Regolamento di conti a Milano e Palermo, unite dalla guerra fra magistrati e politici

  • Postato il 19 luglio 2025
  • Politica
  • Di Blitz
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È un regolamento di conti a Milano, no, un corto circuito; infine qualcuno, forse esagerando, la ipotizza una guerra vera e propria. Non si sa chi abbia ragione quando si usano certi termini.

Un fatto è certo: è l’Italia che ne esce a pezzi, non la rende migliore, al contrario lo si considera un paese allo sbando dove due poteri dello Stato se le danno di santa ragione un giorno si e l’altro pure.

La realtà è questa, purtroppo: il Parlamento approva le leggi e la magistratura le boccia. Così, tutto resta fermo così com’è. Ricordate il Gattopardo?

Retata a Milano

beppe sala sindaco di milano
Regolamento di conti a Milano e Palermo, unite dalla guerra fra magistrati e politici (foto Ansa-Blitzquotidiano)

Una dopo l’altra, le inchieste o i ricorsi piovono sul nostro cielo rendendolo carico di nubi, vicino ad una pioggia torrenziale. Prima Milano, dove corruzione e politica tornano a correre insieme mettendo in crisi una intera giunta comunale. Il governo della città, insomma, considerata la capitale economica del nostro Paese. Un assessore di cui la Procura chiede gli arresti, è pronto a dimettersi; il sindaco Giuseppe Sala, indagato come altre 73 persone, sfoglia la margherita: me ne vado a casa o resto al mio posto?

È il suo stesso partito ad essere diviso: con la segretaria a suggerirgli di andare avanti e il Pd a non avere una linea comune, tanto che si è già alla ricerca di un nome che possa sostituirlo.

Il presidente del Senato, Ignazio La Russa è lapidario: “Sala vada in consiglio comunale, controlli se ha ancora la maggioranza e tragga le sue conclusioni”. Un modo diplomatico per dirgli: è ora che togli il disturbo.

Già, ma con chi sostituirlo? Non  lo sa nè la sinistra, nè la destra: il parco uomini (o donne) è talmente povero che l’indecisione regna sovrana. C’è una Milano radical chic che invoca un riformista a tutto campo e un’altra Milano, forse meno progressista, ma con i piedi ben piantati in terra che desidererebbe una soluzione diversa: più politica, se volete. 

Il caso Open Arms

Il quadro è desolante: constatare che in un Paese due poteri dello Stato non collaborano più, anzi fanno l’esatto contrario è a dir poco doloroso, se non incivile. Lo sottolinea il ministro Carlo Nordio dopo il ricorso della procura di Palermo sul caso della Open Arms: la sentenza di primo grado assolse Matteo Salvini sostenendo che in quella occasione non aveva commesso alcun reato, ma solo difeso i confini dello Stato.

Bene: ora altri giudici della stessa città saltano la Corte d’appello, ricorrono direttamente in Cassazione scrivendo che “la motivazione era inconsistente”. Insomma, dei magistrati che danno degli incapaci ad altri magistrati e così si ricomincia da capo.

“È un vero e proprio accanimento contro un ministro del nostro governo”, ritiene alzando il tono della voce Giorgia Meloni. Secondo una parte assai consistente della maggioranza in questo modo si vuole impedire al Parlamento di fare le leggi. Oppure di contrastarle dopo l’Ok della Camera e del Senato.

Ritorna di moda un vecchio refrain: come mai un giudice che sbaglia, magari, clamorosamente, non paga mai dazio al contrario di quegli individui che, accusati, vengono condannati rimanendo in galera sia pure se innocenti? Ai perdenti non accadrà mai nulla. Non sarebbe così con la riforma elaborata dal responsabile della Giustizia che vedrebbe due Consigli Superiori della Magistratura in grado di portare una  maggiore equivalenza nel processo.

La maggioranza di governo è scatenata: “Si è arrivati al paradosso di dire che assolvere Salvini è stato come commettere un reato”.

A sinistra, invece, si è più cauti, anche perché a Milano la giunta di Giuseppe Sala appartiene a  quella parte politica. Elly Schein è con lui, gli suggerisce di non mollare, ma fino a quando potrà difenderlo? Ha già a che fare con i riformisti del Pd che non le danno tregua. Pure in questo caso, qualcuno la mette con le spalle al muro perchè non si può mandare a gambe levate un partito per una causa che appare persa in partenza. Si barcamena la segretaria usando l’arma della diplomazia, ma non è un atteggiamento che può durare all’infinito. Se lunedì in consiglio comunale il sindaco non avrà più la maggioranza, la Schlein  dovrebbe alzare bandiera bianca e probabilmente non le dispiacerebbe. “Bisognerà mettere fine a queste storture”, sostiene Meloni ritendo che tutto finirà quando sarà approvata la legge sulla separazione delle carriere. È vero, ma quando si potrà mettere fino a questa situazione che non rende all’Italia quel che le è dovuto?

Le mani sulla città, il nuovo processo contro Matteo Salvini: due argomenti che dividono non chi va a votare che guarda esterrefatto quel che sta accadendo, ma due poteri dello Stato che dovrebbero essere coloro i quali difendono gli interessi del Paese

Tutto questo mentre due guerre continuano a provocare decine di morti e distruzione. Nemmeno le chiese vengono risparmiate nella striscia di Gaza.

Il Papa chiama il prete della parrocchia rimasto ferito nel bombardamento, lo benedice, lo ringrazia e invoca ancora una volta la pace.

Netanyahu vuole sentire Leone XIV, gli telefona difendendosi. “È stato un errore” dice scusandosi. Ma quanti di questi sbagli ha fatto il leader israeliano ripetendo sempre lo stesso ritornello: “È stato un equivoco”?

Spiega ancora al pontefice che “presto ci sarà una tregua a Gaza e dintorni”. Speriamo non sia una delle tante bugie che abbiamo sentito da quando il Medio Oriente ha dovuto subire bombardamenti, missili e droni, oltre ad aver fatto morire di fame decine di bambini senza nè pane, nè acqua.

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Autore
Blitz

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