foto Ansa) – Blitz Quotidiano

Una interpretazione che traeva spunto da una sentenza della Cassazione del 2015, laddove si affermava che nell’azione omicidiaria “la mera reiterazione dei colpi inferti, non può determinare la sussistenza dell’aggravante….se tale azione non eccede i limiti connaturali rispetto all’evento preso di mira e non trasmoda in una manifestazione di efferatezza, fine a sé stessa”.

Allo stesso modo, lo stalking non era stato riconosciuto dai giudici veneziani perché “l’aggravante contestata è espressamente circoscritta al periodo in prossimità e a seguito del termine della relazione intrattenuta’”. Ma forse era pesato anche il fatto che lo stesso papà di Giulia, Gino Cecchettin, dopo la scomparsa della figlia e prima di conoscere la sua sorte, aveva riferito di “non aver percepito alcun disagio in Giulia”.

Contro quelle motivazioni era stata durissima Elena, la sorella della ragazza uccisa. “Una sentenza simile, con motivazioni simili in un momento storico come quello in cui stiamo vivendo, non solo è pericolosa, ma segna un terribile precedente” aveva scritto sui social.

A sollecitare l’impugnazione del giudizio di primo grado su questi punti erano stati anche i legali dei familiari della vittima. I termini per presentare appello scadranno il 27 maggio, data entro la quale anche il difensore dell’imputato, l’avvocato Giovanni Caruso, potrebbe depositare l’atto di appello. “Ci rincuora il fatto che la Procura abbia impugnato la sentenza – ha commentato l’avvocato Stefano Tigani, difensore di Gino Cecchettin – perché conferma che la richiesta di impugnazione del nostro collegio difensivo a tutela della famiglia Cecchettin era fondata”.

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Blitz

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