“Pericolo di ricostituzione del partito fascista”, il pm di Milano contro l’assoluzione di 23 militanti che commemorarono Ramelli
- Postato il 29 aprile 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Era il 23 febbraio quando il Tribunale assolse 23 militanti di estrema destra dall’accusa per il reato di “manifestazioni fasciste” previsto dalla legge Scelba. Contro quella assoluzione la procura di Milano fa ricorso ribadendo che sussiste il “pericolo di ricostituzione del partito fascista”. Quelle “circa 1200 persone”, era il 29 aprile del 2019, avevano “l’intento non solo di commemorare la morte del giovane Sergio Ramelli, ma anche di rievocare un rituale tipico del partito fascista” e di “esternare la propria adesione ad un determinato sistema di valori”.
Una “condotta” che “assume preoccupante rilevanza” dato il “cospicuo numero di aderenti“, “sensibilmente aumentato nel tempo”, anche perché nel 2014 erano 600 e sono “raddoppiati” in pochi anni. Il saluto avvenne al corteo alla memoria del militante del Fronte della Gioventù, ucciso da un commando di Avanguardia Operaia nel ’75, come ogni anno. La “reiterata organizzazione” di questo evento, che si ripete ogni anno, scrive la Procura diretta da Marcello Viola, preceduto anche da una “massiccia propaganda diffusa” via social, ha accresciuto la “condivisione di tale ideologia, concretizzando il pericolo che la norma incriminatrice contestata agli imputati intende prevenire”. La norma, infatti, secondo il pm e anche alla luce della recente sentenza della Cassazione, sanziona le “condotte prodromiche alla ricostituzione del partito fascista” e di “‘inoculazione’, anche subdola, della ideologia fascista, sia pure solo attraverso manifestazioni, gestuali o simboliche”. Non c’è bisogno, in sostanza, argomenta la Procura, di “riunioni, discussioni, elaborazioni di programmi” perché si integri il reato di manifestazione fascista, come indicato invece dai giudici di primo grado, perché in quel caso anzi ci si troverebbe davanti direttamente alla “effettiva ricostituzione del partito fascista”.
I giudici milanesi avevanp deciso per le assoluzioni sulla base dei “paletti” definiti dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione in una decisione del gennaio 2024, relativa proprio alle braccia tese esibite durante una commemorazione di Ramelli (in quel caso quella del 2016, qui il video). Il fatto che il gesto sia stato compiuto in occasione “dell’anniversario della morte di un giovane barbaramente trucidato”, davanti al “murale posto sul luogo dell’aggressione”, è uno degli elementi che portano ad escludere il pericolo di ricostituzione del partito fascista. Il “bene giuridico” tutelato dalla legge Scelba, ossia la “necessità di preservare l’ordinamento da condotte che pongano” in pericolo “i fondamenti anche istituzionali della Repubblica democratica” in questo caso non può ritenersi leso né per il “luogo”, né per la “sua data”, né per la “tipologia di organizzazione”, né per le “percepibili complessive espressioni”.
La Procura, nel processo di prima grado, aveva chiesto 23 condanne a pene tra i 2 e i 4 mesi per militanti di movimenti come Lealtà Azione, Forza Nuova e Casapound. Nel processo era parte civile l’Anpi, con l’avvocato Federico Sinicato. Nel filone del processo abbreviato, tra l’altro, con sentenza del 2020 anche confermata dalla Cassazione, erano già stati condannati cinque imputati che avevano partecipato al corteo del 2019. Diversi i processi celebrati negli anni, con decisioni altalenanti, a Milano per i cortei dell’estrema destra con saluti romani per Ramelli.
Nel ricorso del pm, che ribalta in pratica la prospettiva del verdetto del Tribunale di novembre, si fa notare che per la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite dello scorso anno il reato di manifestazione fascista si applica a quelle “manifestazioni che, esaltando l’ideologia fascista”, sono “concretamente idonee a sollecitare la ricostituzione del disciolto partito, tenuto conto delle circostanze di tempo, luogo e ambiente”. Si cerca di “prevenire ogni concreto tentativo di proselitismo e raccolta di adesioni e consensi potenzialmente idoneo” a creare un “pericolo” di ricostituzione di quel partito. Il Tribunale, invece, in primo grado ha valutato, secondo la Procura, ogni elemento acquisito nelle indagini in modo isolato e non mettendoli insieme. La stessa Cassazione, fa notare ancora il pm, ha chiarito che le commemorazioni in questi casi possono essere un “mero pretesto per radunarsi e rievocare rituali e gesti immediatamente riconducibili ad una partito la cui ricostituzione è contraria all’assetto costituzionale”.
I giudici della nona penale (Panasiti-Recaneschi-Processo), nell’assolvere gli imputati, avevano spiegato che la “chiamata del presente” e il “saluto romano”, realizzati “in concreto” da “circa 1000” giovani, erano ben lontani dal “costituire” una “condotta potenzialmente idonea alla ricostituzione del partito fascista“, ma hanno avuto “solo una specifica valenza di omaggio e di ricordo del giovane trucidato per le sue idee politiche”. se è “vero”, aveva scritto il Tribunale, che la Suprema Corte “esclude che il mero richiamo a commemorazione dei defunti possa valere tout court ad escludere l’antigiuridicità della condotta”, in questo caso la “commemorazione nell’anniversario della morte di un giovane barbaramente trucidato”, davanti al “murale posto sul luogo dell’aggressione”, è uno degli elementi che portano ad escludere il reato. Perché ci sia un pericolo per le istituzioni democratiche, aveva sottolineato il Tribunale, devono esserci una “elaborazione di programmi, una continuità di riunioni e manifestazioni, magari reiterate più volte l’anno per svariati motivi”.
Per commemorare Ramelli, invece, “il gruppo di persone è solito incontrarsi solo annualmente e unicamente per salutare, con la gestualità anche in uso al gruppo politico al quale partecipava il giovane assassinato, il giovane stesso”. E il saluto romano è un “richiamo” a quella “militanza politica”, che ha “costituito l’abbietto motivo ed il movente del suo barbaro assassinio”. Erano in mille sì, ma “finita la commemorazione”, hanno fatto notare ancora i giudici, la “adunata si è sciolta”. Il pm Enrico Pavone, però, dopo il deposito delle motivazioni a fine febbraio, ha depositato l’atto d’appello e dunque sarà fissato un processo di secondo grado. A decidere se confermare il verdetto di primo grado o riformarlo saranno i giudici della Corte d’appello.
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