Predatori

  • Postato il 26 novembre 2025
  • Di Il Foglio
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Predatori

L’Fbi l’aveva definita la “golden age” dei serial killer, quella sorta di “epidemia” del male che aveva travolto gli Stati Uniti tra gli anni Sessanta e Novanta, in cui gli assassini seriali furono stimati in oltre duemila. Stefano Nazzi la racconta in "Predatori", un viaggio nell’America che aveva perso la propria innocenza e che venne improvvisamente colpita da una sorta di attacco congiunto, combinato, “come se un comando, una scossa, avesse messo in azione tante menti distorte” tutte assieme. Quando chiesero a Theodore Robert Cowell, meglio noto come Ted Bundy, la vera star della categoria, “chi siete voi serial killer?”, lui rispose, sorridendo: “Noi siamo i vostri figli, siamo i vostri mariti”. E poi aveva aggiunto, beffardo: “Siamo dappertutto”. Ted Bundy era bello, vestito bene, rassicurante, intelligente. All’apparenza una persona totalmente normale: “E’ forse il serial killer più famoso nella storia americana”, spiega Nazzi, “proprio perché ruppe lo stereotipo: l’immagine del serial killer isolato, che vive nell’oscurità, lo sguardo folle. Non è stato quello che negli Stati Uniti ha ucciso di più, ma il suo nome lo ricordano tutti”. Insieme a quelli di Jeffrey Dahmer, soprannominato il “Cannibale di Milwaukee”, a David Richard Berkowitz, detto il “Figlio di Sam” o John Wayne Gacy, passato alla storia come il “Killer clown”. Nazzi non si limita a raccontare i delitti ma interroga il contesto che li ha generati: la disgregazione familiare, la solitudine metropolitana, la spettacolarizzazione violenta dei media. Con il piglio del cronista e il passo del narratore ricostruisce, attraverso le loro storie, il paesaggio psicologico e sociale di un paese che si scopre vulnerabile e disorientato. “Accanto alla storia dei serial killer, c’è quella delle donne e degli uomini che li hanno inseguiti,  studiati, catalogati”, i cosiddetti “mindhunter”, i primi profiler. Fu Robert Ressler, agente speciale dell’Fbi, a parlare nel 1974 per la prima volta di serial killer; la prima definizione stilata a Quantico fu questa: “Un soggetto che tre o più persone, in tempi e luoghi diversi, senza che sia immediatamente chiaro il perché, anche se lo sfondo sessuale del delitto è quasi sempre riconoscibile. Può colpire una vittima scelta casualmente, o selezionata con attenzione. Spesso sfida gli investigatori a individuarlo, convinto di non poter essere mai catturato”. Il resto è storia, cinema, letteratura: l’eco di un’America che ha trasformato i propri incubi in mito e i suoi assassini in icone del male.

    

Stefano Nazzi
Predatori
Mondadori, 252 pp., 19 euro

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Il Foglio

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