Quando Alvaro Vitali era un centravanti di sfondamento
- Postato il 25 giugno 2025
- Di Il Foglio
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Quando Alvaro Vitali era un centravanti di sfondamento
Nel consegnare alla storia della commedia sexy pecoreccia degli anni Ottanta il corpo tozzo da bambino adulto e la faccia di gomma di Alvaro Vitali, ci sovvien l’eterno e le andate stagioni, i favolosi incassi al botteghino e la popolarità trasversale di un attore che tra le tante sue maschere ne ha indossata una speciale, ancorché irripetibile. Quella di Paulo Roberto Cotechiño, che nel film che lo riguarda - anno di grazia 1983, regia di Nando Cicero, già autore dell’epocale “W la foca” con Lory Del Santo - è ovviamente un centravanti di sfondamento. Erano quelli gli ultimi bagliori di un cinema scollacciato che affidava la propria “weltanschauung” a soldatesse alle grandi manovre, dottoresse del distretto militare e professoresse di lingue che facevano lo show a favore di una classe di adolescenti arrapati, pierini inclusi. In questa giurisdizione di sbirciate dal buco della serratura, urletti di libidine e pernacchie a uso e consumo di una platea che cedeva alla facile risata, Alvaro Vitali ci sguazzava.
Dopo aver frequentato il cinema alto di Fellini, l’attore aveva trovato nella commedia-barzelletta di quegli anni il suo territorio privilegiato e in “Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento” il film che più di altri ne ha celebrato la grandezza, anche se - come ebbe a raccontare lo stesso Vitali - dopo quel successo il telefono smise di suonare e lui finì reietto.
La trama di “Cotechiño” è presto detta: Alvaro Vitali è un calciatore italo-brasiliano che gioca nel Napoli e soffre di saudade. Breve parentesi: il regista Cicero, lo sceneggiatore Milizia e lo stesso Vitali andarono a Trigoria, per provare a convincere il fuoriclasse Paulo Roberto Falcao ad accettare una comparsata. No, grazie. Dunque, la trama: Cotechiño porta in Italia anche la sua fidanzata, una Carmen Russo in tutto il suo splendore, e costringe il club a ingaggiare un sosia, un idraulico/detective che ha il compito di tutelarlo dall’ira dei tifosi ed evitare che bavosi spasimanti ci provino con la ragazza. Ne esce una commedia che si sviluppa tra equivoci, caste nudità insaponate sotto la doccia, improbabili gol in rovesciata.
Nel cast compaiono anche il grande Mario Carotenuto, un Tiberio Murgia che si ricicla dopo i capolavori degli anni Sessanta, il caratterista Bobby Rhodes nei panni di Mandingo, Mario Mattioli, futuro telecronista Rai ma in quegli anni notissimo agli appassionati per essere la voce del campionato brasiliano che le emittenti private mandano in onda fingendo dirette da Rio de Janeiro mentre invece tutto è registrato in uno studio-bugigattolo a Roma. Per una congiuntura astrale che ha dell’iperbolico, in una sequenza compaiono anche Franca Valeri - la perfida Contessa Dynasty costretta su una carrozzella - e Moana Pozzi, la bionda assoldata per adescare Cotechiño.
Curiosità finale: il regista Cicero impose a Vitali una parrucca riccioluta che, a ripensarci, si offre come una sorta di premonizione. Un altro fenomeno di molti riccioli, dal corpo di bambino adulto e con il beato vizio del peccato, “Il Divino Sgorbio” lo aveva battezzato Gianni Brera, l’anno dopo arriverà a Napoli - proprio il club di Cotechiño - a miracol mostrare. Si chiamava Diego Armando Maradona.
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