Quo vadis Roma? Roma Capitale, la riforma è ad un bivio. Parla Abodi
- Postato il 12 giugno 2025
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Il Quotidiano del Sud
Quo vadis Roma? Roma Capitale, la riforma è ad un bivio. Parla Abodi
Nell’ambito di “Quo Vadis, Roma?, progetto per un Futuro capitale” parla il ministro Abodi: Roma Capitale, la riforma è ad un bivio. Confronto bipartisan sul futuro assetto istituzionale della città. Al Campidoglio più poteri su urbanistica, trasporti e infrastrutture
Roma è di nuovo in mezzo al guado. Città eterna, capitale di uno Stato centrale, anomalia amministrativa per eccellenza, oggi si ritrova nel cuore di un processo delicato: la riscrittura del suo status giuridico e istituzionale. Una riforma che potrebbe mutarne profondamente il volto e gli equilibri interni. Se ne parla da decenni e se n’è parlato ieri, al Maxxi, nel convegno organizzato da L’Altravoce “Quo Vadis, Roma?, progetto per un Futuro capitale”.
Questa volta la spinta sembra più decisa, un lavoro, non privo di ambizioni personali, letture strategiche di parlamentari romani “di lungo corso” appartenenti a schieramenti contrapposti: Paolo Barelli, Roberto Morassut, Fabio Rampelli, Riccardo Magi, la stessa premier Giorgia Meloni che rivendica con orgoglio le sue origini capitoline. Per usare una parola di cui spesso di abusa la differenza rispetto al passato: il senso di appartenenza-
Discorso che vale anche per il sindaco Roberto Gualtieri, commissario straordinario per il Giubileo. «Devo confessarvi un segreto – ha esordito il primo cittadino intervistato dal direttore de l’Altravoce Alessandro Barbano – i superpoteri non sono serviti, quello che ha consentito di fare le cose che abbiamo fatto è il metodo Giubileo. Riunirsi intorno ad un tavolo con tutte le parti interessate ai progetti, anziché scambiarsi decine di pec, ha voluto dire risolvere in 5 minuti questioni che sarebbero trascinate per mesi».
Altro tema, quello dei poteri del sindaco della capitale, pari a quelli del primo cittadino di un piccolo Comune. Una questione che Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e fondatore nel 2018 dell’Osservatorio per Roma Capitale, ha il merito di aver rilanciato con forza. Il processo è ineludibile”, ha sempre sostenuto. «Uno dei problemi che Roma ha è la sicurezza che rimane una competenza dello Stato. Bisogna uscire dall’ingegneria costituzionale e dotare Roma di risorse non solo in occasione dei grandi eventi, serve una stabilità di approvvigionamento».
Il progetto – ancora in fase di definizione – prevede che Roma Capitale acquisisca maggiori poteri normativi e decisionali, in particolare su urbanistica, trasporti e infrastrutture. Non più un semplice Comune con velleità da Stato, ma un ente dotato di potestà regolamentare, capace di intervenire direttamente su settori-chiave dello sviluppo cittadino. Sanità e trasporto pubblico extraurbano resterebbero però di competenza regionale, lasciando alla Pisana un perimetro che il Campidoglio ritiene ormai inadeguato.
In cambio, però, Roma cederebbe sovranità. E questa è la seconda gamba della riforma: più autonomia ai Municipi, trasformati in piccoli Comuni dotati di autonomia finanziaria e capacità decisionale.
Per Riccardo Magi più che un iter di riforma costituzionale sarebbe più efficace percorrere quello di una legge ordinaria. «Oggi il Comune di Roma è nel contempo troppo grande e troppo piccolo. Troppo grande per svolgere al meglio servizi di prossimità, troppo piccola per programmare servizi strategici come la mobilità«.
Per Maurizio Gasparri (senatore Fdi) si sta perdendo tempo, «la riflessione del governo da un lato sottolinea l’attenzione delle massime istituzioni, dall’altro siamo nel 2025, a metà legislatura. L’argomento è trito e ritrito e riconosciuto, la mia proposta è accelerare la discussione alla Camera dei testi che già ci sono il governo può fare degli emendamenti, andiamo avanti, correte se volete mi metto con il cartello fuori dal Senato». Roberto Morassut rilancia: «Tra governo e Campidoglio c’è una interlocuzione, riprendiamo la legge 396 del 90 che istituì le città metropolitane, una legge mai applicata».
Il dibattito torna sempre lì: Roma può davvero diventare una città-regione, sul modello berlinese o del distretto di Washington? Oppure resterà ancorata al compromesso della città metropolitana, con funzioni speciali ma limitazioni strutturali? L’idea di modificare l’articolo 114 della Carta – che sancisce l’ordinamento di Roma Capitale – resta un ostacolo alto, forse insormontabile.
In questo quadro, la trattativa aperta a Palazzo Chigi ha il sapore dell’ennesimo tavolo politico senza garanzie. Forza Italia osserva con attenzione: fiuta l’opportunità di intestarsi la riforma per proporre un proprio candidato alle prossime elezioni comunali. Ma sa anche che la riforma si farà solo se condivisa. E per ora, la condivisione sembra più una promessa che una realtà.
Resta aperta la questione dei confini: i Comuni dell’hinterland accetteranno di cedere sovranità? È realistico pensare che un nuovo ente costituzionale possa decidere autonomamente il proprio decentramento? Domande che, per ora, restano sospese. Con una sola certezza: quando si chiuderà la Porta Santa nel 2025, il sindaco di Roma non avrà più i poteri straordinari legati al Giubileo. Tornerà a essere un sindaco come tanti, con il piattino in mano, costretto a bussare alle porte dei ministeri.
E allora sì, forse aveva ragione Rampelli: trasformare questa riforma in una disputa da campanile sarebbe un errore madornale. Ma a Roma, si sa, l’arte dell’eterno rinvio è prassi quotidiana.
Il Quotidiano del Sud.
Quo vadis Roma? Roma Capitale, la riforma è ad un bivio. Parla Abodi