Renzo Piano, geometra e vate di Genova: Silvia Salis lo chiama, ma sono entrambi nelle mani dei genovesi
- Postato il 31 agosto 2025
- Politica
- Di Blitz
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Il primo che mi ricordi che abbia chiamato Renzo Piano era stato il socialista lombardiano Fulvio Cerofolini. Ex sindacalista, avversario in quel Psi rimontante del potentissimo Bettino Craxi, che cercò la collaborazione di Renzo Piano, che allora era già Renzo Piano, ma molto più giovane, benedetto dal successo del Beaubourg, genovese di Pegli, ma non ancora archistar planetaria, come non ha mai voluto farsi chiamare.
Correva la vigilia del 1992 e Genova, spinta da Paolo Emilio Taviani, il più grande uomo politico del Dopoguerra genovese e grande colombista, spingeva perchè nel 1992 la città celebrasse degnamente i 500 anni della Scoperta del suo figlio più grande di sempre.
Che fare? Scelsero Piano, genovese oramai di grande esportazione, brillante, radicato nella Genova di Ponente, ma oramai celebre ovunque.
Celebre come la frase che quel Cerofolini gli disse in stretto genovese, indicandogli la zona del porto antico, allora separata dal resto della città dalla muraglia daziaria, doganale, di polizia, scelta per celebrare Cristoforo Colombo: “Mia, Piano che chi no se straggia ninte!” Traduzione più o meno letterale: Guarda Piano, che qui non si spreca niente!”
Mia, Piano che chi no se straggia ninte!

Come dire: disegna il progetto che vuoi, ma tieni conto dell’esistente, che sono le banchine storiche, le darsene, i Magazzini del Cotone, i silos, il grande impianto di un porto oramai vuoto in quella area e trasferito negli attracchi, nei carichi e negli scarichi, a Ponente, oltre la Stazione Marittima.
La grande operazione di recupero che Piano realizzò, svelando alla città e ai genovesi stupefatti il loro porto e una visuale inedita e sorprendente della prospettiva nuova di guardare la Superba dalle banchine, fu anche la consacrazione del grande Renzo in nume della città, vate, a prescindere dal resto di quello che diventò nel mondo poi, durante e prima, secondo le classifiche di Forbes di inizio 2000 uno dei cento personaggi più conosciuti al mondo.
In motorino fra le macerie del ponte
A Genova Piano è, quindi, diventato da allora il punto di riferimento assoluto in termini di urbanistica, disegno della città sempre, fino e oltre alla drammatica giornata del crollo del Ponte Morandi, quando a poche ore dalla tragedia si arrampicava in motorino intorno al disastro, per incominciare a tracciare le linee del nuovo ponte.
A Genova ha mantenuto la sua semplicità, al punto di farsi chiamare geometra dagli amici più stretti, spiegando che il geometra è il mestiere più nobile, perché è il professionista che misura la terra e così Piano è rimasto nei decenni l’interlocutore generoso e disponibile, che ha accolto ogni sindaco, ogni presidente di Regione e di Porto che chiedeva lumi o salendo nel mitico studio di Vesima, con la piccola funicolare tra gli ulivi e le fasce della propaggine estrema di Genova a Ponente, o andando lui stesso nei luoghi istituzionali o nelle zone di cantiere, che aveva disegnato insieme alla città con i tecnici del suo fantasmagorico studio multirazziale di architetti, ingegneri..
E allora dopo la consacrazione di Cerofolini Fulvio non c’è stato sindaco o presidente che in qualche modo non sia stato “unto” da Piano, diventato nel tempo sempre più impegnato, perfino senatore a vita e, con il tempo che passava, meno presente a Genova e di più nel suo studio-base di Parigi, Rue des Archives, dove era un onore e un piacere andarlo a trovare.
Così quando in due sequenze diverse abbiamo visto la “nuova Silvia Salis” incontrarsi con Piano, dopo la sua recente vittoria elettorale e il suo insediamento, per confrontarsi con il perfezionamento del Water Front di Levante, il pensiero è stato che la tradizione continuava che quel signore, alto, elegante, oggi 88 enne, ma ancora in grande forma, capace di viaggiare, disegnare, creare, era sempre la luce per illuminare alcune delle trasformazioni-chiave di questa città perennemente sottosopra.
I sindaci, da Cerofolini a Salis, sono sfilati tutti davanti a Piano o meglio lui li ha incontrati tutti, con quello stile affascinante, che fa parte dell’incontro mai formale, mai una spanna in su, semmai ironicamente ossequioso, per fingere una specie di cerimonia nella quale il “signor sindaco” o il “signor presidente” in quanto autorità locale si confrontava con il “geometra”.
Ma che bilancio trarre da questi incontri, da questo dialogo continuo lungo 50 anni, tra Genova e il suo grande architetto, che ha disegnato ovunque, perfino una cattedrale di alberi nella foresta neozelandese e tutto il resto: dalle “Schegge” londinesi ai musei, agli aeroporti giapponesi, alle case della musica a Roma eccetera eccetera…..
Forse il più grande progetto che Piano ha disegnato e creato per Genova, quello che veramente in un colpo solo l’avrebbe cambiata, è rimasto un disegno e un sogno e non per colpa sua, ma per colpa dei genovesi, che spesso capita che assomiglino a certi dipinti del loro passato, che raffigurano i potenti del tempi d’oro, carichi di soldi, ma chiusi nei loro affari, i nasi adunchi, affilati, gli occhi duri, come nelle esposizioni leggendarie de “Lo Siglo de los genoveses”, una delle mostre simbolo a Palazzo Ducale.
Erano i primi anni del 2000 e Piano aveva preparato il disegno del Water Front, sindaco Beppe Pericu, probabilmente il più grande dell’epoca moderna, mentre presidente del Porto era Giovanni Novi.
Si trattava di trasformare tutta la linea di costa, da Levante fino a Voltri, un’impresa immensa che implicava operazioni colossali, non solo sulle banchine, ma anche nelle aziende che insistevano sulle banchine, in una visione moderna che avrebbe sistemato per sempre gli equilibri del fronte mare, liberando aree, cambiando perfino la corrente del mare dentro i moli, incidendo sul regime delle concessioni, aprendo a Ponente la foce al mare veramente e spostando le Riparazioni Navali a Ponente.
Ricordo come in un grande affresco la scena di Renzo Piano, che sotto la grande Tenda del porto antico, oltre il Bigo, mostrava il grande disegno con una lunga canna che scorreva sui particolari, davanti a tutta la città schierata, nessuno escluso, in un silenzio che era carico più che di attenzione di avversione, di paura, di timore. Appunto quei nasi stretti, quelle labbra tirate, quegli occhi inespressivi di chi pensava al proprio tornaconto e non al disegno complessivo.
Lui con la sua capacità affabulatoria e la tecnica minuziosa, i riferimenti alla storia, ma anche alla scoperta delle modernità e gli spettatori muti, rattrappiti.
Sappiamo come è finita: il Water Front di Genova è rimasto quel disegno, nobilitato dalla sua esposizione in una grande bacheca al Mueso del Mare, l’agenzia per realizzarlo è affondata, mentre una inchiesta esplosa in un processo clamoroso, sulle code di quelle possibili trasformazioni, ha scosso la città per nulla, essendosi concluso con sentenze di assoluzione perché “tutti i fatti non sussistono”.
E Genova è rimasta più o meno quella che era, fino all’arrivo del ciclone Marco Bucci, uno che non poteva non ripartire con Renzo Piano, con il Water Front di Levante, un pezzo del vecchio disegno, che sta prendendo forma nella zona dell’ex Fiera, sotto l’occhio di Piano e dei suoi architetti.
Nel frattempo altri sindaci e altri presidenti sono sfilati davanti a Piano, con alterni risultati: Marta Vincenzi, che gli propose una supervisione del Piano Regolatore e il disegno delle linee verdi che dovevano salvare Genova dal nuovo cemento. Marco Doria, che fu il primo a abbozzare il Water Front, risolvendo in parte le grane della vecchia Fiera del Mare…..
E ora tocca a Silvia Salis. Piano “consacra”, ma poi sono i sindaci e i presidenti che devono dimostrare come un grande progetto si possa realizzare, grazie alle ispirazione del “signor geometra”.
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