Sbarchi, aprile cancella il calo vantato dal governo: +35% sul 2024. Nell’hotspot di Lampedusa quasi mille persone
- Postato il 2 maggio 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
“Una diminuzione degli sbarchi del 30 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024″, aveva detto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi il 10 aprile parlando di una conferma del trend innescato già l’anno scorso, con il 60% di arrivi in meno rispetto al 2023 “per merito di una miriade di accordi internazionali”, aveva precisato. Parole che appena due settimane dopo non avrebbe più pronunciato, perché gli arrivi via mare sono aumentati, con più di 1800 sbarchi solo nell’ultima settimana di aprile, mese che si chiude con 6.400 arrivi, più 35% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, quando erano stati 4.721. Per un totale di 15.543 sbarchi nel 2025, che quasi pareggiano i 16mila del primo quadrimestre dell’anno scorso.
Il 29 aprile a Lampedusa, l’hotspot di Contrada Imbriacola è arrivato a registrare 935 ospiti, con l’immediato trasferimento disposto per 265 persone verso Porto Empedocle. Bangladesi, pakistani, egiziani, etiopi, sudanesi, somali e nigeriani tra le nazionalità sbarcate, con partenze principalmente dai porti libici e soccorsi operati per lo più dalle motovedette della guardia costiera. Al primo posto per numero di arrivi via mare si confermano i cittadini del Bangladesh, con 5.796 sbarchi al 30 di aprile. Mentre al secondo posto sono ora gli eritrei, con 1.748 sbarchi, più che triplicati rispetto ai 510 al 31 marzo. Nel 2024, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha contato oltre 683.000 rifugiati e richiedenti asilo registrati provenienti dall’Eritrea, frutto di decenni di guerra e di uno dei regimi più repressivi al mondo. L’anno scorso Freedom House ha classificato la protezione delle libertà civili in Eritrea alla pari con quella della Corea del Nord. Tanto che, nonostante sia illegale lasciare il paese senza un visto, che è praticamente impossibile da ottenere, l’esodo continua e si calcola che un terzo della popolazione viva fuori dai confini eritrei. Molti fuggono in Sudan, anche per proseguire sulla rotta del Mediterraneo centrale attraverso la Libia, non senza subire omicidi, torture, schiavitù, violenze sessuali, detenzione arbitraria e altre forme di abusi.
Nella classifica degli sbarchi stilata dal Viminale seguono Pakistan (1.675 sbarchi), Egitto (1.575), Siria (937), Etiopia (752), Sudan (564), Somalia (394), Tunisia (246) e Mali (195). Rispetto all’anno scorso, quando erano al terzo posto con 7.677 sbarchi (11,5% del totale), nel 2025 i tunisini sono appena l’1,5%. Un problema per le statistiche dei rimpatri che il governo intende migliorare. Quello con la Tunisia è l’unico accordo di riammissione che finora ha veramente funzionato. Su 5.414 persone rimpatriate nel 2024, 1.974 sono tunisini, il 36%. Mentre gli egiziani, secondi per numero di rimpatri tra le nazionalità arrivate via mare, sono stati 359 e i bangladesi, in testa alla classifica degli sbarchi, sono stati solo 73. “Abbiamo bisogno di risultati migliori sui rimpatri”, ha detto il 29 aprile nel suo intervento al Congresso del Ppe la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. “Non è possibile che solo il 20% di coloro che hanno una decisione negativa in materia di asilo lascino effettivamente l’Europa. È una percentuale troppo bassa e non riusciamo a spiegarla ai nostri cittadini. Dobbiamo fare meglio”, ha detto, rivendicando la proposta per il nuovo regolamento Ue sui rimpatri, alla quale è seguita la controversa proposta di emendamento del nuovo Patto migrazione e asilo per anticipare l’entrata in vigore delle norme che facilitano la designazione dei cosiddetti Paesi di origine sicuri, compresa la possibilità di dichiarare tali tutti i Paesi i cui cittadini hanno in Europa un tasso di accoglimento delle domande d’asilo inferiore al 5%. Motivo per cui nella lista Ue dei Paesi d’origine sicuri proposta dalla Commissione sono rientrati anche Bangladesh ed Egitto, esattamente come auspicato dall’Italia.
Scelte che, almeno politicamente, dovrebbero sostenere il governo Meloni, alle prese col fallimentare Protocollo sui centri costruiti in Albania, dove alle poche decine di richiedenti asilo, tutti finiti in Italia, si sono sostituite poche decine di irregolari in attesa di rimpatrio. Quelli effettivamente rimpatriati si conterebbero sulle dita delle mani e attualmente a Gjader ci sarebbero ancora una ventina di persone. La deputata Sara Kelany, responsabile immigrazione di Fratelli d’Italia, ricorda che “è in discussione alla Camera un decreto legge che ai centri in Albania aggiunge alla possibilità di espletare le procedure accelerate di frontiera anche la possibilità di trattenere i migranti già raggiunti da provvedimenti di espulsione come negli ordinari di Cpr”. Questo, ha chiarito, “per aumentare la possibilità di rimpatrio, perché il trattenimento è funzionale al rimpatrio“. Una affermazione che però non trova conforto nei numeri del Viminale. Il trattenimento nei cpr italiani, infatti, ha funzionato per lo più coi tunisini grazie all’accordo di riammissione che prevede un paio di charter per un’ottantina di persone a settimana. Nel 2024 sono transitati da un cpr 1.680 tunisini sul totale dei 1.974 rimpatriati. Per gli altri, dicono i dati del Viminale, il trattenimento serve a poco. Sempre per citare le principali nazionalità per numero di sbarchi, nel 2024 gli egiziani rimpatriati dopo la detenzione in un cpr sono stati 196, appena 12 i pakistani, 11 i bangladesi, un maliano.
L'articolo Sbarchi, aprile cancella il calo vantato dal governo: +35% sul 2024. Nell’hotspot di Lampedusa quasi mille persone proviene da Il Fatto Quotidiano.