“Ricoverato in urgenza con chemioterapia massiccia, per la prima volta ho pensato alla morte. Ho sentito l’esigenza di camminare, senza affanni”: parla Luca Carboni

  • Postato il 27 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Luca Carboni è tornato sul palco assieme a Cesare Cremonini, dopo la malattia, in alcune delle tappe del tour negli stadi. Ma i suoi progetti non si sono fermati. Un anno fa è stata inaugurata “Rio Ari O” la mostra in cui l’artista a Bologna, nella sua città, ha raccontato quarant’anni tra musica e arte. Poi un altro annuncio. Il cantautore bolognese, dopo sei anni dall’ultimo live nel 2019, torna sul palco l’11 novembre a Milano all’Unipol Forum per un evento speciale “Rio Ari O LIVE”. Un racconto tra musica, immagini e parole

L’artista si è raccontato a don Massimo Vacchetti a Villa Pallavicini a Bologna mercoledì 25 giugno sul palco di LIBeRI. “Ho sempre preferito stare nell’angolo, non protagonista, – ha affermato, come riporta Il Corriere della Sera Bologna – non cercavo il successo, ma la felicità. La nostra città è un’opportunità. Ombelico d’Italia e degli studenti, ci si incontra ancora facilmente. Noi cinque figli, ma papà non ci portava allo stadio. Giocavo in cortile con le scarpe con i tacchetti, che indossavo anche da chierichetto. Beppe Savoldi il mio idolo. Ritagliavo le foto sul giornale, poi componevo il mio diario-album. Con Maifredi e Corioni nacque un’amicizia e poi l’inno con Mingardi, Dalla e Morandi che ancora oggi a sentirlo mi emoziona. “Di professione scettici” è la prima strofa toccata a me”.

Poi spazio al racconto della malattia: “Ricoverato in urgenza con chemioterapia massiccia, per la prima volta ho pensato alla morte. Ho sentito l’esigenza di camminare, senza affanni. Ho camminato tanto in Appennino, sempre guardando San Luca: pregavo guardando il Santuario. La mia chiesa ideale è quando ti arriva l’illuminazione della magia dei posti, dalla natura. Il mare è la mia cattedrale, lì riesco a pregare. Ho anche una guida contemplativa, creo delle file, mi suonano il clacson”.

E ancora: “Gesù c’è sempre stato in famiglia, temevo venisse a parlarmi. Tutti religiosissimi con tanto di rosario e mamma catechista. Ero geloso dei suoi tanti allievi, la sua condivisione mi dava fastidio. Nonna mi raccontò di aver visto il diavolo, poi ho scoperto il Vangelo, a 12 anni feci un ritiro spirituale di due settimane a Dobbiaco. La chiesa l’ho sempre cercata e avuta dentro”.

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Il Fatto Quotidiano

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