Quali proposte porterà Meloni al Consiglio europeo

  • Postato il 22 ottobre 2025
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Il governo di Roma, ha esordito Giorgia Meloni in Senato per le comunicazioni pre vertice, si presenta al consiglio europeo forte di una stabilità politica “rara nella sua storia repubblicana, di un ritrovato protagonismo internazionale – che le viene riconosciuto da tutti – e di indicatori economici e finanziari solidi, che la rendono apprezzata dagli analisti e attrattiva per gli investitori”. Il riferimento è al pollice alzato dall’Fmi e dalle agenzie di rating che confermano la bontà delle tre leggi di bilancio messe in atto del governo. Un quadro imprescindibile grazie al quale l’Italia può presentarsi in Europa “con autorevolezza” e quindi dare fiato a scelte he necessitano “di pragmatismo, di visione e di ambizione”.

GAZA, LA TREGUA E IL DISEGNO DI TRUMP

Una premessa che è utile per iniziare a discutere dei temi che saranno da domani all’ordine del giorno dell’Ue, in primis Gaza e Ucraina. La premier definisce un successo lo sforzo di Donald Trump per arrivare al piano in 20 punti presentato firmato a Sharm el Sheikh a cui l’Italia ha contribuito “con costanza e pragmatismo”. Rivolge un grazie ai mediatori per gli sforzi diplomatici che hanno reso possibile questo importante passo in avanti, ovvero i governi di Egitto, Qatar e Turchia. Il risultato è “una prospettiva credibile verso una pace giusta e duratura in Medio Oriente”. Ma il percorso sarà lungo e faticoso, dal momento che l’equilibrio appare fragile e sottoposto a rischi quotidiani. Cita la violazione del cessate il fuoco da parte di Hamas “dimostra ancora una volta chi sia il principale nemico dei palestinesi”.

Per cui la firma della tregua è l’unico percorso che valga la pena di essere perseguito e Hamas deve accettare di non avere alcun ruolo nella governance transitoria e nel futuro Stato palestinese. Roma è pronta ad agire di conseguenza quando queste condizioni si saranno materializzate ed è pronta a fare la sua parte da protagonista. Non solo gli aiuti umanitari a favore della popolazione di Gaza, con un rinnovato ruolo centrale delle Nazioni Unite, ma anche l’invio dei Carabinieri a sostegno dell’Autorità Nazionale Palestinese, anche sul piano della formazione dei quadri dirigenti. Circa il “giorno dopo”, Meloni cita la disponibilità italiana a prendere parte ai lavori del “Board of Peace”, l’organo di governo provvisorio per la Striscia. Ci sarà, aggiunge, su questo un passaggio parlamentare su queste materie “e sono certa che, trattandosi di contribuire realmente e concretamente alla pace in Medio Oriente, tutte le forze in Parlamento non mancheranno di dare il loro sostegno convinto”.

UCRAINA, IL CINISMO RUSSO NON SI FERMA

Sull’Ucraina Meloni conferma la postura italiana contro il “cinismo” russo, che non si è fermato nemmeno di fronte ai convogli umanitari delle Nazioni Unite che trasportavano beni di prima necessità. L’obiettivo resta quello di una pace giusta, e non frutto della sopraffazione. “Il che implica una soluzione equa, frutto di un percorso negoziale credibile, nel quale, chiaramente, nessuna decisione sull’Ucraina può essere presa senza l’Ucraina e nessuna decisione sulla sicurezza europea può essere presa senza l’Europa”.

Assicurare la difesa dell’Ucraina è interesse dell’intera Europa perché, se venisse consentita l’invasione di una Nazione europea, dal giorno dopo nessuno potrebbe sentirsi veramente al sicuro da aggressioni esterne. C’è una parola che Meloni cerchia in rosso: la deterrenza che si basa innanzi tutto sulla forza dell’esercito ucraino, che ad oggi è uno degli eserciti principali del Continente. Ma a ciò va sommata la componente politica, con un meccanismo di assistenza modellato sull’articolo 5 del Patto Atlantico e una di di rassicurazione prevista dalla cosiddetta coalizione dei volenterosi. Su quest’ultima ricorda che l’Italia non invierà propri soldati in territorio ucraino.

SANZIONI CONTRO IL REGIME, NON CONTRO IL POPOLO RUSSO

Lo stallo però è un dato di fatto, per cui la posizione italiana si basa sull’atteggiamento “ambiguo di chi promette impegno negoziale e poi bombarda costantemente obiettivi civili”. In questo senso vanno lette le spinte verso l’aumento della pressione su Mosca, anche grazie al 19° pacchetto di sanzioni europee, che contribuirà a ridurre ancora di più le risorse che Mosca può destinare allo sforzo bellico. Sul piatto la proposta della presidente della Commissione von der Leyen e dell’Alto Rappresentante, Kaja Kallas, su una Roadmap per la prontezza europea nella difesa, che raccoglie le proposte su come unire le forze degli Stati Membri per colmare alcune lacune nella capacità difensiva Ue. Per questa ragione l’Italia punta a sottolineare alcuni punti fissi, come quello che l’Alleanza hanno la stessa rilevanza, e che la prontezza europea nella difesa deve essere sviluppata a 360°. Non solo quindi proteggere fianco Est dell’Europa e della Nato ma garantire la sicurezza del fianco meridionale dell’Ue.

LA DIFESA TRA UE E ATLANTISMO

Uno dei pilastri delle politiche italiane si ritrova alla voce difesa, con l’adesione ai finanziamenti agevolati previsti da Safe e con l’assegnazione di 14,9 miliardi di euro. In secondo luogo i Regolamento Edip (European Defence Industry Program), il programma europeo di sviluppo per l’industria della difesa che prevede un sostegno europeo di 1,5 miliardi di euro. Roma chiede di aprire un dibattito sulla possibilità di rendere permanente la flessibilità del Patto di stabilità con l’obiettivo di rafforzare il pilastro europeo della Nato, complementare a quello nordamericano, mantenendo il vincolo transatlantico come orizzonte imprescindibile per la nostra Nazione e per l’intera Europa.

QUALE TRANSIZIONE ECOLOGICA?

Non può esistere solo l’elettrico, per auto ed industria. Questa la premessa che Meloni effettua per abbracciare il lungo e articolato ragionamento sul green. Certamente l’Italia non si tirerà indietro dinanzi ad un percorso di riduzione delle emissioni, ma senza impattare negativamente su industrie e comparti occupazionali. E si chiede: “Come possiamo risultare credibili agli occhi dei nostri partner internazionali, e degli investitori, se ci poniamo obiettivi inverosimili, perfino dannosi, per chi volesse fare impresa in Europa e in Italia?”. Per cui annuncia di voler abbandonare l’approccio ideologico che ha caratterizzato la stagione del Green Deal, per abbracciare un pragmatismo serio e ben ancorato al principio di neutralità tecnologica. In sostanza l’Italia non potrà sostenere la proposta della Commissione di revisione della Legge Clima europea così come formulata ad ora, a maggior ragione se non sarà accompagnata da un vero e sostanziale cambio di approccio come il nuovo obiettivo intermedio al 2040 che dovrà essere accompagnato da chiare e definite “condizioni abilitanti”.

Non può esistere solo l’elettrificazione per il futuro dell’auto, spiega, e tantomeno per quello del trasporto pesante o dell’industria, a partire da quella dell’acciaio, del vetro e del cemento. “Dobbiamo al contrario rimanere aperti a tutte le soluzioni, come anche i biocarburanti sostenibili, che possono contribuire alla decarbonizzazione e che devono essere consentiti anche dopo il 2035”. Solo in questo modo verrebbe garantita la sopravvivenza del motore endotermico, alimentandolo con carburanti alternativi e sostenibili, e quindi salvare gran parte della nostra filiera dell’automotive e del gas.

Autore
Formiche

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