Putin e Trump incontro in Alaska sul suolo americano, come dire “ci dividono poche miglia, ci unisce la convenienza”

  • Postato il 17 agosto 2025
  • Editoriale
  • Di Paese Italia Press
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La scena per i guerrafondai europei e le loro cheerleader che infestano le redazioni di giornali e televisioni è surreale: Putin e Trump che si incontrano in Alaska, cioè sul suolo americano, a due passi dallo Stretto di Bering, come dire “ci dividono poche miglia, ci unisce la convenienza”. Non in un palazzo dorato, non sotto i lampadari del Cremlino, ma in terra yankee: eppure, per chi sa leggere, è la consacrazione. Putin, dipinto da anni come l’appestato mondiale, entra in America da ospite, stringe la mano al presidente statunitense e si porta a casa la foto che vale oro.

L’Europa, naturalmente, urla allo scandalo. Macron, von der Leyen, Johnson, Merz, i soliti noti: tutti indignati come comparse escluse da una festa. Eppure la sostanza è semplice: se Mosca e Washington parlano, Bruxelles tace. Punto. L’Unione Europea, quella che si era illusa di essere “attore globale”, oggi è ridotta a spettatore: non protagonista, neppure comparsa, ma pubblico pagante.

Perché in Alaska non si è parlato di “cessate il fuoco”, come predicava Trump in campagna elettorale, ma di “accordo di pace”. Che vuol dire? Che i giochi veri si fanno tra Russia e Stati Uniti, e quando gli americani decideranno di cambiare cavallo togliendo di mezzo Zelensky e piazzando il loro generale di fiducia – ovvero tra poco – tutti i contratti, le strette di mano, le conferenze stampa con Kiev diventeranno carta straccia. Altro che resistenza eroica: si chiamerà riassetto geopolitico. E l’Europa si ritroverà, come al solito, a firmare l’ultimo rigo senza neanche aver letto il testo.

Nel frattempo, Putin gongola: altro che isolamento, altro che sanzioni. Ricevuto, come scritto prima, “da re”, anzi da zar, proprio dove un tempo iniziava l’Impero russo, e da lì rilancia: “la prossima volta vi aspetto a Mosca”.

E Zelensky? Resta nel suo angolino, a borbottare e tremare impaurito mentre il pavimento gli crolla sotto i piedi: non lo chiamano neppure per fare il figurante. Prima era il protagonista indiscusso, il volto della libertà, il Che Guevara dei poveri in maglietta verde militare, tutte uguali come la marinaretta di Paperino. Adesso è ridotto a supplicare di essere ricevuto a margine, come uno che bussa alla porta mentre gli altri sparecchiano.

Intanto l’UE porta a spalla la sua bara: dentro ci sono le bollette, le fabbriche chiuse, le proteste di piazza. Sopra, in bella vista, l’etichetta “valori europei”, quelli che nessuno compra più manco a saldo. I Paesi africani la mandano al diavolo senza nemmeno alzare la voce, India e Cina ci rivendono a peso d’oro ciò che prima prendevamo a buon mercato da Mosca. E noi, felici, ringraziamo e paghiamo.

Insomma, in Alaska Trump e Putin hanno fatto politica. Zelensky ha fatto tappezzeria a distanza, e l’Europa, come sempre, ha fatto ridere e non è più al tavolo: è il tovagliolo. Si sporca, si usa, si getta.

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Massimo Reina

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