Radiati senza frontiere: medici sospesi per abusi e negligenze tornano in corsia oltre confine
- Postato il 18 ottobre 2025
- Di Panorama
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Avete mai pensato che il medico che vi visita, quello a cui affidate la vostra salute, potrebbe essere stato cancellato dall’albo in un altro Paese e continuare comunque a esercitare liberamente in ospedale? Non è fantascienza, ma una realtà documentata da un’inchiesta internazionale che ha messo a nudo un sistema di controlli così fragile da permettere a professionisti radiati per abusi, negligenze o violenze di varcare un confine e riprendere la carriera come se nulla fosse.
Il risultato è inquietante: oltre cento casi accertati di dottori esclusi dall’abilitazione alla professione ma regolarmente attivi in altri Paesi. Alcuni operano su pazienti ignari delle condanne. La falla nasce da un sistema opaco: in molti Paesi europei i provvedimenti disciplinari non sono pubblici né condivisi. Solo Regno Unito, Svezia e Norvegia garantiscono trasparenza; altrove le autorità comunicano dati incompleti o li negano. Così, un medico radiato in uno Stato può facilmente presentarsi in un altro e ottenere una nuova licenza. Le norme europee prevedono che le sanzioni siano comunicate tramite la piattaforma Imi (Sistema di informazione del mercato interno), ma lo scambio di dati è irregolare: dal 2016 al 2025, dieci Stati hanno inviato meno di una dozzina di notifiche, mentre Malta, Grecia, Estonia e Liechtenstein non ne hanno trasmessa nessuna.
L’inchiesta, redatta dopo un lavoro congiunto di 50 testate di 45 Paesi e coordinata dal network Occrp insieme al Times di Londra e alla norvegese VG, ha messo all’opera 90 giornalisti che hanno analizzato oltre due milioni e mezzo di documenti – atti disciplinari, registri, sentenze… – creando un database unico. E ne è emerso un vuoto normativo preoccupante: tra burocrazie lente e controlli inesistenti, basta attraversare un confine per cancellare il proprio passato.
In Italia, secondo il report, almeno dieci camici bianchi destituiti dagli ordini professionali di altri Paesi continuano a esercitare indisturbati, in un contesto dove già centinaia di professionisti della sanità – nostrani – sono stati esclusi ma continuano ad aggirare a loro volta le regole e a operare impunemente, con il rischio di prescrivere farmaci e somministrare cure come minimo inidonee.
A confermarlo è la Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo). Il motivo? Un vizio strutturale del sistema disciplinare che sospende l’efficacia delle sanzioni fino alla fine dei ricorsi. La Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (Cceps), incaricata di riesaminare le decisioni degli Ordini provinciali, è oggi praticamente paralizzata: oltre 900 sanitari – tra le cui fila si contano almeno 64 medici radiati, ma altre fonti ne indicano almeno 100 – sono in attesa di giudizio. Finché la Commissione non decide, le sanzioni restano sospese, e i medici coinvolti possono continuare a lavorare senza restrizioni.
Una condizione che, come ha denunciato la Fnomceo, «vanifica l’azione sanzionatoria» e mina la fiducia dei cittadini. In molti casi le procedure restano ferme per anni, trasformando la radiazione in un atto puramente simbolico. Eppure si tratta della misura più severa prevista dal codice deontologico, che – per quanto attiene al nostro Paese – dovrebbe escluderli in modo definitivo dall’esercizio della professione.
Il vuoto normativo è ampio: la legge italiana non prevede l’esecuzione immediata delle sanzioni disciplinari, nemmeno nei casi più gravi. Così, un medico pur decaduto può continuare a firmare referti o operare in ospedali pubblici fino al pronunciamento della Cceps. Il rischio è duplice: da un lato la perdita di credibilità del sistema di controllo, dall’altro la sicurezza dei pazienti.
Il ministero della Salute ha riconosciuto la criticità e sta valutando una riforma della Cceps per introdurre tempi certi nei procedimenti disciplinari. Ma finché il sistema resterà così, i numeri sono destinati a crescere: altri 150 casi di sospensione risultano pendenti, e nuove segnalazioni arrivano ogni mese dagli Ordini provinciali.
Le associazioni dei pazienti chiedono interventi urgenti. «Non si può parlare di tutela della salute pubblica se chi è stato radiato continua a esercitare indisturbato», afferma Tonino Aceti del Tribunale per i Diritti del malato. «Serve una rete di controllo nazionale e una banca dati europea delle sanzioni professionali. Altrimenti continueremo a inseguire i casi invece di prevenirli».
Tornando al giro internazionale di medici radiati, il caso ad oggi più inquietante scovato dal team di reporter è quello del dottor Iuliu Stan, oggi in servizio al Pronto soccorso di Cluj-Napoca, in Romania. Fino a pochi anni fa lavorava nel Regno unito come specializzando in ortopedia e traumatologia al Royal Cornwall Hospital, nel sud-ovest dell’Inghilterra. Nel 2019 un paziente allora ventenne si era rivolto a lui dopo un’aggressione: spalla fratturata, dito insanguinato. Racconta che Stan, chiamato per somministrargli un antidolorifico, gli aveva detto che il farmaco andava applicato per via rettale da lui, manualmente. «Gli chiesi se non esistesse un’altra opzione», ricorda oggi. «Mi rispose: “No, si fa così”. Era un medico, e mi fidai. Ma dopo mi sentii violato, pieno di vergogna».
Quel ragazzo non sapeva di essere una delle tante vittime di un dottore che, secondo il tribunale disciplinare britannico, aveva abusato sistematicamente di uomini e perfino di minori durante i cinque anni trascorsi in Cornovaglia, tra il 2015 e il 2020. Dopo un’indagine approfondita, il collegio disciplinare dispose la radiazione definitiva di Stan per «condotta professionale gravemente scorretta». Nelle motivazioni si legge che il medico sottoponeva pazienti giovani a «procedure invasive e inutili, motivate unicamente dal proprio piacere sessuale». In totale avrebbe somministrato manualmente farmaci per via rettale a giovani maschi per 277 volte, e una sola a una donna. La radiazione fu giudicata «l’unico modo per tutelare i cittadini».
Eppure, nonostante tutto, Stan continua a esercitare. Dopo la sospensione in Inghilterra, nel 2021 è rientrato in Romania, dove ha riottenuto la licenza e oggi lavora regolarmente in un ospedale pubblico. Il suo è solo uno dei casi emersi dalla scioccante inchiesta condotta dal consorzio giornalistico Occrp.
In Romania, interpellato dai giornalisti, il dottor Stan ha respinto ogni accusa sostenendo di aver sempre agito «nell’interesse dei pazienti». Ha aggiunto che in Inghilterra «nessuno si è mai lamentato». Il General medical council britannico ha confermato di aver notificato la radiazione alle autorità di Bucarest nel marzo 2024, ma il presidente dell’Ordine dei medici di Cluj-Napoca ha dichiarato che la decisione «non è rilevante in Romania, perché dopo la Brexit il Regno unito non fa parte dell’Unione europea». Nel luglio 2024 il giovane che lo aveva denunciato ha ricevuto una lettera dal Royal Cornwall Hospital con le scuse ufficiali. «Dopo quegli abusi non riuscivo più a dormire», racconta. «Sapere che continua a esercitare è disgustoso».
Il caso Stan non è certamente isolato. Nel 2023 il medico svizzero Bernhard Scheja è stato radiato per aver abusato di una paziente diciottenne visitata per un raffreddore: l’ha costretta a spogliarsi e l’ha sottoposta a un esame vaginale senza guanti né spiegazioni. Condannato a 22 mesi di carcere, pena sospesa, Scheja è tornato in Germania, dove ora lavora in una clinica di Düsseldorf. Le autorità tedesche, ignare della situazione incresciosa, hanno aperto un’indagine solo dopo la segnalazione dei giornalisti.
Storia simile per il dottor Simon Moskofian, radiato in Svezia nel 2021 per «grave incompetenza» dopo aver somministrato farmaci sbagliati a decine di pazienti, uno dei quali rischiò la vita. Espulso anche dalla Norvegia, oggi è medico in una clinica di Larnaca, a Cipro.
E ancora, lo psichiatra Ljudmil Kljusev, condannato negli Stati Uniti a quasi due anni di carcere per aver prescritto droghe in cambio di denaro: dopo la radiazione nel 2018, è tornato nella Macedonia del Nord dove ha riaperto uno studio privato.