Savoca, il borgo siciliano dove il cinema non è mai andato via

Savoca, piccolo borgo di appena 1750 abitanti arroccato tra i colli della costa ionica, è diventato celebre in tutto il mondo per essere stato uno dei set principali del capolavoro di Francis Ford Coppola, Il Padrino. Eppure, la sua magia non si esaurisce nel ricordo cinematografico e la sua essenza è plasmata da stradine lastricate, case in pietra lavica, agrumeti e silenzio, in una dimensione sospesa tra la terra e il cielo, tra i profumi della campagna e lo splendido Golfo di Taormina, che da qui si raggiunge in pochi minuti.

Passeggiare a Savoca è un po’ come viaggiare nel tempo, tra palazzi nobiliari dimenticati, chiese barocche, ruderi che dominano la vallata e bar che hanno fatto la storia del cinema.

Dove si trova Savoca

Savoca si trova in provincia di Messina, incastonata nella Valle d’Agrò, a circa 40 chilometri da Messina e 20 da Taormina. Un borgo di collina con lo sguardo sul mare, che vive al ritmo delle stagioni e conserva ancora oggi il fascino delle piccole comunità.

Cosa vedere a Savoca: la Porta della Città

Ad accogliere chi entra nel cuore del borgo ecco la Porta della Città, uno degli ultimi resti delle antiche fortificazioni normanne che un tempo proteggevano Savoca.

Il monumentale arco in pietra arenaria, risalente al XII secolo, è ciò che rimane della cinta muraria originaria che cingeva il paese, accessibile da due ingressi principali: uno nel quartiere San Giovanni e l’altro nel quartiere San Michele. Solo quest’ultimo si è conservato fino ai giorni nostri, testimone silenzioso di un’epoca di conquiste, dominazioni e leggende.

Il Castello di Pentefur, tra leggenda e pietra viva

Su uno dei due colli su cui si estende Savoca, sorgono i ruderi del Castello di Pentefur, avvolto dal mistero. Le sue origini si perdono nel tempo, forse tardo-romane, forse bizantine, ma fu nel XII secolo, sotto il regno di Ruggero II di Sicilia, che venne riedificato per diventare residenza estiva dell’Archimandrita di Messina.

Oggi del castello rimangono solo tracce: un mastio quadrangolare, resti di mura merlate, ambienti interni ormai spogli, ma carichi di memoria. Dall’alto, si scorge tutto il territorio e si comprende la funzione difensiva della struttura, un tempo collegata visivamente a un sistema di torri lungo la costa tra cui Torre Catalmo, Torre dei Saraceni, Torre del Baglio e molte altre.

La Chiesa di San Michele, arte sacra tra gotico e barocco

Edificata intorno al 1250, la Chiesa di San Michele è uno dei monumenti più significativi del borgo. Dichiarata monumento nazionale nel 2002, ha attraversato secoli di storia trasformandosi con essi: nata come luogo di culto per la liturgia in rito greco, venne ampliata nel 1400 con due portali in stile gotico-siculo-chiaramontano, elementi che ancora oggi ne impreziosiscono la semplice facciata a capanna.

All’interno, custodisce veri e propri tesori artistici: un affresco del 1701 raffigurante il Battesimo di Cristo nel Giordano, antichi dipinti dei santi Cosma e Damiano, altari barocchi, un pulpito ligneo del Settecento, e persino le tombe di notabili locali.

La Chiesa di San Nicolò: arte, memoria e il mito de Il Padrino

La Chiesa San Nicolò a Savoca, Sicilia
Fonte: iStock
Suggestiva veduta della Chiesa San Nicolò

Affacciata su un profondo dirupo e abbracciata da un panorama che lascia senza fiato, la Chiesa di San Nicolò è uno dei luoghi simbolo di Savoca, tanto da essere conosciuta nel mondo per aver fatto da sfondo a una delle scene più celebri del film Il Padrino. È proprio sulla sua scalinata che Michael Corleone esce dalla chiesa al fianco di Apollonia, nel giorno delle nozze. Ma questa chiesa, ben prima del cinema, era già parte del tessuto più profondo della storia savocese.

Viene costruita nel XIII secolo con forme sobrie e affreschi in stile bizantino. Solo nel Seicento, dopo un rimaneggiamento importante, assume l’impianto architettonico che possiamo ammirare: una struttura maestosa ma austera, con linee che richiamano una fortezza. La facciata, scandita da poderose parastre e suddivisa in due ordini, è sormontata da un parapetto merlato che la rende unica. Al centro, spicca un raffinato busto marmoreo quattrocentesco di Santa Lucia, che osserva con sguardo fermo il viavai discreto del borgo. Accanto, svetta la torre campanaria, arricchita da un orologio.

All’interno, si aprono eleganti tre navate, separate da colonne di granito con capitelli scolpiti, e impreziosite da altari marmorei di grande pregio. Ma il vero tesoro è la raccolta di opere d’arte salvate dalle chiese crollate per frane nel corso dei secoli. Tra queste, spiccano la tavola trecentesca di San Michele Arcangelo, una tela di Gaspare Camarda del 1623 raffigurante la Madonna del Parto, un simulacro in argento di Santa Lucia realizzato nel 1666, e una statua lignea di San Vincenzo Ferreri, scolpita nella seconda metà del Settecento da Filippo Quattrocchi.

Non meno significativa è la cripta, visibile solo in parte a causa del crollo avvenuto nel 1943, ma che per secoli ha accolto le spoglie dei savocesi più umili. Sotto la piazzetta antistante, infatti, esistono ancora ossari nascosti, memoria tangibile del legame profondo tra la chiesa e la vita quotidiana della comunità.

La Chiesa Madre Maria Assunta in Cielo, cuore spirituale del borgo

C’è un punto in Savoca in cui lo sguardo si alza e si ferma, ammirato, sulla solenne facciata della Chiesa Madre Maria Assunta in Cielo, l’edificio sacro più importante del borgo, la matrice che vanta secoli di fede, arte e memoria. La sua origine risale al 1130, quando venne edificata su una struttura preesistente. Da allora ha resistito al tempo, divenendo Monumento Nazionale.

All’esterno, la facciata a doppio spiovente è ritmata da tre portali, il centrale dei quali, decorato con motivi fogliacei in stile rinascimentale, spicca per la sua eleganza. Ma è l’imponente campanile a catturare l’attenzione, con le finestre monofore del Quattrocento e un orologio rarissimo, che tuttora segna il tempo secondo l’antica Hora Italica.

L’interno è pura armonia architettonica: tre navate, colonne monolitiche, capitelli romanici finemente scolpiti. Sette altari impreziosiscono l’ambiente, tra cui l’altare maggiore in marmo, datato 1795. Tutt’intorno, un susseguirsi di affreschi medievali, pitture cinquecentesche, il magnifico soffitto a capriate lignee e la presenza storica della cattedra dell’Archimandrita di Messina.

Convento e Cripta dei Cappuccini, silenzio e memoria

Sopra un colle che veglia l’intero abitato, da non perdere è il Convento dei Cappuccini che, costruito tra il 1603 e il 1614, conserva la struttura originale: al piano terra si trovavano la biblioteca, il refettorio e la cucina, mentre al piano superiore le venti celle ospitavano i frati. Il convento era autosufficiente, grazie a un ampio orto oggi trasformato in Parco comunale, e accoglie ancora alcuni affreschi secenteschi realizzati da frate Gaetano La Rosa.

Ma è nel sottosuolo, proprio sotto la piazzetta antistante la chiesa, che si nasconde la parte più suggestiva e inquieta del complesso: la Cripta dei Cappuccini: trentasette corpi mummificati, appartenenti all’aristocrazia e alla borghesia savocese, riposano in nicchie o bare aperte, vestiti con abiti d’epoca. Patrizi, notai, medici, poeti, religiosi, persino tre bambini e una nobildonna.

Accanto alla cripta, la Chiesa di San Francesco d’Assisi si presenta con una semplice facciata a capanna, un portale in pietra e un interno raccolto, dove risaltano due altari (uno in marmo, l’altro in legno) che raccontano la devozione francescana.

Palazzo Trimarchi e il Bar Vitelli, cinema e identità

Palazzo Trimarchi, celebre Bar Vitelli de Il Padrino a Savoca
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Il celebre Bar Vitelli de Il Padrino

Nel centro del paese, Palazzo Trimarchi si distingue per le linee eleganti e i balconcini in pietra intagliata. Edificio nobiliare, costruito tra la fine del Seicento e i primi del Settecento, fu una delle residenze più prestigiose dell’antica Savoca. Appartenuto all’influente famiglia dei Trimarchi, è ormai noto in tutto il mondo per un motivo che nulla ha a che fare con la nobiltà, ma tutto con la potenza del cinema.

Nel 1971, al piano terra di Palazzo Trimarchi, vennero girate alcune delle scene clou de Il Padrino. È qui che Michael Corleone si ferma per chiedere la mano di Apollonia. Ancora oggi, il piccolo locale esiste, conservato come un tempo, ed è conosciuto da tutti come il Bar Vitelli. Gli interni sono un museo informale: fotografie, cimeli, locandine, tutto racconta il legame tra Savoca e quel film entrato nella leggenda. Fermarsi qui per una granita al limone o un caffè freddo è un piccolo rito che unisce racconto e realtà, finzione e memoria.

La Chiesa del Calvario: silenzio, riti e panorami che parlano al cuore

Da vedere anche la Chiesa del Calvario, che sorge sulla cima dell’omonimo colle e domina il paesaggio con una vista indimenticabile sull’Etna, sulla costa ionica e sull’intero borgo.

La chiesa, dedicata alla Beata Vergine dei Sette Dolori e della Santa Croce, venne edificata nel XVIII secolo sui resti di un antico eremo abitato un tempo dai monaci basiliani provenienti dall’abbazia dei Santi Pietro e Paolo d’Agrò, a Casalvecchio Siculo. In questo luogo appartato, dove l’aria profuma di erbe selvatiche e di salsedine lontana, i monaci trovavano rifugio per la preghiera e la meditazione.

Nel 1735, furono i monaci Gesuiti a lasciare un’impronta forte: qui edificarono le stazioni della Via Crucis, segnando il colle con i passi della Passione. Da allora, la Chiesa del Calvario è divenuta il cuore dei riti legati alla Settimana Santa, che si svolgono con solennità e partecipazione collettiva.

Davanti alla chiesa si erge un grande arco in pietra, dall’aspetto nobile e misterioso, che si ritiene appartenesse a un’antica struttura e che oggi accoglie chi giunge fin quassù, come una soglia tra il visibile e l’invisibile.

Autore
SiViaggia.it

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