Sanità digitale, lucani diffidenti

  • Postato il 17 luglio 2025
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Sanità digitale, lucani diffidenti

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Sanità digitale, lucani diffidenti: settimi per tipologie offerte, fra gli ultimi per consenso, concesso solo da un paziente su 20. Gimbe: contraddizione fra disponibilità e coinvolgimento.


La Basilicata si trova a un paradosso digitale: da un lato, è tra le Regioni italiane che offrono il maggior numero di documenti sanitari nel Fascicolo sanitario elettronico (Fse); dall’altro, è tra le meno coinvolte in termini di utilizzo da parte dei cittadini. A dirlo è l’analisi della Fondazione Gimbe sulla diffusione e l’impiego del Fse, strumento centrale per la digitalizzazione della sanità pubblica. Eppure, soltanto il 5% dei lucani ha espresso il consenso alla consultazione dei propri dati sanitari, contro una media nazionale del 42%. Una percentuale che riflette una generale diffidenza nel Sud e che relega la Basilicata tra le ultime posizioni per partecipazione attiva, a fronte però di una dotazione tecnica ben più solida.

Con l’81% delle tipologie documentali previste dal ministero della Salute rese disponibili all’interno del proprio Fse, la regione si colloca al settimo posto nazionale – sopra la media italiana (74%) – offrendo un’ampia gamma di referti e informazioni cliniche digitalizzate. Tra i documenti accessibili ai cittadini lucani ci sono, tra gli altri, lettere di dimissione, referti di laboratorio e radiologia, prescrizioni farmaceutiche e specialistiche, profilo sanitario sintetico, documenti di erogazione delle prestazioni, singola vaccinazione, referti di anatomia patologica e lettere di invito per screening e vaccinazioni. Mancano invece, ad oggi, il certificato vaccinale, il taccuino personale dell’assistito e la cartella clinica.

LUCANI E SANITÀ DIGITALE: DIVARIO TRA INFRASTRUTTURA E UTILIZZO

Se dunque l’infrastruttura è in gran parte pronta, ciò che manca è il coinvolgimento diretto della popolazione. Anche sul fronte dell’utilizzo attivo, la Basilicata registra dati inferiori alla media: nei tre mesi precedenti alla rilevazione (gennaio-marzo 2025), solo una quota analoga al 5% ha effettuato almeno un accesso al proprio Fse, rispetto a una media nazionale già bassa, ferma al 21%. Il divario tra disponibilità tecnologica e reale utilizzo del Fse è una delle contraddizioni più evidenti dell’intero sistema sanitario digitale italiano. Il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, non ha dubbi: «Il Fascicolo sanitario elettronico dovrebbe essere la chiave per migliorare accessibilità, continuità delle cure e integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari. Ma oggi, per milioni di cittadini, resta uno strumento ben lontano dalla piena operatività”.

E avverte: “Il divario digitale tra le Regioni, se non colmato rapidamente, rischia di trasformarsi in una nuova forma di esclusione sanitaria». L’analisi dei dati, aggiornata al 31 marzo scorso, mostra un’Italia sanitaria a velocità variabili. Alcune Regioni, come Piemonte e Veneto, alimentano il proprio Fse con oltre il 90% dei documenti previsti. Altre, come Abruzzo e Calabria, si fermano al 40%. In nessun caso, comunque, si raggiunge la copertura totale.

RUOLO POSITIVO DEI PROFESSIONALI SANITARI

Il panorama lucano risulta molto positivo se si considerano i professionisti sanitari: il 100% dei Medici di medicina generale e pediatri di libera scelta ha utilizzato almeno una volta il Fse tra gennaio e marzo, un risultato raggiunto solo da altre otto Regioni. Dato condiviso solo con Emilia-Romagna, Marche, Molise, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Sardegna e Umbria. Quanto ai medici specialisti delle aziende sanitarie, l’83% risulta abilitato alla consultazione del Fascicolo, sopra la media nazionale del 72%. Un segnale chiaro: da parte del personale medico, c’è una piena integrazione dello strumento nella pratica clinica quotidiana. Il Fascicolo sanitario elettronico 2.0, definito con decreto ministeriale nel settembre 2023, rappresenta la base per un sistema sanitario digitalizzato e omogeneo.

NECESSARIA LA FIDUCIA DEI CITTADINI E I SERVIZI ATTIVATI

Tuttavia, come evidenzia ancora Cartabellotta, «un cittadino siciliano e uno veneto non hanno le stesse possibilità di accesso alla propria documentazione clinica». La difficoltà, però, non è soltanto tecnica. Manca la fiducia. Il consenso alla consultazione da parte dei medici è il primo passo per attivare il Fse. Ma se non si lavora su una comunicazione chiara e rassicurante, spiegando bene i vantaggi e le tutele per la privacy, gran parte della popolazione resterà fuori. «Serve un grande sforzo informativo e culturale per rafforzare la fiducia dei cittadini, superando i timori legati alla protezione dei dati personali», ribadisce Cartabellotta.

A questo si aggiungono le differenze nei servizi attivati: mentre alcune Regioni, come Toscana e Lazio, hanno attivato oltre la metà dei 45 servizi digitali previsti (prenotazioni, pagamento ticket, scelta del medico eccetera), in molte altre la percentuale è irrisoria. In Calabria, ad esempio, si ferma al 7%. I dati della Basilicata non sono specificati. Per Gimbe, è urgente un cambio di passo: non basta caricare i dati nei fascicoli, occorre “mettere le persone nella condizione di usarli”, investendo in alfabetizzazione digitale e in strumenti semplici da usare.

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