L'espressione "pesce fuor d'acqua" indica una persona che si trova in una situazione nella quale non c'entra nulla, ma vi siete mai soffermati a chiedervi quanta crudeltà si celi nella realtà dietro a questo modo di dire?
Ogni anno, miliardi di pesci vengono pescati e lasciati a morire soffocati all'aria (o in acqua ghiacciata). Ora, per la prima volta, grazie a uno studio del Welfare Footprint Institute di Dover, negli USA, siamo riusciti a quantificare la sofferenza dei "pesci fuor d'acqua": in media una ventina di minuti di intenso dolore, che possono arrivare fino a un'ora di agonia per le specie più grosse. Lo studio è pubblicato su Scientific Reports.
. Anatomia di un'agonia. Per determinare precisamente la sofferenza dei pesci, lo studio usa un indice chiamato Welfare Footprint Framework, creato dallo stesso istituto e che permette di valutarla in maniera standardizzata. Per calcolarla, il WFF studia i diversi stadi di dolore attraversati da un animale, e quanto durano. E nel caso dei pesci tirati fuori dall'acqua, che nell'esperimento erano trote iridee, i risultati sono spaventosi.
Bastano cinque secondi a un pesce per cominciare a soffrire, e far scattare nel cervello una risposta neurochimica simile a quella che noi umani associamo alle emozioni negative. L'assenza di acqua porta poi le branchie del pesce al collasso, con conseguente accumulo di CO2 e nessun "ricambio d'aria". Questo stato a sua volta fa scattare i recettori del dolore del pesce, che però, non potendo liberarsi degli scarti della respirazione, va incontro a lento soffocamento. A seconda delle dimensioni del pesce, i tempi di questo processo cambiano: i più piccoli muoiono dopo un paio di minuti, i più grandi arrivano a 25, con punte estreme di un'ora e oltre di dolore intenso.
. Basta pesci fuor d'acqua! La scoperta, sperano gli autori dello studio, potrebbe portare l'industria della pesca e dell'allevamento ittico a ripensare ai propri metodi. Il soffocamento all'aria è il modo più rapido per uccidere tanti pesci in un colpo solo, ma gli autori dello studio suggeriscono di esplorare piuttosto la cosiddetta elettronarcosi (cioè stordire gli animali con una scarica elettrica), usata anche nei macelli.
Il problema è che anche l'elettronarcosi non è ancora efficace al 100%, e ci sono casi nei quali il pesce rimane solo stordito e non incosciente fino al momento della morte. Il consiglio del team, quindi, è di tornare a lavorare su questo metodo considerato più "umano", cercando di aumentarne l'efficacia e abbandonando gradualmente la vecchia (e crudele) metodologia del "pesce fuor d'acqua"..