Sabotaggi ai cavi sottomarini, Taiwan reagisce a Pechino

  • Postato il 28 aprile 2025
  • Di Panorama
  • 2 Visualizzazioni

Le autorità taiwanesi hanno formalmente accusato il comandante del cargo cinese Hong Tai 58 di aver deliberatamente danneggiato un cavo sottomarino per le telecomunicazioni che collega l’isola all’arcipelago Penghu, vicino alla costa cinese, nel febbraio scorso. La notizia del fermo era apparsa sui media in febbraio, ma le indagini hanno richiesto tempo e soltanto nei giorni scorsi la Difesa di Taipei ha formalizzato il provvedimento.

Non è la prima volta che capitano fatti del genere, del resto il sabotaggio di strutture sottomarine, i cui autori sono difficili da individuare, è ormai entrato a far parte delle tattiche volte a individuare i punti deboli delle difese avversarie, e tra Cina e Taiwan è una prassi ormai nota. Di diverso questa volta c’è l’epilogo: la guardia costiera taiwanese ha inizialmente sequestrato la Hong Tai 58, nave che però batte bandiera del Togo seppur a bordo l’equipaggio sia composto da marinai cinesi. A poche settimane dalla cattura della Hong Tai 58 da parte di Taiwan, i media locali avevano rivelato che il centro ricerche China Ship Scientific aveva brevettato un dispositivo utilizzabile nelle profondità marine in grado di recidere le linee di comunicazione o elettriche anche qualora fortificate. Circa un mese prima di questo evento, era capitato un altro episodio simile a nord di Taiwan, ma in quell’occasione fu indicata come colpevole una nave commerciale di proprietà di Hong Kong.

Sabotaggi ai cavi sottomarini, Taiwan reagisce a Pechino
(Central News Agency)

Fino a oggi Taiwan ha segnalato cinque casi di danni ai cavi sottomarini avvenuti nel 2025, rispetto ai tre dei due anni precedenti, un aumento che ha portato la guardia costiera di Taipei a creare una lista nera di quasi cento unità sospette in qualche modo collegate a Pechino, che però nega categoricamente. Ma tant’è, la quasi totalità degli analisti occidentali ritiene che tale strategia faccia parte dell’atteggiamento coercitivo della Cina nei confronti della “Provincia ribelle”. A gettare benzina sul fuoco è stato anche il senatore democratico del Nevada Jacky Rosen, il quale durante un’audizione della Commissione Forze Armate della Camera tenutasi a Washington all’inizio di aprile aveva criticato duramente le attività “sconsiderate, coercitive e aggressive” della Cina, definendo il sabotaggio dei cavi sottomarini una tattica particolarmente allarmante.

Nel corso della stessa udienza l’ammiraglio della Marina statunitense Samuel Paparo, comandante delle forze nell’Indo-Pacifico (Indopacom), ha ammesso i tentativi di sabotare i cavi internet sottomarini, in particolare intorno a Taiwan. La preoccupazione per questi eventi è dettata dal fatto che una delle priorità della Cina in caso di gravi ostilità contro Taiwan come un blocco navale o un’invasione in piena regola, sarebbe quella di isolare l’isola e interferire, quando non interdire, le comunicazioni civili e militari. Nella sua relazione ai legislatori statunitensi l’ammiraglio Paparo ha proposto due contromisure contro tali sabotaggi. La prima: penetrare nella catena di attacchi attraverso la raccolta di informazioni e quindi presentarsi con lo schieramento delle forze nei luoghi in cui altrimenti i cinesi avrebbero gioco facile a tagliare i cavi. La seconda: la resilienza, ovvero disporre di reti di comunicazione ridondanti per garantire la continuità dell’ambiente informativo, nonché la proliferazione di molteplici costellazioni satellitari in orbita terrestre bassa come alternativa ai canali terrestri.

Nel frattempo le aziende che si occupano di tecnologie navali stanno percependo un nuovo mercato per le loro apparecchiature: Andy Keough, amministratore delegato di Saab Australia, ha affermato che l’azienda è ben posizionata per supportare i governi nella difesa delle infrastrutture sottomarine, spiegando: “I nostri prodotti svolgono un ruolo cruciale nelle soluzioni di contromisura contro le mine e nella protezione di infrastrutture sottomarine critiche, inclusi oleodotti e cavi sottomarini, in tutto il mondo.” Si riferisce ovviamente all’utilizzo di veicoli sottomarini autonomi che possono tenere sotto controllo le infrastrutture e ai sensori posti sui fondali che possono fornire informazioni su che cosa transita in superficie e in profondità, cosa si appoggia sul fondo o provoca rumori di qualsiasi natura. E se serve, i mezzi di Saab possono intervenire per ripristinare eventuali rotture, lasciando anche un drone subacqueo a guardia del luogo, fino a una profondità di sei chilometri.

A buttarsi in questo settore sono tutte le aziende di Difesa del mondo: dalla francese Thales all’italiana Saipem, fino a decine di startup nate negli ultimi dieci anni. Particolarmente importante è il monitoraggio delle rotte: se una nave esce da quelle più consuete e percorse per posizionarsi sopra le infrastrutture subacquee, i sistemi di controllo satellitari a subacquei possono segnalare immediatamente l’anomalia e dare l’allarme di una possibile azione ostile. Stanti le attuali tensioni internazionali, significa che lungo la disposizione dei circa 1.5 milioni di chilometri di cavi sottomarini esistenti nel mondo sarà sempre più necessario predisporre controlli e azioni di protezione. E questo sta creando un mercato dei droni sottomarini destinato a crescere rapidamente: secondo le stime dei costruttori il solo mercato italiano supererà i 200 milioni di dollari nel 2030, quello globale arriverà a 19 miliardi di dollari.

Autore
Panorama

Potrebbero anche piacerti