Rocca di Neto, chiesti 265 anni di carcere per la cosca Corigliano-Comito
- Postato il 3 luglio 2025
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Rocca di Neto, chiesti 265 anni di carcere per la cosca Corigliano-Comito
La Dda chiede 22 condanne per il clan Corigliano-Comito che da Rocca di Neto allungava i tentacoli fino a Manhattan
ROCCA DI NETO – Quasi 265 anni di reclusione per la cosca che da Rocca di Neto avrebbe allungato i suoi tentacoli fino a Manhattan. Sono le richieste di condanna avanzate dal pm Antimafia Pasquale Mandolfino davanti al Tribunale penale di Crotone nei confronti di 22 presunti esponenti del clan Corigliano-Comito, sul finire del 2022 colpito duramente con una retata della polizia. Pene pesanti, fino a 30 anni di reclusione, quelle proposte dal pm della Dda di Catanzaro. Quelle più alte sono state sollecitate per il presunto Pietro Corigliano e il suo braccio destro Pietro Marangolo. A 20 anni e 7 mesi ammonta la richiesta di condanna per Domenico Megna, il boss di Papanice, storico alleato del clan di Rocca di Neto. Spicca anche la richiesta di condanna a 5 anni e 5 mesi per il cantante neomelodico Salvatore Benincasa, accusato di reati in materia di armi.
ROCCA DI NETO, LE RICHIESTE CONTRO LA COSCA CORIGLIANO-COMITO
Ecco le richieste, posizione per posizione.
- Domenico Barbaro, di 34 anni, di Rocca di Neto: 13 anni.
- Rosario Barberio (40), di Scandale: 7 anni.
- Fortunato Barone (56), di Rocca di Neto: 10 anni.
- Salvatore Benincasa (36), di Rocca di Neto: 5 anni e 5 mesi.
- Michele Bernardi (46), di Pergognaga (MN): 5 anni e 5 mesi.
- Francesco Bevilacqua: 7 anni.
- Virgilio Antonio Bruno (55), di Rocca di Neto: 14 anni.
- Francesco Comito (34), di Rocca di Neto: 20 anni e 8 mesi.
- Umberto Comito (57), di Rocca di Neto: 21 anni.
- Luigi Corigliano (30), di Rocca di Neto: 10 anni.
- Pietro Corigliano (57), di Rocca di Neto: 29 anni e 6 mesi.
- Patrizia Cundari (60), di Rocca di Neto: 5 anni e 6 mesi.
- Pietro Marangolo (46), di Rocca di Neto.
- Pantaleone Marino (64), di Rocca di Neto: 19 anni.
- Giuseppe Martino Zito (53), di Rocca di Neto: 14 anni.
- Alessandro Curto (34), di Petilia Policastro: 5 anni e 6 mesi.
- Mattia Lagani (22), di Rocca di Neto: 5 anni.
- Raffaele Lagani: 4 anni.
- Donatello Mancuso (34), di Strongoli: 8 anni.
- Domenico Megna (75), di Crotone: 20 anni e 7 mesi.
- Antonio Piperato (31), di Scandale: 6 anni e 8 mesi.
- Daniele Tallarico (31), di Casabona: 4 anni.
I RUOLI
In particolare, stando al capo d’imputazione relativo all’associazione mafiosa, Pietro Corigliano è indicato al vertice della ‘ndrina, in quanto «costituiva, dirigeva e organizzava la compagine, dettando le linee operative per il suo funzionamento, curava i rapporti con i vertici degli omologhi organismi di altri territori, impartiva le direttive ai propri sottoposti, dirimeva le controversie eventualmente insorte, indicava gli obiettivi delle estorsioni, dettava i criteri per ripartire i proventi delle estorsioni, incaricava l’approvvigionamento e la custodia delle armi».
Umberto Comito, «con funzioni di organizzatore», avrebbe coadiuvato Corigliano nella gestione della ‘ndrina, svolgendo funzioni vicarie nella sua assenza». Pietro Marangolo avrebbe partecipato alle estorsioni e avrebbe ripartito le somme introitate tra le varie famiglie beneficiarie e sarebbe stato preposto alla custodia e all’acquisto di armi per conto del sodalizio.
Martino Corigliano avrebbe curato i rapporti con i vertici degli omologhi organismi di altri territori e si sarebbe occupato delle estorsioni. Pantaleone Marino, ricoprendo la dote di santista, avrebbe curato i rapporti con i vertici degli omologhi organismi di altri territori, partecipando alle riunioni, occupandosi delle estorsioni, avvicinando le vittime per introitare i proventi. Virgilio Antonio Bruno avrebbe partecipato alle riunioni con esponenti di altre compagini e avrebbe acquisito per conto del clan armi da fuoco. Giuseppe Zito avrebbe trasmesso messaggi per i vertici e detenuto armi.
LE ACCUSE
L’inchiesta avrebbe accertato l’operatività della cosca nella Valle del Neto. Tra le vittime i titolari della clinica Romolo Hospital che sarebbero stati costretti a versare un pizzo mensile di duemila euro. Le mazzette nelle intercettazioni erano mascherate sotto forma di cornetti da consegnare in quanto un gruppo di dipendenti della clinica avrebbe avvisato gli esattori del clan quando appunto cornetti e caffè erano “disponibili”.
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Il monitoraggio degli indagati, oggi imputati, avrebbe consentito di fare luce anche sulla disponibilità di armi da fuoco e di documentare il loro effettivo utilizzo, durante una prova compiuta in una zona isolata. Non a caso nel corso di mirati servizi furono sequestrati quattro fucili e una pistola.
Luce anche su un traffico di stupefacenti, principalmente di cocaina e marijuana. Gli imputati avevano vari fornitori in provincia di Crotone e poi smerciavano la droga a Rocca di Neto. Un affare che, sempre per l’accusa, era appannaggio della famiglia Comito.
Gli imputati sono difesi dagli avvocati Nuccio Barbuto, Roberto Coscia, Luca Cianferoni, Francesco Laratta, Giovanni Mauro, Mario Nigro, Pietro Pitari, Gianni Russano, Tiziano Saporito. Un altro gruppo di imputati che ha scelto il rito abbreviato è stato condannato anche in Appello.
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