Ponte, «il terremoto sullo Stretto tornerà e per le torri sarà un problema»
- Postato il 19 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Ponte, «il terremoto sullo Stretto tornerà e per le torri sarà un problema»
«I RISCHI sono elevatissimi, ed è incomprensibile la volontà di sottovalutare le faglie proprio nei punti in cui si vorrebbero collocare le torri e gli ancoraggi del Ponte». Autore di queste parole, che indicano una forte presa di posizione contro l’attuale stato del progetto del Ponte sullo Stretto, è stato il professor Carlo Doglioni, autorità indiscussa in materia che di recente ha concluso il suo mandato come presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. Insieme al professor Mario De Miranda, tra i più autorevoli progettisti di ponti in Italia, Doglioni ha illustrato le criticità dell’opera nel corso del convegno organizzato venerdì scorso a Messina dall’associazione “Invece del Ponte” e moderato dall’ingegner Sergio De Cola.
Doglioni e De Miranda hanno apportato un contributo di conoscenza fondamentale, rendendo comprensibili anche a un pubblico “inesperto” quali siano le caratteristiche e le problematiche delle faglie, la complessità geo-tettonica e sismica del sottosuolo dello Stretto, quali gli elementi di rischio di un sisma di vasta portata.
Sebbene sia difficile in merito alle faglie dire cosa sia attivo e cosa non lo sia «perché le risposte delle faglie possono essere anche di parecchie centinaia di anni se non migliaia, – ha spiegato Doglioni – il catalogo Ithaca dell’Ispra riporta la presenza di queste faglie come capaci, cioè in grado di rompere la superficie». Poi ha aggiunto che oggi possiamo misurare i movimenti terrestri con grande precisione e che la Calabria si muove verso nord-ovest, «in più c’è la componente di spostamento verticale», e nello Stretto si conta «un’apertura di tre millimetri all’anno in soli tre chilometri. – e ha puntualizzato – Perché tutto questo avvenga c’è bisogno di una faglia attiva, non possono non esserci».
Scendendo nello specifico degli eventi sismici, il professore ha chiarito che «la magnitudo è una cosa, ma quello che poi fa i danni è lo scuotimento sismico, quella che viene chiamata accelerazione di picco (Peak Ground Acceleration) che è massima nelle aree epicentrali. Abbiamo imparato che lo Stretto può essere area epicentrale con eventi che possono superare anche la magnitudo 7 come è accaduto per i terremoti del 1908 e 1693».
Di fronte a questa complessità, Doglioni ha segnalato che la risposta del progetto definitivo appare tecnicamente e scientificamente inadeguata. Il progetto, infatti, applica parametri che sarebbero incongrui (PGA = 0,58, quando dovrebbe essere doppio, se non quadruplo) poiché ampiamente superati in diversi eventi sismici recenti come quello di Amatrice. Il Ponte come impalcato può affrontare le oscillazioni ma «il problema sono gli ancoraggi e le torri che subirebbero queste accelerazioni violentissime ad alta frequenza a cui si devono aggiungere i fenomeni di amplificazione che caratterizzano i terreni di fondazioni abbastanza poveri con possibili liquefazioni e frane», ha aggiunto ancora Doglioni.
Fondazioni su terreni instabili, rischio di liquefazione ma anche innalzamento del livello del mare di almeno un metro entro la fine del secolo e venti sempre più intensi a causa dei cambiamenti climatici: è questo lo scenario preoccupante secondo gli esperti.
Oltre al livello del mare che sta salendo, a causa del riscaldamento climatico globale, anche i venti aumenteranno di velocità, perché il gradiente termico tra Tirreno e Jonio aumenterà, «e si potranno superare i 200 chilometri all’ora», ha specificato ancora Doglioni. Tra i problemi più evidenti è che il rischio sismico continua a essere calcola con «approccio probabilistico, ancorandosi a una storia passata che è insufficiente», mentre si dovrebbe utilizzare un approccio deterministico, dunque, basato sulla determinazione dell’intensità massima possibile da utilizzare come vincolo per una corretta applicazione del principio di precauzione. «I terremoti sullo Stretto torneranno, è sicuro».
Un radicale allarme nei confronti della mega infrastruttura è stato portato anche dal professor De Miranda che, nel corso del convegno, ha mostrato varie criticità nella costruzione di ponti a grande luce e ha spiegato che la tecnica e le conoscenze attuali non consentono di considerare ragionevolmente superate le criticità di un progetto così ardito. «Si andrebbe incontro a scenari mai affrontati dalla comunità scientifica – ha spiegato – con incognite tecniche non gestibili e un aumento esponenziale dei costi».
«Abbiamo bisogno non di atti di fede ma di conoscenza, e la conoscenza si basa sull’umile ascolto di chi è competente. – ha affermato a gran voce la sindaca di Villa San Giovanni, Giusy Caminiti, spiegando come l’approccio dell’amministrazione comunale sia stato differente rispetto a passato e focalizzato sulla difesa dello “Stretto indispensabile”. «Abbiamo pensato che gli amministratori hanno il dovere di usare, un metodo tecnico-scientifico. Non è stato un “piace o non piace l’opera” e nemmeno “serve o non serve”; perché non sono Villa e Messina a poterlo dire, ma qualche domanda in più ce la dobbiamo fare. C’è stato un tempo in cui questo ponte era il più studiato al mondo. Ma l’ultimo studio è fermo al 2004 e in vent’anni la scienza, la tecnologia e il livello degli studi è progredito tanto che valgono come un millennio questi vent’anni».
Rivolgendosi a Doglioni ha ripreso le sue parole parlando dell’”infattibilità” del Ponte a causa «di due faglie ai piedi e alla testa del Ponte (Piale e Cannitello)» e ricordato che anche nel Piano strutturale comunale della città, sulla base dei dati Ispra, del catalogo Ithaca e della circolare del 2019 è stata dichiarata l’inedificabilità assoluta. «Noi stiamo provando a dire questo: il nostro paesaggio, le nostre città prima di tutto. Allora fermiamoci. La corsa per noi non vuol dire più il dubbio dell’incompiuta ma la certezza della devastazione».
La richiesta emersa dal convegno è che il pericolo sia tale da imporre l’immediata sospensione del progetto e l’avvio di nuovi studi scientifici indipendenti.
A concludere i lavori è stato Renato Accorinti, ex sindaco di Messina, che ha ricordato come sia doveroso «agire con disobbedienza civile non violenta, per obbedire alla nostra coscienza e difendere l’unicità dello Stretto».
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Ponte, «il terremoto sullo Stretto tornerà e per le torri sarà un problema»