Primo voto al Senato sul Big beautiful bill voluto da Trump: 51 sì e 49 contrari dopo ore di negoziati

  • Postato il 29 giugno 2025
  • Economia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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È passata per un pelo, come era avvenuto alla Camera: 51 voti a favore e 49 contrari. Dopo una notte tumultuosa con il vicepresidente J.D. Vance al Campidoglio, pronto a entrare in campo per rompere un potenziale pareggio, scene di tensione in aula, ore di negoziati tra senatori. Il “Big beautiful bill”, pacchetto che mira a prorogare i tagli fiscali varati da Donald Trump nel 2017 e mantenerne molte altre promesse elettorali, ha superato di misura al Senato Usa un passaggio procedurale chiave durante una drammatica sessione serale. Alla fine, due repubblicani – Thom Tillis della Carolina del Nord e Rand Paul del Kentucky – si sono opposti alla mozione di procedere, unendosi a tutti i democratici. Dettagli per il presidente, che su truth ha festeggiato parlando di “una grande vittoria” e dicendosi “molto orgoglioso del Partito repubblicano stasera”, prima di rilanciare il suo slogan “Make America great again“.

Quello che il tycoon ha battezzato ‘One Big Beautiful Bill Act’ è un disegno di legge di 940 pagine che, in caso di approvazione definitiva, renderebbe permanenti gli sgravi fiscali già regressivi della prima presidenza Trump rendendoli ancora più favorevoli ai ricchi e introdurrebbe la detassazione degli straordinari, delle mance e delle pensioni, compensando in parte le mancate entrate con tagli draconiani al programma sanitario per i poveri (Medicaid) e ai buoni alimentari. Il testo prevede anche un aumento della spesa militare e risorse aggiuntive per la sicurezza dei confini, leggi deportazioni di migranti. Come effetto collaterale il deficit federale salirebbe di circa 2.400 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni, con potenziali pesanti conseguenze sulla fiducia nel debito statunitense.

Elon Musk, ex braccio destro del presidente, l’ha definito un “disgustoso abominio” visto che va in direzione opposta rispetto alla spending review intrapresa, sulla carta, dal Doge, il dipartimento per l’efficienza di governo. Se il Senato riuscisse ad approvarlo, tornerebbe alla Camera per un ultimo turno di votazioni prima di poter tornare alla Casa Bianca per la firma del presidente. Che conta di ottenere il risultato prima del 4 luglio, giorno dell’Indipendenza degli Stati Uniti, e ha attaccato duramente i due senatori renitenti.

Come emerso plasticamente nella notte anche i senatori repubblicani, che guardano alle elezioni di medio termine del Congresso in agenda per il 2026, sono divisi sul pacchetto, che eliminerebbe l’assistenza sanitaria per milioni di americani tra i più poveri. I democratici intanto promettono di rallentare il processo legislativo, mentre alla Camera alcuni repubblicani esprimono dubbi sulla nuova versione del provvedimento. Da cui dopo l’intesa che esenta le multinazionali Usa dalla tassa minima globale del 15% uscirà, su richiesta del segretario al Tesoro Scott Bessent, il discusso emendamento che avrebbe consentito agli Stati Uniti di rivalersi contro Paesi ritenuti “fiscalmente discriminatori” con un possibile aumento di imposte fino a 20 punti percentuali su interessi, dividendi e redditi dei loro cittadini e società.

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