Politica e cultura. Un dialogo costruttivo quando è privo di intrusioni

Nel nuovo quadro finanziario pluriennale, l’UE ha previsto un incremento significativo dei fondi destinati alla cultura. Una buona notizia, anche se, soprattutto nel caso delle risorse europee, assume un ruolo centrale la capacità di spendere bene quelle risorse, in una logica di creazione di valore pubblico.
Nel quadro generale programmatico l’incremento delle risorse non è l’unica novità degna di nota. È stata infatti annunciata la scelta di “unificare”, pur garantendo un’autonomia gestionale, la dimensione culturale con quella legata ai diritti umani e la cittadinanza.

AgoraEU, il programma di promozione della cittadinanza attiva

Come indicato da Il Sole 24 Ore, il significativo aumento delle risorse si inserisce nel contesto del lancio di AgoraEU; il nuovo programma da 8,6 miliardi di euro che accorpa gli attuali Creative Europe e Citizens, Equality, Rights & Values (CERV), dedicato alla promozione della cittadinanza attiva, dei diritti fondamentali e dello stato di diritto.

Cultura e cittadinanza un binomio che merita grande attenzione

Il binomio cultura e cittadinanza merita grande attenzione, perché negli ultimi anni si è assistito alla diffusione di correnti che hanno fatto un utilizzo dichiaratamente strumentale della cultura; dalla diffusione di contenuti distorti sui social network, a ritorsioni contro esponenti culturali, vivi o defunti, rei di non essere omologati alla visione proposta; fino al compimento di gesti provocatori verso opere d’arte per ragioni del tutto scollegate dal messaggio.
Alla luce di tali eventi e correnti, la costruzione di un binomio che unisce i programmi Creative Europe e il Citizens, Equality, Rights and Value è una scelta che sembra non del tutto neutra.
Condizione che pare confermata dalle dichiarazioni ufficiali della stessa Unione Europea, che nel comunicato stampa dedicato alla presentazione del Quadro Finanziario Pluriennale afferma che “L’importante programma AgoraEU promuoverà valori condivisi, tra cui democrazia, uguaglianza e Stato di diritto; sosterrà la diversità culturale europea, i suoi settori audiovisivi e creativi, la libertà dei media e il coinvolgimento della società civile”.

Le bandiere dell'Unione Europea
Le bandiere dell’Unione Europea

Strategie per evitare l’omologazione culturale

Il timore che attraverso una politica di finanziamento possa emergere una spinta all’omologazione valoriale è concreto. Così come lo è il timore che diminuiscano le opportunità per artisti forieri di visioni alternative e scomode. Non per l’amor della provocazione, sia chiaro, ma perché il ruolo della cultura non è quello di costruire una società erudita ma di favorire il pensiero critico e il libero arbitrio, il dubbio e la necessità delle persone di migliorare se stessi e le condizioni del proprio tempo. Il timore che la cultura europea si omologhi a quel politicamente corretto che ha pervaso molte istituzioni è del tutto legittimo e si associa anche alla minore contestabilità che presenta lo strumento del finanziamento che, promuovendo determinate produzioni piuttosto che altre, pur non agendo secondo una logica di censura, può averne gli stessi effetti.

L’omologazione dei film dopo la riforma del Tax Credit, un precedente da non dimenticare

Un valido esempio di questo meccanismo lo abbiamo avuto qualche anno fa nel nostro Paese con la riforma del Tax Credit che, in virtù delle dinamiche attraverso cui si attribuivano punteggi per il finanziamento, generò una serie di film molto simili tra loro; con un numero ristretto di attori e registi – dato che scegliere quelli precedentemente finanziati era premiante – , e con trame e tematiche ricorrenti – in particolare, il tema “difficile” era premiante – , tanto che si arrivò ad etichettare tali film come appartenenti al genere “MIBACT”.

La necessaria distanza tra politica e cultura

Mantenere una certa distanza tra ciò che è politico e ciò che è culturale è dunque essenziale, non perché la cultura non abbia una dimensione politica, anzi. E nemmeno perché la politica non abbia una sua dimensione culturale. Semplicemente perché politica e cultura rappresentano due “industrie” differenti, con linguaggi differenti, e con attributi semantici differenti. All’artista è dato indagare temi che un politico è in dovere di sostenere o biasimare. E sempre per restare ai fatti, basti ricordare lo scandalo che si sollevò quando Franco Battiato utilizzò in veste ufficiale il lessico del cantautore al posto del linguaggio istituzionale.

Politica e cultura: dialogare sì ma non coincidere

Se è importante affermare che politica e cultura debbano dialogare ma non coincidere, lo è ancor di più quando si considera la produzione di contenuti per quello che è: un comparto che a fatica sta cercando di diventare industria. Tenendo presente che, se sottoposta a logiche politiche, l’industria dismette la propria capacità di espressione dell’imprenditoria civile, per rifugiarsi in un terreno simile più al clientelismo che al libero mercato. Quando un soggetto economico identifica negli agenti istituzionali il proprio finanziatore primario, è del tutto naturale che quel ventaglio di agenti istituzionali rappresenti il target principale della propria offerta.
Quando il finanziamento pubblico assume un valore importante nella produzione culturale, si determina un contesto in cui diminuisce il peso decisionale degli utenti finali.

L’importanza di monitorare i progetti finanziati con fondi pubblici

Mai come nei prossimi anni sarà essenziale monitorare con attenzione i progetti direttamente finanziati per preservare quella libertà industriale e imprenditoriale che, in ambito culturale, rappresenta la più grande forma di difesa di opinioni contrastanti, che, ricordiamolo, sono alla base dello sviluppo democratico e della società civile.
Le modalità di erogazione dei finanziamenti pubblici comunitari per la cultura, dovranno essere oggetto di un rinnovato monitoraggio: da un lato per sviluppare la capacità tecnica di misurare gli effetti economici ottenuti da tali finanziamenti (anche comparandoli ad altri investimenti possibili); dall’altro per analizzare la qualità degli stessi in termini di eterogeneità. Se si svilupperà un sistema industriale della cultura, sempre più attento al mercato e sempre meno dipendente dal finanziamento pubblico, l’Europa potrà davvero porre le basi, nel prossimo futuro, per una leadership culturale nel mondo. Si tratta di assumersi delle responsabilità di fronte al momento di crisi che sta vivendo il pianeta. Darsi obiettivi importanti è l’unico modo per migliorare realmente e l’Europa può riuscire, se decide di non relegarsi al tavolo delle piccole scelte.

Stefano Monti

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L’articolo "Politica e cultura. Un dialogo costruttivo quando è privo di intrusioni" è apparso per la prima volta su Artribune®.

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Artribune