PKK, addio alle armi: si dissolve la formazione armata del Partito dei lavoratori del Kurdistan
- Postato il 11 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Oggi è una giornata storica, indipendentemente dal giudizio politico che ne si può dare, per i turchi, compresi i milioni di cittadini di etnia curda che vivono dentro e fuori i confini della Mezzaluna, ovvero nel nord dell’Iraq e nella regione semi-autonoma del Kurdistan iracheno. Proprio qui, dove si è stabilita durante questo ultimo decennio la maggior parte dei guerriglieri del Partito dei Lavoratori curdi (PKK), si è tenuta la cerimonia della deposizione delle armi e scioglimento dell’organizzazione armata fondata da Abdullah Ocalan nel 1978. La simbolica distruzione delle armi si è tenuta a Sulaymaniyya, la seconda città del Kurdistan iracheno dopo Erbil.
Nel contesto mondiale in violenta ridefinizione, il 12 maggio scorso era stato diffuso l’annuncio della dissoluzione e del disarmo del Partito dei lavoratori del Kurdistan – uno dei più grandi e longevi movimenti rivoluzionari marxisti di guerriglia nel mondo – cogliendo di sorpresa e deludendo molti, a partire da coloro che si erano abituati a considerare questo movimento una delle poche certezze, o un punto di riferimento teorico e politico in un panorama internazionale e postcoloniale dove le forze socialiste appaiono al momento residuali. Per comprendere le ragioni, e soprattutto il senso, della scelta annunciata dal PKK occorrerebbe considerare tanto le evoluzioni storiche quanto quelle ideologiche di questo movimento. Resta il fatto che, per ora, non sembra essere in vista alcuna liberazione di Ocalan, che sta scontando vari ergastoli nell’isola-prigione di Imrali dove si trova in totale isolamento da più di vent’anni dopo la cancellazione della condanna a morte comminatagli dopo l’arresto .
Diverse fonti affermano che le armi raccolte saranno probabilmente registrate prima di essere distrutte tramite combustione o sepoltura, nell’ambito dell’iniziativa governativa “Turchia senza terrorismo”. Nel frattempo, il presidente Recep Tayyip Erdoğan dovrebbe pronunciare un discorso “storico” domani, 12 luglio, ha dichiarato Ömer Çelik, portavoce del Partito della Giustizia e Sviluppo (Akp, co-fondato dal Sultano) a capo della coalizione di governo.
Il processo di disarmo si inserisce in una serie di incontri facilitati dal Partito filo curdo per l’Uguaglianza dei Popoli e la Democrazia (DEM), che ha potuto ristabilire i contatti con il leader del PKK attraverso numerose visite a İmralı. I parlamentari del Partito DEM Pervin Buldan e Mithat Sancar hanno incontrato Öcalan il 6 luglio e successivamente hanno tenuto un incontro a porte chiuse con Erdoğan il 7 luglio. Erano presenti anche il capo dell’intelligence İbrahim Kalın e il vicepresidente dell’AKP Efkan Ala.
Erdoğan ha successivamente descritto l’incontro come costruttivo e sincero: “Stiamo salvando la Turchia da un problema terroristico che dura da mezzo secolo. Ci stiamo liberando completamente da queste maledette catene”, ha dichiarato il 9 luglio durante un discorso parlamentare. La delegazione del Partito DEM dovrebbe proseguire il proprio impegno incontrando il leader del Partito del Movimento Nazionalista (MHP), Devlet Bahçeli, e il leader del principale partito di opposizione, il Partito Popolare Repubblicano (CHP), Özgür Özel. Bahceli, alleato chiave di Erdoğan, si è affermato come un importante sostenitore dell’iniziativa da quando lo scorso anno ha proposto che Öcalan potesse rivolgersi al Parlamento se avesse denunciato pubblicamente il terrorismo.
Anche l’Iraq, va ricordato, aveva designato il PKK come “organizzazione illegale” nel marzo del 2024. Da allora, Turchia e Iraq hanno approfondito la cooperazione in materia di sicurezza, firmando un memorandum d’intesa nell’agosto 2024 che includeva piani per istituire un centro di coordinamento congiunto a Baghdad e convertire una base turca in un centro di addestramento sotto comando iracheno. Nell’attesa di vedere se le promesse di Ankara verranno realizzate, un’altra notizia proveniente dalla Mezzaluna offre uno spunto per capire anche come stiano andando le cose in Russia. La società nucleare statale russa Rosatom è in trattative per vendere una quota del 49% della centrale elettrica da 25 miliardi di dollari che sta costruendo ad Akkuyu in Turchia.
È un ulteriore segnale che le ambizioni nucleari della Russia sono state messe a dura prova dall’invasione dell’Ucraina. La strategia nucleare di Mosca in Turchia ha funzionato come una forma di diplomazia strategica e dimostrazione di deterrenza nei confronti della NATO, ma l’invasione dell’Ucraina ha interrotto le tempistiche del progetto, alimentando la sfiducia dei mercati occidentali, e messo sotto pressione finanziaria la stessa Rosatom.
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