Quo vadis Roma, Gualtieri: «La Capitale affare di Stato»
- Postato il 12 giugno 2025
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Il Quotidiano del Sud
Quo vadis Roma, Gualtieri: «La Capitale affare di Stato»
In occasione di “Quo vadis Roma”, intervista al sindaco Gualtieri: «La Capitale affare di Stato. Ok il metodo Giubileo, usati poco i superpoteri». «Assurdo che Roma abbia le stesse regole di un piccolo comune. Mi ricandiderò: le grandi trasformazioni hanno bisogno di tempo»
«Abbiamo dimostrato che a Roma le cose si possono fare. Abbiamo alzato l’asticella psicologica dei romani che prima sembravano arresi». Roberto Gualtieri, 58 anni, sindaco di Roma dal 21 ottobre 2021, esordisce così quando Alessandro Barbano, direttore de L’Altravoce, racconta l’emozione dell’apertura, dopo anni di attesa e di lavori, della suggestiva Piazza Augusto Imperatore, dove ha sede la redazione del quotidiano. Si apre così, ieri, nell’Auditorium del MAXXI in via Guido Reni, quartiere Flaminio, l’evento “Quo Vadis? Progetto per un futuro capitale” promosso da L’Altravoce. Fari puntati sulla capitale, partenza sprint con l’intervista di Barbano a Gualtieri.
«Abbiamo messo i soldi e riattivato il processo. Dopo la conclusione del primo lotto – racconta il sindaco – passeremo alla realizzazione della seconda parte della piazza. Il nostro obiettivo è restituire ai cittadini questi luoghi identitari che non sono solo luoghi turistici. Ancor più di Piazza Augusto Imperatore, possiamo dire che Piazza Pia l’abbiamo inventata e fatta noi. Una volta i romani non ci andavano».
Piazza Pia è la metafora del nuovo rapporto tra la Roma laica e la Roma religiosa del Vaticano? «Io l’ho definita la piazza dell’abbraccio», dice Gualtieri. Poi aggiunge: «La conciliazione venne dopo una lunga fase di scontro, adesso la Chiesa è arrivata a dire che la presa di Porta Pia è stata un fatto provvidenziale. Il fatto che Roma sia il centro mondiale della cristianità dà una dimensione globale a Roma e la fa diventare un luogo privilegiato dove ci si interroga sulle grandi sfide del mondo. Non si tratta dunque di fare solo la pace, è il tempo di darsi la mano».
Attenzione però. Il Giubileo è destinato a finire. Come spiega Alessandro Barbano, «Qualcuno dice: non cantate vittoria, dopo il giubileo il sindaco di Roma torna ad avere gli stessi poteri del sindaco di Lecce». Adesso giacciono in Parlamento due proposte di legge sull’ampliamento dei poteri di Roma Capitale. Che idea si è fatta il sindaco in carica di questi poteri? «Intanto svelo un segreto: i superpoteri del giubileo sono stati usati pochissimo – avverte Gualtieri – tranne casi eccezionali, come quando abbiamo dovuto realizzare in fretta il palco del papa per l’evento con i giovani. Ciò che ha consentito di fare le cose è il “metodo giubileo”: sindaco e commissario, stato, sovrintendenza, e tutte le parti riunite allo stesso tavolo, fuori dal giro delle pec. Non si usciva fuori dalla sala prima di aver risolto il problema».
Continua il sindaco: «La verità è che Roma è un affare di stato. Il segreto è che lo stato si deve occupare di Roma. La capitale deve essere governata dal sindaco in stretto coordinamento con il governo; con i ministri abbiamo un rapporto quotidiano». Ma Gualtieri non aggira la domanda. Ammette: «Certo, è assurdo che Roma abbia le stesse regole di un piccolo comune. Servono regole diverse e più poteri. Ci sono alcune materie specifiche dove sarebbe utile avere una potestà legislativa come il commercio e il turismo». Il tema è complesso, anche perché sono sollecitati diversi livelli istituzionali. « I comuni sono più efficienti dei livelli superiori. Ma non c’è peggio che dare poteri senza risorse», avverte il sindaco. Che però dà una stoccata agli eccessi di devoluzione: la cosa peggiore da fare sarebbe frammentare le competenze tra i municipi.
«A quel punto – avverte – i municipi dovrebbero mettere delle loro tasse e così avremmo risorse solo per i quartieri del centro con la conseguenza di impoverire i quartieri che hanno più bisogno». Insomma, l’autonomia sì, ma i municipi non sono l’alternativa.
È tempo di guardare avanti. Chiede Barbano: «Pensa di ricandidarsi? E nel caso di un secondo mandato, che città si immagina di lasciare nel 2032?». Gualtieri non sfugge: «Ho intenzione di ricandidarmi, certo. Le trasformazioni hanno bisogno di tempo. Servono almeno 10 anni perché possa esprimersi un progetto di trasformazione. Però – scherza – sono sollevato per il fatto che altri gestiranno il giubileo del 2033. Abbiamo fatto cose in tempi in cui a Roma si fatica a fare un marciapiede. Ora mettiamoci d’accordo per accelerare la metro C, così portiamo nel 2033 la metro in Vaticano». Quindi conclude con una battuta: «Ci tengo a dirlo: non che adesso lavori di meno, ma il periodo in cui ho lavorato di più è proprio quando non mi si vedeva».
Mancano ancora due anni di consiliatura: che ne sarà del termovalorizzatore e dello stadio? «La gara per il termovalorizzatore è stata aggiudicata, a breve – risponde Gualtieri – partirà il cantiere per la realizzazione materiale. Per motivi di rispetto ambientale, l’abbiamo fatto più piccolo: avremmo dovuto farlo per una capacità di un milione di tonnellate, ma sarà da 600 mila tonnellate perché sono a favore della valorizzazione energetica della quota residua indifferenziata. Valgono i principi europei: ridurre, riutilizzare, riciclare». Sullo stadio il percorso sembra più complicato, ma anche in questo caso Gualtieri è positivo: «Anche lo stadio si farà. Ora c’è l’indagine sulla vegetazione, ma il progetto prevede anche il verde, molto di più di quanto ne offra attualmente quella zona».
Si passa al tema scottante dei trasporti pubblici, «croce degli utenti romani», dice Barbano. Il sindaco ricorda la nomina di Alessandro Rivera a presidente dell’Atac, «un grande manager di stato, personalità di altissima caratura che ha scelto di dare una mano. Abbiamo portato a compimento il concordato: adesso l’Atac è un’azienda sana».
Un altro nodo ‘capitale’ è quello che riguarda il centro della città. Come ricorda Barbano, se lo contendono in tre, i turisti che lo invadono e che spingono l’aumento dei b&b, i cittadini la cui vita si complica, i poteri tradizionalmente incistati nella città. «Ma c’è il rischio che turisti e poteri mandino via i cittadini?», domanda Barbano. «Noi vogliamo portare i servizi nelle periferie e riportare i cittadini nel centro, dopo che in 700mila si sono spostati nelle periferie e oltre il raccordo», è la risposta di Gualtieri. Ci sono una serie di azioni orientate all’obiettivo.
«Via dei Fori imperiali deve essere una passeggiata per i romani, così come piazza Augusto Imperatore e piazza Pia – aggiunge il sindaco – mentre serve un turismo di qualità, basta mordi e fuggi. Vogliamo fare le cose con i romani non solo con le comitive. Cerchiamo di favorire la residenzialità. Non ci sono negozi di prossimità se non ci sono gli abitanti: il calzolaio non apre se non ci sono i residenti. Poi, certo, bisogna sostenere gli artigiani». Quindi ritorna sui b&b: «Non vanno demonizzati, ma non va bene se svuotano i palazzi. Servono maggiori poteri per regolamentare, adesso non abbiamo il potere di fermarli. Spero che nella riforma ci sia anche questo». Parlare di abitanti significa anche parlare di alloggi.
Il sindaco calcola in 70 mila alloggi il fabbisogno di edilizia popolare della capitale. «Con la fine della prima repubblica – ricorda Gualtieri – sono state abbandonate le politiche della casa. L’idea che tutti diventino proprietari ha prevalso, ma è impossibile. Il problema è che se non hai la casa sei più povero e si frena la mobilità sociale. Serve un mercato degli affitti e serve un’edilizia popolare: a Roma siamo solo al 7%, mentre a Vienna stanno al 40%». Quindi snocciola i numeri: «Servono in tutto 20 mila abitazioni di edilizia residenziale pubblica, noi ne abbiamo comprati appena 2000. Quindi 30 mila case di edilizia residenziale sociale. Infine, altre 20 mila sul mercato libero». Un vasto programma, insomma.
Ultima questione: l’attrattività economica della città. Barbano rivela che molti giovani romani sono stati costretti a trasferirsi a Milano o all’estero in cerca di opportunità interessanti. Il sindaco riconosce il problema: «Certo, se ci sono solo stage sottopagati non bisogna stupirsi. Molti hanno stipendi ridicoli per mettere su famiglia e una casa. Noi stiamo facendo la nostra parte, ma bisogna cercare di uscire dal lavoro precario: tutti i comparti devono fare un salto di qualità. Anche il turismo: non solo lavoro sottopagato, deve diventare un’industria». Infine, lancia un messaggio di ottimismo: «Ma le opportunità stanno aumentando. A Roma c’è fermento, qui succedono le cose. Se tutto il sistema produttivo fa un salto di qualità col tempo vedremo la bilancia demografica in attivo».
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