Potenza ricorda Gaza con l’arte urbana di Jorit

  • Postato il 26 novembre 2025
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Potenza ricorda Gaza con l’arte urbana di Jorit

L’artista campano Jorit sta realizzando una delle sue opere d’arte su un condominio di Potenza per ricordare Gaza. La sfida dell’architetto Maroscia: «Condividere un’idea senza aiuti pubblici»


POTENZA – Uno scossone alle coscienze grande come una casa, anzi, come un palazzo: questo potrebbe essere il senso dell’opera che l’artista Jorit, ormai una celebrità dell’arte urbana, sta realizzando sulla facciata di un condominio in via Verdi a Potenza. Ma è anche altro, come emerge dalle parole di chi ha avuto l’idea, ne ha seguito la realizzazione e oggi ne traccia gli sviluppi: l’architetto Antonio Maroscia. Il professionista, noto per le opere realizzate e lo stile riconoscibile, lo spiega al telefono, sollevando il velo di mistero che avvolge l’opera (la signora Annamaria, del pastificio che si trova nel palazzo, è stata molto gentile nel dare telefonicamente alcuni particolari).
Per Maroscia, e per chi lo accompagna in questa avventura, è una sfida a diversi livelli, e in più un modo per dimostrare che anche senza l’intervento pubblico, senza entrare in cartelloni e rassegne finanziate, uno sforzo collettivo e convinto può dare vita a un sogno.

«Sono convinto – dice Maroscia – che ci siano persone che hanno energia da spendere per la città e altri che invece sono dormienti. La città e le coscienze hanno bisogno di chi possa incoraggiare a dire: spendetevi. Se la città ci appartiene, non diamo delega solo agli amministratori, a chi aggiusta i marciapiedi e gestisce la cosa pubblica, magari male. Tutti quelli che hanno capacità di vedere la realtà e incazzarsi, non per forza si devono presentare alle elezioni. Si può parlare al bar e far sì che la rabbia individuale diventi rabbia collettiva. Operazione antica, oggi non più di moda».

IL TEMA

Se il tutto sembra molto filosofico, andare avanti nel ragionamento delinea un quadro sempre più chiaro, a partire dal tema di cui si parla: la Palestina: «Non servono solo le marce, dirsi pro Pal o meno, rompere vetrine. Posizioni inutili. Bisogna vedere se davvero in noi sentiamo le grida di dolore. E io sono convinto che nelle coscienze di tanti c’è la giusta attenzione a quelle che sono le sofferenze del popolo Palestinese e i soprusi che subisce. Un caso simbolico sono i bambini palestinesi».

Maroscia, come molti, è uscito agghiacciato dalla visione del film “La voce di Hind Rajab” sulla bimba uccisa in auto dall’esercito israeliano.
«Possiamo essere contemporanei – spiega – dando visibilità all’arredo urbano, ad esempio prendendo la facciata brutta e insignificante di un palazzo e dandole una nuova identità per rappresentare qualcosa».
Riassunto: per raccogliere le coscienze che hanno a cuore la sorte degli abitanti di Gaza, Maroscia ha avuto l’idea di farne un’opera d’arte su un edificio.

LA SFIDA: “CONDIVIDERE UN’IDEA SENZA AIUTI PUBBLICI”

Ma ci vogliono i soldi. Prima sfida: «Attraverso la capacità di raccogliere soldi tra persone che la pensano allo stesso modo – racconta – e senza intervento pubblico abbiamo messo insieme un portafogli autonomo».
Altra sfida: dove farlo: «Gestire sfide – riflette – è per me il segno che ancora ho energia per fare, segni di vitalità».

Per la scelta della struttura, decidere per rione Italia, che l’architetto considera casa e in cui conosce tutti, è naturale. Ne parla anche con don Marcello Cozzi e don Franco Corbo («Amici miei, amici della Palestina: e oggi sembra sconveniente dirlo») di Sant’Anna e San Gioacchino. Scelto il palazzo, la terza sfida: la condivisione dell’idea: trovare una maggioranza nell’assemblea di condominio: «Sono andato porta a porta a parlare con tutti. Difficoltà enorme: quando sembravano oramai tutti d’accordo, ho scoperto che 4 appartamenti sono dell’Ater. Sono dovuto andato a parlare con l’amministratore».

Alla fine si arriva all’assemblea: «Mi hanno detto di sì all’unanimità, contenti e convinti. Una grande soddisfazione».
Sfida fra le sfide: le questioni burocratiche, le autorizzazioni pubbliche. Girare fra gli uffici del Comune, pagare l’occupazione di suolo pubblico eccetera.
«A fianco a me – ricorda – la ditta Lacerenza di Avigliano, disponibilissima».
E le sfide non finiscono: l’artista non chiede comuni impalcature, ma un ponte mobile. Detto, fatto.
«Ho chiamato Jorit – specifica Maroscia – perché per me è l’artista più interessante. Ma contattarlo non è stato facile».

IL CONTATTO CON JORIT

Ennesima sfida: «Ho fatto domanda tramite l’Arci di Roma. Ho dato i miei contatti e mi avrebbe richiamato solo se avesse trovato l’idea di suo interesse. Così è stato».
Ma l’artista dà un termine lontano (il 2027) e chiede libertà nella scelta del soggetto. Maroscia s’impunta. D’altronde, la sua idea piace molto a Jorit: disegnare una bimba palestinese: «La bozza che mi ha mandato era bellissima».
Maroscia si entusiasma sul metodo di lavoro di Jorit (nome d’arte di Ciro Cerullo, nato a Quarto, Napoli, nel ‘90): «Un’opera in progress: parte da una tavolozza che a un profano sembra solo una paginata di parole scritta al contrario».

E difatti ora si vede poco più di questo: in alto la scritta “Definisci bambino”, l’espressione tragicamente surreale pronunciata in tv Eyal Mizrahi, presidente dell’associazione “Amici di Israele”, in risposta a Enzo Iacchetti, mentre si parlava di Gaza. Poi il discorso di Alessandro Orsini, il docente universitario noto per la vicinanza alle posizione di Putin (stessa posizione spesso contestata a Jorit), su Gaza, in cui accusava il governo Meloni di voler prolungare la guerra in Medio Oriente.
«Ma a lui serve per scriverci sopra: quelle righe e lettere sono lo schema del disegno».

Il costo dell’intera operazione – tra cachet, tasse comunali e ogni altra spesa – è di circa 40.000 euro. Solo di bombolette spray, Jorit ha ipotizzato di usarne fra le 5 e le 6.000.
Una sola richiesta al Comune: «Devono far attaccare i fari dell’opera di Jorit alla pubblica illuminazione. Non un mese o un anno. Per sempre».

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