Povertà, il rapporto Caritas: è aumentata del 43% in dieci anni. E le disuguaglianze crescenti cristallizzano i privilegi
- Postato il 14 novembre 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Negli ultimi dieci anni la povertà assoluta in Italia si è radicata, allargata, strutturata. Le famiglie indigenti sono aumentate del 43,3%, un ritmo preoccupante. Che descrive non una crisi passeggera, ma un processo di sedimentazione: chi entra nella povertà fa sempre più fatica a uscirne, mentre nuove fasce di popolazione vi scivolano dentro. Intanto i patrimoni delle famiglie italiane si distribuiscono in maniera sempre più diseguale, segnando una vera e propria inversione delle fortune tra chi ha poco e chi ha molto. È l’immagine che emerge dal ventinovesimo Rapporto Caritas su povertà ed esclusione sociale, intitolato “Fuori campo. Lo sguardo della prossimità”, che approfondisce i dati Istat diffusi a ottobre.
Nel solo 2024 i Centri di Ascolto Caritas hanno sostenuto 277.775 famiglie, il 3% in più rispetto al 2023 e addirittura +62,6% rispetto al 2014. Non si tratta solo di povertà economica: oltre una famiglia su due porta con sé almeno due forme di disagio contemporaneamente e una su tre arriva a tre o più. Ed è in questo contesto che la povertà diventa, per ammissione della stessa Caritas, un fenomeno “cumulativo e interconnesso”: le persone che chiedono aiuto ai centri spesso sperimentano, accanto alla povertà, mancanza o perdita di un’abitazione, problemi legati alla salute mentale e alle dipendenze, povertà educativa e culturale, perdita di autosufficienza, condizione migratoria irregolare, svantaggi connessi alla ex-detenzione, violenze, abuso e sfruttamento.
Sul fronte strettamente economico, ricorda Caritas, l’Ocse ha certificato che i salari reali in Italia restano inferiori del 7,5% rispetto all’inizio del 2021, nonostante un incremento relativamente consistente nell’ultimo anno dovuto al rinnovo di molti contratti collettivi. Tra il 1990 e il 2020 l’Italia è stato poi l’unico Paese dell’area con salari reali medi in calo (-2,9%), mentre la quota di lavoratori a basso salario è salita dal 25,9% al 32,2%. A farne le spese soprattutto donne, giovani tra i 16 e i 34 anni, residenti nel Mezzogiorno e chi ha contratti part-time. “Mettendo queste dinamiche reddituali nel contesto globale”, commenta il report, “si nota un vistoso arretramento della maggior parte delle lavoratrici e dei lavoratori italiani con redditi medio bassi all’interno della distribuzione globale dei redditi”. Se alla fine degli anni 80 le lavoratrici e i lavoratori italiani compresi nel 30% più povero della distribuzione salariale “mantenevano un vantaggio nella distribuzione mondiale dei redditi, nonostante lo svantaggio relativo nazionale”, oggi “tali redditi della medesima fascia della popolazione lavorativa permettono di stare appena al disopra dei redditi della metà dei lavoratori nel mondo”.
Nel frattempo la forbice tra chi ha molto e chi ha poco si è ulteriormente allargata. Il patrimonio medio dei 50mila adulti più ricchi del Paese è più che raddoppiato dagli anni Novanta, mentre quello dei 25 milioni di italiani più poveri si è ridotto di oltre tre volte, fermandosi oggi a circa 7mila euro pro capite. Almeno 10 milioni di adulti dispongono di risparmi liquidi inferiori ai 2.000 euro, una soglia insufficiente a fronteggiare uno choc di reddito come la perdita del lavoro o una malattia, mentre stando alle ultime rilevazioni di Forbes i miliardari sono saliti a 65.
Una disuguaglianza che “ha anche un effetto intergenerazionale“, ricorda il primo capitolo del report, firmato da Salvatore Morelli e Giacomo Gabbuti: “Gli svantaggi di oggi possono trasmettersi nel futuro, alimentando un circolo vizioso che riduce la mobilità sociale e cristallizza tanto i privilegi e i vantaggi quanto le marginalità e le esclusioni”. Il rischio tangibile di trasformare le crescenti disuguaglianze di oggi in maggiori disuguaglianze di opportunità nel futuro è rafforzato dai dati che suggeriscono “una crescita graduale del peso delle eredità e delle donazioni”.
L’Ue-27 ha visto il peso relativo dei patrimoni ereditati raddoppiare, passando da 7% a 14% circa del valore complessivo dei redditi nazionali dal 1995 al 2020. Nello stesso periodo, la tassazione effettiva di tali trasferimenti di ricchezza è diminuita. L’aliquota media effettiva per l’Ue-27 si è ridotta di circa 1 punto percentuale dal 1995, fino a raggiungere il 2,4% nel 2020. In Italia flussi di eredità e donazione più che raddoppiano nello stesso periodo, superando oggi il 15% dei redditi nazionali, mentre l’aliquota media dell’imposta di successione viene più che dimezzata, a partire dall’1% del 1995, un livello già considerevolmente più basso della media Ue-27. Come previsto dall’economista francese Thomas Piketty ne “Il Capitale nel Ventunesimo Secolo”, chiosano Gabbuti e Morelli, “sta emergendo una forma di capitalismo
patrimoniale in cui la ricchezza di origine familiare influenza sempre più i destini dei figli”.
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