Processo White Collar: 5 condanne, la più mite per il medico Oliveti

  • Postato il 16 ottobre 2025
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Processo White Collar: 5 condanne, la più mite per il medico Oliveti

White Collar: cade l’aggravante mafiosa, inflitte 5 condanne per la tentata estorsione alla clinica di Cotronei, la più mite a Oliveti


COTRONEI – La condanna più lieve, a un anno e mezzo di reclusione, è stata quella disposta per il medico Robert Oliveti, 68enne direttore sanitario di una rsa per disabili a Cotronei. Per lui il pm antimafia Pasquale Mandolfino aveva chiesto 9 anni nel processo scaturito dall’inchiesta che nel marzo 2023 portò all’operazione “White Collar”. Il pm aveva chiesto nove anni anche per Marianna Poerio (50), di Cotronei, moglie di Oliveti, e Pietro Curcio (41), di Petilia Policastro. La prima è stata condannata a 4 anni, il secondo a 9 anni e 4 mesi. Sette anni, tanti quanti ne aveva chiesti il pm, è la pena per Younes El Kharchi (40), originario del Marocco ma residente a Petilia Policastro. A 4 anni e 5 mesi ammonta la condanna per Salvatore Rachieli (67), di Cotronei. 

LA VICENDA

Nel troncone processuale svoltosi col rito abbreviato, la Corte d’Appello di Catanzaro ha di recente confermato la condanna a 12 anni inflitta a Nicola Comberiati, figlio di Vincenzo, il boss di Petilia Policastro, per associazione mafiosa, tentata estorsione e usura. Secondo la ricostruzione della Dda di Catanzaro, confermata anche in Appello, a lui si sarebbe rivolto, per risolvere i dissidi con la sorella Marcella, l’imprenditore Oliveti, direttore sanitario della clinica della quale lo stesso Comberiati era dipendente. L’obiettivo era la gestione esclusiva della struttura residenziale “Santino Covelli”.

LA SENTENZA

La presunta (ora più che mai) estorsione mafiosa era al centro dell’inchiesta condotta dai carabinieri della Compagnia di Petilia Policastro che portò a sei arresti. I giudici del Tribunale di Crotone hanno, infatti, escluso l’aggravante mafiosa e hanno derubricato il reato di estorsione in tentata estorsione. Nel caso di Oliveti, la pena si è abbassata rispetto alle richieste anche perché per lui il Tribunale ha stabilito di non doversi procedere in ordine alla tentata estorsione per mancanza di querela.

LE ACCUSE

Fratello e sorella erano soci dell’impresa “Centri Assistenziali Mons. Oliveti s.r.l.”, esercente a Cotronei l’attività di gestione delle strutture residenziali per disabili “Carusa”, “Spirito Santo” e “Santino Covelli”. Oliveti quale mandante, la moglie quale concorrente morale e Comberiati quale esecutore materiale, secondo l’accusa, avrebbero concorso nell’incendio dell’auto Fiat “600” di un’educatrice, stretta collaboratrice di Marcella Oliveti, per costringere quest’ultima a cedere a pretese divisorie e spogliarla delle proprie spettanze. Alla fine Oliveti è stato condannato soltanto per l’incendio, l’episodio che fece scattare l’inchiesta. Un episodio, sempre per i giudici, non maturato in un contesto mafioso. L’intercettazione in cui Oliveti parlava con la moglie sembrava una sorta di confessione, dal punto di vista degli inquirenti. «Quanto ci ho messo a fare accendere un fiammifero?».

LA DIFESA

Gli imputati sono stati condannati al risarcimento della proprietaria dell’auto e non dell’altra parte civile costituita, i soci dell’impresa. Erano difesi dagli avvocati Renzo Cavarretta, Vincenzo Cicino, Vincenzo Galeota, Tiziano Saporito, Gregorio Viscomi, che hanno ottenuto l’esclusione dell’aggravante mafiosa.

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