“Pm burocrati e condizionati dalla politica: così la riforma Nordio svuoterà il principio di uguaglianza dei cittadini” – l’intervento
- Postato il 30 ottobre 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
- 3 Visualizzazioni
La nostra Costituzione è stata un’importante conquista di civiltà: con essa il sistema giudiziario veniva finalmente sottratto al controllo del potere politico e a ogni forma condizionamento, partendo dall’idea che un ordine giudiziario, per garantire imparzialità e tutelare i diritti di tutti, dovesse essere soggetto soltanto alla Costituzione e alla legge. Oggi, con un iter che si è concluso in tempi record e senza alcun confronto parlamentare, viene approvata una riforma costituzionale che ci riporta al passato.
Abbiamo sentito dire più volte, dagli stessi promotori di questo testo normativo, che la riforma non si occupa delle risorse da destinare agli uffici giudiziari, non accelera la definizione dei processi, non affronta le questioni che riguardano l’efficacia e l’efficienza dell’azione giudiziaria. Gli unici aspetti su cui la riforma interviene aprono la strada per un ritorno al passato e pongono le basi per il condizionamento dei magistrati da parte del potere politico.
Sentiamo ripetere che la riforma introduce la “separazione delle carriere” a garanzia della terzietà del giudice, ma la separazione delle carriere esiste da circa vent’anni: è stata introdotta dalla legge Castelli nel 2006 e accentuata nel 2022 con la riforma Cartabia. Oggi cambiano funzione poche decine di colleghi all’anno, su una pianta organica di oltre 9.500 magistrati, ma possono farlo una sola volta nel corso nei primi dieci anni di professione e per farlo devono addirittura cambiare regione.
Che cosa succede invece con questa riforma? Si prevede una trasformazione radicale e profonda della magistratura italiana, attraverso l’espulsione del pubblico ministero dalla giurisdizione: cartellino rosso per i magistrati che si occupano di indagini, che d’ora in avanti non faranno più parte dell’ordine giudiziario. Non saranno più terzi, imparziali ed equidistanti tra le garanzie degli indagati e la tutela delle persone offese: diventeranno dei burocrati, difensori dell’accusa e questo porrà le premesse per il controllo della magistratura inquirente da parte della maggioranza di governo, che indicherà le priorità investigative e sceglierà quali reati perseguire e cosa portare all’attenzione dei giudici.
La modifica non si esaurisce qui, perché tocca ben sette articoli della Costituzione (87, 102, 104, 105, 106, 107 e 110). Evocando gli scandali del passato, si trova il pretesto per mortificare radicalmente il sistema elettorale dei componenti del Consiglio superiore della magistratura, con l’introduzione del meccanismo del sorteggio. Ma in democrazia, laddove i rappresentanti eletti commettano degli errori, si dà luogo alle dimissioni e alla non conferma, non si puniscono gli elettori e non si toglie loro il diritto di voto.
Ogni corpo elettorale ha diritto di eleggere i propri rappresentanti. Pensiamo agli studenti delle scuole superiori che, ancorché minorenni, eleggono i propri rappresentanti di classe. Agli avvocati che eleggono i componenti del Consigli dell’Ordine forensi, ai condomini che eleggono l’amministratore di condominio, alle varie associazioni senza scopo di lucro nate per la promozione dei territori, le cosiddette Pro Loco, che leggono i propri organi rappresentativi e così via. Quindi non si comprende perché il Consiglio superiore della magistratura non dovrebbe essere eletto dal relativo corpo elettorale, composto dai circa 9.500 magistrati italiani. Del resto, le elezioni sono un aspetto centrale della democrazia del nostro Paese. Mentre il sorteggio è un meccanismo che non viene utilizzato in nessun ordinamento democratico e che non ha alcun precedente in altri Paesi.
Un altro aspetto importante riguarda l’esercizio del potere disciplinare: viene introdotta una norma ambigua, che può portare al controllo e al condizionamento esterno della magistratura da parte della politica. Attualmente il potere disciplinare spetta al Consiglio superiore della magistratura e le sentenze disciplinari sono emesse dalla Suprema Corte di Cassazione. Il nuovo articolo 105 della Costituzione crea l’Alta Corte disciplinare e prevede che “la legge determina gli illeciti disciplinari e le relative sanzioni, indica la composizione dei collegi, stabilisce le forme del procedimento disciplinare e le norme necessarie per il funzionamento dell’Alta Corte e assicura che i magistrati giudicanti o requirenti siano rappresentati nel collegio”. La norma della Costituzione, tuttavia, garantisce soltanto la “rappresentatività” dei togati (giudici e pubblici ministeri) nella Corte disciplinare, ma non impone che in ciascun collegio giudicante la maggioranza sia togata.
In altre parole, per come è formulata la norma, nella composizione dei collegi che devono decidere i procedimenti disciplinari, potrebbero prevalere numericamente i componenti laici, non togati e quindi scelti dal potere politico. Ciò significa che le decisioni disciplinari, nei confronti dei magistrati impegnati in prima linea, in indagini e processi delicati, potranno essere assunte da collegi composti in prevalenza da componenti di designazione politica, con grave compromissione dell’immagine di indipendenza della stessa Corte disciplinare e rischio di sudditanza dei magistrati alla maggioranza di turno
Avremo allora una giustizia più costosa per il cittadino, che non avrà più un punto di riferimento imparziale nel pubblico ministero, ma avrà davanti a sé un pubblico accusatore, avvocato delle forze dell’ordine. Una giustizia che farà aumentare la spesa pubblica perché la riforma triplicherà costi e burocrazia (con il doppio Csm in due organi e la nuova Corte disciplinare). Una giustizia condizionabile e intimidita, perché sottoposta al controllo del potere politico. Una riforma che di fatto svuota l’articolo 3 della Costituzione, compromettendo irrimediabilmente il principio di uguaglianza sostanziale dei cittadini di fronte alla legge.
di Annamaria Frustaci
L'articolo “Pm burocrati e condizionati dalla politica: così la riforma Nordio svuoterà il principio di uguaglianza dei cittadini” – l’intervento proviene da Il Fatto Quotidiano.