Perchè per Israele è così importante riportare a casa tutti gli ostaggi, anche i morti
- Postato il 11 novembre 2025
- Estero
- Di Agi.it
- 1 Visualizzazioni
Perchè per Israele è così importante riportare a casa tutti gli ostaggi, anche i morti
AGI - Dare sepoltura ai propri morti è molto più di un rito. Per Israele è una ragione d'ordine religioso, civile e militare che diventa priorità nazionale quando in gioco ci sono gli ostaggi uccisi da Hamas. L'urgenza di "riportarli a casa" - vivi se possibile, altrimenti per l'ultimo saluto - non è solo un riflesso identitario: orienta decisioni politiche, muove l'opinione pubblica, condiziona i negoziati. È un principio che affonda in una tradizione antica, sancita dalla halakhah, e che nel tempo è entrato anche nel linguaggio universale del diritto umanitario.
Nella precettistica ebraica il dovere di sepoltura rapida e dignitosa - il kavod ha-met - vale per ogni cadavere, a maggior ragione quando la morte si consuma in circostanze violente. Accanto a questo, il valore del pidyon shvuyim, il "riscatto dei prigionieri", eleva la restituzione di chi è trattenuto - o dei suoi resti - a imperativo morale della comunità. L'idea che nessuno debba rimanere indietro, vivo o morto, è diventata, per lo Stato e per le Forze armate, una bussola condivisa: un patto implicito tra istituzioni e famiglie che spiega perché i rimpatri delle salme siano accolti con cerimonie pubbliche e lutti collettivi. Sul terreno, questa grammatica del rispetto si intreccia con la prassi militare e con la politica. La pressione dell'opinione pubblica, alimentata dai familiari degli ostaggi e dai movimenti civici, chiede di tenere aperti canali di mediazione anche quando la diplomazia sembra bloccata. La restituzione dei corpi entra nei dossier come leva negoziale, spesso insieme allo scambio di prigionieri o a tregue temporanee necessarie alle operazioni di recupero e identificazione. Il costo politico è alto, ma altrettanto alto è il dividendo simbolico: consentire il lutto, permettere i riti, chiudere ferite che, senza un corpo, continuano a sanguinare.
C'è poi la dimensione umanitaria codificata dal diritto internazionale. Le Convenzioni di Ginevra impongono il trattamento dignitoso dei caduti, l'identificazione, la restituzione su richiesta delle famiglie. Nelle guerre recenti e passate, la Croce Rossa ha spesso facilitato scambi di salme tra nemici irriducibili, dalle montagne tra Iran e Iraq alle linee del cessate il fuoco in altre aree di conflitto. Anche quando il dialogo politico è impossibile, la cooperazione sul rimpatrio dei resti è rimasta uno dei pochi spazi condivisi: un minimo comune etico che sospende, per qualche ora, la logica bellica.
Memoria e tecnologia nel lutto israeliano
La vicenda israeliana ha una specificità ulteriore: la memoria lunga del Paese, segnata dalla centralità della famiglia e del funerale come momenti fondativi della coesione nazionale. Ogni restituzione riapre il racconto del Paese a sé stesso - dalla cronaca militare alla liturgia civile - e ricorda che la guerra non esaurisce i doveri dello Stato. Anche la tecnologia entra in questo quadro: identificazioni forensi, banche dati del Dna, procedure di polizia scientifica sono ormai parte integrante di una "infrastruttura del lutto" che mette insieme scienza, diritto e religione per restituire un nome ai resti e un luogo alla memoria.
Un gesto antico di civiltà
Non è la prima volta che la restituzione dei corpi attraversa la storia come gesto capace di sospendere l'odio. Lo leggiamo da sempre nei poemi: nell'Iliade, Achille, piegato dalle suppliche di Priamo, restituisce il corpo di Ettore perché Troia possa piangerlo e seppellirlo. Quel gesto non cancella la guerra, ma la argina: riconosce nell'avversario la stessa umanità che reclama riti, pianto, terra. È la stessa intuizione che oggi, nel cuore di un conflitto asimmetrico e mediatizzato, spinge famiglie e istituzioni a considerare la sepoltura degli ostaggi una linea rossa di civiltà. Per Israele, riportare a casa i propri morti non è un dettaglio accessorio della guerra: è il modo in cui una nazione tiene insieme la legge, la memoria e la misura dell'umano.
Continua a leggere...