Sara Munari, la donna alla testa dei ribelli di Askatasuna

  • Postato il 22 dicembre 2025
  • Politica
  • Di Libero Quotidiano
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Sara Munari, la donna alla testa dei ribelli di Askatasuna

Il sindaco Stefano Lo Russo aveva avviato un percorso per far entrare Askatasuna nella legalità. Si chiamava “Bene Comune”, progetto fuori dalla realtà fin dal nome, giacché l’amministrazione comunale e gli antagonisti del centro sociale non condividevano l’obiettivo. Per il primo era normalizzare l’immobile di corso Regina Margherita e consolidare il consenso presso l’associazionismo incolpevole che gli ruota intorno. Per i secondi era guadagnare tempo, perpetuare una situazione criminogena che gli consentiva di finanziare attività eversive, assalti a stazioni e commissariati e fare proselitismo. Il tribunale di Torino aveva dato anche una spinta al progetto, mandando assolti dal reato di associazione a delinquere dieci dei ventotto esponenti del centro sociale incriminati e condannando gli altri diciotto per reati minori come resistenza a pubblico ufficiale, violenza e danneggiamenti.

Le intenzioni saranno state buone, ma sono i leader del centro sociale a non esserlo. Da che è stato siglato il patto Bene Comune con il municipio, gli estremisti di Aska hanno seminato violenza in città più volte, mischiando la lotta no-Tav a quella pro-Pal e trovandosi spesso come compagni di scorribande i giovani extracomunitari delle periferie, altro grave problema di ordine pubblico del capoluogo piemontese.

E' dai settanta giorni di scontri, danneggiamenti e assalti, di violenza di piazza e dissenso organizzato con tecniche da guerriglia, irrispettoso delle maggioranze pacifiche che sfilavano per la causa palestinese, che nascono le perquisizioni che hanno dato luogo allo sgombero. Il sindaco ha dovuto cedere alle pressioni del governo e firmare il provvedimento perché la situazione era divenuta insostenibile, l’immobile è di proprietà del Comune e lui rischiava guai penali e amministrativi, visto che in costanza di patto gli antagonisti continuavano a commettere e organizzare reati utilizzando il centro sociale come quartier generale.

 

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INTELLETTUALI E VIP

E' trent’anni che l’ex asilo di corso Regina Margherita è una ferita nella città, medicata amorevolmente da intellettuali e piccoli vip che si prestano a fare da utili idioti alla causa, affascinati dall’insurrezionalismo modaiolo e senza reali finalità del centro sociale, che regalava la suggestione di ritrovarsi in un’atmosfera da tensioni sociali e eversione stile 1977. I vecchi leader, da Andrea Buonadonna a Giorgio Rossetto, hanno avuto tutti guai con la giustizia e restano nel comitato direttivo come padri nobili. Ma le nuove leve non sono da meno. La ventiquattrenne Sara Munari è la nuova Dana Lauriola, l’attivista che ormai vive in valle.

Condivide la guida dei gruppi di azione sul campo con Stefano Millesimo e Nicola Gastini ed è sempre alla testa dei cortei, spesso incappucciata, tranne quando si trova agli arresti domiciliari. Malgrado la giovane età, Sara è un punto di riferimento del centro sociale, al punto che durante una manifestazione svoltasi quando lei era costretta in casa dalla magistratura, il corteo è passato appositamente sotto le sue finestre, in una sorta di omaggio che ricorda l’inchino che si fa ai boss. Carismatica, determinata e talebana, non si concede ai media, a differenza dei colleghi, perché il mistero la aiuta ad alimentare il suo mito e le conferisce una sorta di sacrale austerità.

E' questo triumvirato un fattore attrattivo dei giovani delle scuole superiori, che arrivano ad Askatasuna richiamati dalle attività sociali del centro e restano imbrigliati in un’atmosfera di ribellismo criminale. La Procura di Torino, la quale ha impugnato la sentenza di assoluzione dal reato di associazione a delinquere, ha definito gli antagonisti «professionisti della violenza impegnati a commettere reati tramite l’attività del centro sociale». Di fatto si può dire che esistano tre cerchi ad Aska: il nucleo di comando, che non ha un progetto realmente eversivo ma ha come attività primaria l’organizzazione di disordini, un mondo intellettuale e politico di riferimento che, non si sa se rendendosene conto o no, e nel caso quanto, regala ai delinquenti una sorta di allure nobile e le associazioni che svolgono attività non criminale, facendo finta di non sapere in che posto si trovano.

 

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LA MAGGIORANZA

Lo Russo ha provato a tenere insieme questi tre mondi. Il sindaco però si è illuso sulla intenzioni e la gestibilità dei commando operativi, ha sbagliato a fidarsi delle figure politiche e intellettuali scelte nei ruoli di garanzia, che non hanno mantenuto equidistanza tra il centro sociale che operava nell’illegalità e le istituzioni, e ha sopravvalutato l’apporto e la rilevanza di chi al centro sociale ci andava animato da buoni propositi. Nelle proteste di ieri il primo cittadino dem è stato insultato ed equiparato agli esponenti dell’attuale maggioranza di destra.

Quanto alla sinistra che regge la sua maggioranza in Comune, c’è da registrare che Avs, che pure esprime politici molto vicini ad Askatasuno, lo ha difeso; a riprova che nel firmare l’ordine di sgombero aveva ragione. Ne ha chiesto le dimissioni invece M5S, che a Torino non è in maggioranza ma dovrebbe essere parte del campo largo anti-governo. Queste però sono questioni di campanile: i dem furono decisivi nel far condannare la sindaca Chiara Appendino per la tragedia di piazza San Carlo, nel giugno 2017, dove morirono due persone, e la ferita non sarà mai sanata.

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Autore
Libero Quotidiano

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