Roma. Musei di Villa Torlonia. Antonio Scordia. La realtà che diventa Visione: la mostra antologica
- Postato il 25 novembre 2025
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- Di Paese Italia Press
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Roma, 25 novembre 2025 – Dal 26 novembre 2025 al 29 marzo 2026, al Casino dei Principi – Musei di Villa Torlonia a Roma, apre al pubblico la mostra antologica Antonio Scordia. La realtà che diventa Visione, a cura di Giovanna Caterina de Feo.
Sono esposte circa 80 opere di Antonio Scordia (1918-1988), artista ben noto alla storiografia e alla critica d’arte, ma oggi poco raccontato al grande pubblico. Bisogna risalire al 1977 per trovare nella Capitale un’esposizione in spazi pubblici dedicata al pittore che, nato a Santa Fè da genitori italiani, scelse Roma, città nella quale crebbe, come luogo dove vivere e lavorare, nonostante le opportunità in Argentina e i soggiorni a Parigi, New York e Londra.
L’esposizione, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è prodotta e sostenuta dalla Galleria Mucciaccia con la collaborazione dell’Archivio Antonio Scordia. Supporto organizzativo e servizi museali di Zètema Progetto Cultura.

Il percorso espositivo, articolato sui due piani del museo, offre una panoramica completa dell’opera dell’artista. Comprende dipinti provenienti dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, riuniti per l’occasione con opere appartenenti a collezioni private e agli eredi di Scordia, oltre a una selezione di documenti d’archivio — cataloghi e fotografie — provenienti dagli archivi di famiglia.

La mostra si apre con le opere dei difficili anni degli esordi, all’indomani del 1942, nel clima figurativo della cosiddetta Scuola romana. Tra i primi dipinti esposti figurano alcuni oli su tela, tra cui un Autoritratto, diversi ritratti della moglie Valentina, il Ritratto del Poeta Sinisgalli e La seggiola e il gatto, opera acquisita nel 1952 da Palma Bucarelli per la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. Questa prima parte si conclude con opere di poco successive, di impianto post-cubista, come Innaffiatoio in giardinoe il disegno Donna in poltrona, anch’esso dalle collezioni della Gnamc, realizzate entro il 1956.
La mostra prosegue con le tele della seconda metà degli anni Cinquanta, incentrate sul percorso che porterà Scordia verso l’astrattismo. Si va da Ruderi nel parco a Siesta in campagna, fino a opere come Annuncio e Figura bianca, ambedue del 1959, grandi tele in cui la forma sembra progressivamente dissolversi. Sono gli anni delle mostre alla Galleria La Tartaruga di Plinio de Martiis (1955 e 1957), periodo in cui Scordia avanza con decisione verso l’astrazione, elaborando una pittura poetica, colorata e incantata della realtà quotidiana. Una pittura che Maurizio Calvesi descrive come “assediata dalla realtà, la realtà dell’esistente, intorno, e soprattutto la realtà dell’esistenza, dentro”.
Il percorso prosegue con un approfondimento dedicato alle grandi tele degli anni Sessanta, tra cui Gorgone, Grande frammento e il Grande interno del 1968, e culmina in una ricca selezione di opere liriche e mature degli anni Settanta e Ottanta, come Specchio Blu del 1978, Specchio rosa del 1982 e Pietra Lavica del 1986. Sono opere nelle quali emerge la verve creativa di Scordia che, come agli esordi, continua a muovere la propria ricerca partendo dal confronto con la realtà.

La mostra si conclude con un approfondimento dedicato alla poco nota attività dell’artista nel campo delle arti decorative, documentata da alcune ceramiche degli anni Quaranta, dipinte nello Studio Galassi, e soprattutto dall’arazzo realizzato, su suo cartone, nel 1962 per la Turbonave Raffaello. Quest’opera segna un momento di particolare rilievo nella sua produzione e costituisce il prodromo del monumentale arazzo eseguito pochi anni più tardi per il Ministero degli Affari Esteri, oggi conservato nella Sala dei Trattati Europei “David Sassoli” alla Farnesina.
L’intero percorso espositivo è corredato da disegni inediti provenienti dall’Archivio Antonio Scordia.
In un’intervista concessa a Luigi Lambertini nel 1979, nel catalogo della sua mostra “I segni dell’esistere”, l’artista afferma: “Per me il privato può diventare sociale. E dal privato mi muovo. La mia immaginazione parte dalla vita che mi circonda, non mi fa sentire distaccato o assente. L’importante è conoscere tutto, ma bisogna essere determinati e fare la propria scelta sentendola necessaria. In quell’ambito è possibile poi muoversi con assoluta libertà. Ho fiducia nella mia immaginazione, ma è la forma che conta, alla fine, e la chiarezza del linguaggio.”
Selezionato nel 1958 da Lionello Venturi tra gli undici Pittori italiani d’oggi (Afro Basaldella, Renato Birolli, Bruno Cassinari, Antonio Corpora, Mario Mafai, Fausto Pirandello, Giuseppe Santomaso, Toti Scialoja, Antonio Scordia, Giulio Turcato, ed Emilio Vedova), il lavoro del pittore fu seguito con attenzione da poeti, critici e storici dell’arte.
Tra i primi, l’amico Toti Scialoja sin dal 1945 e il poeta Leonardo Sinisgalli, successivamente Maurizio Calvesi che lo presenta in catalogo alla VII Quadriennale di Roma (1955), alla XXVIII Biennale di Venezia (1956), alla personale romana all’Attico di Bruno Sargentini nel 1959 e in numerose esposizioni successive, fino all’ultima, postuma, nel 1988 alla Galleria dei Banchi Nuovi, quando descriveva la pittura di Scordia come una “visione dai contorni nitidi ma non rigidi, appena sbavati, pittoricamente respiranti, irregolarmente curvilinei o talvolta segmentati, mentre i fondi coprenti, bianchi o azzurri, rossi o rosati, ocra o neri, diventavano il piano d’appoggio di una profondità indeterminata e avvolgente, come uno spazio tutto filtrato nel colore”.
Tra i critici che ne seguirono l’evoluzione figurano anche Enrico Crispolti, Nello Ponente e Lorenza Trucchi, che recensì costantemente le mostre di Scordia, in particolare sulle pagine della Fiera Letteraria. Infine Giulio Carlo Argan sottolineò la coerenza dell’artista scrivendo nel 1974: “Da trent’anni [Scordia] vive i contrastanti eventi dell’arte nel mondo con un fervore moderato soltanto dalla civile determinazione di capire tutto e non subire nulla. Non ha mai fatto il passo più lungo della gamba, ma neppure un passo all’indietro”.
Così lo descrive Giuseppe Appella in catalogo: “Un pittore di livello internazionale, sulla cui arte hanno scritto i più significativi critici del suo tempo, a partire da un convinto giovane Calvesi. Eppure un velo d’oblio sembra averlo coperto dopo la sua morte. La storia della pittura italiana, si sa, è piena di macerie: ma, come dice Kiefer, l’arte sopravvive alle sue rovine. E così fa quella di Scordia”.
La mostra è accompagnata da un catalogo monografico, edito da Silvana Editoriale, con un’introduzione di Giuseppe Appella, un saggio della curatrice Giovanna Caterina de Feo, testi di Gregorio Botta, Carlo Alberto Bucci e Giulia Silvia Ghia, la riproduzione di tutte le opere in mostra e una ricca selezione di apparati e testi critici.
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