Schlein riceve avviso di sfratto, Ranieri fa il gran rifiuto, Salvini e Tajani litigano sempre
- Postato il 11 giugno 2025
- Politica
- Di Blitz
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L’avviso di sfratto a Elly Schlein è cominciato ancor prima che si sapessero i risultati finali del referendum.
Già la domenica sera, quando il quorum era lontano di quasi trenta punti, nel Pd è iniziata la bagarre che ora è divampata e nessuno si cuce più la bocca.
La segretaria è nel mirino, i riformisti non hanno più remore e parlano senza timore di essere processati. Pina Picierno, che è anche vice presidente della commissione europea, non ha peli sulla lingua: “Qui è tutto sbagliato”, dice. “E’ stato fatto un enorme regalo alla destra”.
A farla breve, significa che la Schlein non stringe più nelle mani le redini del partito. Gli attacchi arrivano da dentro e da fuori. Infatti, non appena è terminato lo spoglio delle schede, si sono visti arrivare i primi fulmini su via del Nazareno, da parte del “grande amico-nemico” della prima donna dei dem.
Conte gira le spalle a Schlein

Giuseppe Conte non ha atteso un attimo o forse si. Però, subito dopo i primi strali, ha gettato la maschera e la finta alleanza creata alla vigilia del voto e nel giorno della grande manifestazione di piazza San Giovanni, è andata a farsi benedire. L’allegra foto che ritraeva i leader del fu campo largo è adesso un ricordo da dimenticare, una immagine che potrebbe creare altri screzi.
Ventiquattro ore dopo la cocente sconfitta, al di là delle finte convinzioni di Elly e del senatore Francesco Boccia che predicavano l’ottimismo, il palcoscenico mostra oggi uno scenario diverso, quello vero. Il capogruppo del Pd al Senato è finito nel mirino della maggioranza ed il più cattivo della comitiva si è lasciato prendere dall’ironia. Il “senza nome” ha sostenuto che Boccia ha un solo grande merito: quello di aver sposato Nunzia De Girolamo, una ex deputata della destra, per due legislature ministro delle politiche agricole e alimentari.
Tra i riformisti del maggior partito di opposizione c’è una forte sintonia e non si vogliono far sfuggire di mano la grande occasione. Il Pd è uscito con le ossa rotte dalla recente consultazione, ma “non tutti i mali vengono per nuocere”.
Si grida a gran voce di organìzzare un congresso o una direzione allargata di modo che ci si possa contare e decidere che cosa fare in futuro: continuare ad appoggiare la “rivoluzione a sinistra” della Schlein o tornare ai vecchi tempi quando si era progressisti, ma fino ad un certo punto?
Il sogno di quella poltrona
Si va anche alla ricerca del pelo nell’uovo per mettere all’angolo la segretaria. “Tra i papaveri del Pd non ce ne sono due che hanno votato allo stesso modo”, si ripete. Che speranze si possono avere se questo è il presente. Le carte in tavola vanno cambiate, piuttosto in fretta se non si vuole che la destra continui ad occupare per anni la poltrona di Palazzo Chigi.
Mentre la guerra a sinistra continua, la maggioranza, forte del consenso ottenuto con i referendum, cerca nuove strade molto popolari per strappare altre preferenze. Si parla di tasse, un sostantivo che fa venire l’orticaria in specie a giugno dove presentano i conti sia l’Imu che il 740.
Giorgia Meloni che ne sa una più del diavolo, dice che bisogna abbassarle, andare incontro al ceto medio che è l’asse portante di un Paese. I tre leader della destra si riuniscono, ma il denominatore comune non è ancora di moda. Matteo Salvini e Antonio Taiani non sono in sintonia. Sul fisco e sul terzo mandato, la pensano in modo diverso e toccherà alla premier smussare gli angoli.
Ma i due vice premier (della Lega e di Forza Italia) la debbono smettere di creare problemi perchè all’improvviso, proprio per questo loro atteggiamento, il consenso di oggi potrebbe mutare allontanando il sogno di guidare il Paese addirittura per due legislature.
Gli italiani, comunque, sono troppo presi dalla crisi della nazionale di calcio per badare alle risse che infuocano il Parlamento. Claudio Ranieri, il salvatore della Patria, ha risposto no ad una proposta della Federazione di dargli il prestigioso incarico di commissario tecnico degli azzurri. “Vi ringrazio, ma ho preso un impegno con la Roma. Sarebbe assurdo lasciare la “mia ” squadra dopo aver detto di si pochi giorni fa”.
La verità è che negli alti gradi del nostro football gli sgambetti sono all’ordine del giorno. Le alleanze cambiano di continuo, le decisioni tardano ad arrivare e al presidente Carlo Gravina, detto “sprofondo azzurro” si può rispondere di no. Mentre fino a qualche tempo fa allenare l’Italia era considerato un grande onore. Come cambiano i tempi!
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