Raid su Gaza, altri 16 morti. Israele: “Entrati 107 camion di aiuti”. Parroco della Striscia: “Da 3 mesi non riceviamo nulla”
- Postato il 23 maggio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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A Gaza è un altro giorno di guerra, di attacchi sui civili da parte dell’esercito israeliano. Almeno 16 palestinesi sono rimasti uccisi e decine di altri feriti in una serie di raid aerei che hanno colpito la Striscia dalle prime ore di oggi nella città di Deir al-Balah e ad Abasan al-Jadida. Secondo testimoni oculari citati da Wafa, alcune delle vittime erano civili che cercavano di soccorrere i feriti quando sono stati a loro volta colpiti. Altre 3 persone, fra cui una bambina, sono morte a Gaza City nel bombardamento di un appartamento. A Khan Younis, poi, 2 fratelli sono stati uccisi e il padre è rimasto gravemente ferito in un raid israeliano che ha colpito la casa di famiglia nella zona ovest del campo profughi della città.
La crisi umanitaria resta gravissima: mentre ieri la Mezzaluna rossa palestinese confermava che gli aiuti fossero bloccati al valico, oggi il coordinatore israeliano delle attività governative nei territori (Cogat) ha annunciato che ieri 107 camion carichi di aiuti umanitari sono entrati, dopo aver chiuso i valichi il 2 marzo. Secondo il Cogat, i tir ieri trasportavano farina, cibo, farmaci e attrezzature mediche. Gli aiuti sono stati sottoposti a un’ispezione da parte delle autorità israeliane prima di entrare a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom. I funzionari delle Nazioni Unite affermano che i gruppi umanitari hanno dovuto affrontare notevoli difficoltà nella distribuzione degli aiuti a causa dell’insicurezza, del rischio di saccheggi e dei problemi di coordinamento con le autorità israeliane.
“Da tre mesi non riceviamo aiuti, stiamo razionando tutto” – Dall’unica parrocchia cattolica di Gaza, padre Gabriel Romanelli – a cui Papa Francesco ha telefonato fino a poco prima di morire – avverte che la situazione continua ad essere “molto grave” e ha spiegato che “all’interno del complesso parrocchiale stiamo facendo il possibile, anche se sentiamo molti bombardamenti e a volte le schegge ci raggiungono”. Attualmente la chiesa ospita circa 500 uomini, donne e bambini, tra cui un gruppo di disabili assistiti dalle Missionarie della Carità. “All’interno del complesso parrocchiale – dice – stiamo facendo il possibile, anche se sentiamo molti bombardamenti e a volte le schegge ci raggiungono”. A loro gli aiuti non arrivano da tre mesi: “Per ora, stiamo razionando tutto ciò che abbiamo, e solo dopo questo razionamento potremo distribuire ai rifugiati nel complesso e alle persone che vengono da fuori”, spiega il parroco. Nonostante questi vincoli, di recente padre Gabriel è riuscito a distribuire acqua sia all’interno sia all’esterno del complesso. Circa 52 membri della popolazione cristiana, ortodossi e cattolici, su un totale di circa mille persone presenti prima del conflitto, sono stati uccisi nel corso degli attacchi o sono morti per malattie non curate. Padre Gabriel afferma di aver rilevato anche segni di malattia mentale, compresa la depressione. “La cosa più grave che notiamo è che nessuno parla della fine della guerra o del diritto di rimanere qui, di ricostruire le case, di ricominciare”, conclude.
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