Se i milanesi sopravvivono con le moto
- Postato il 6 settembre 2025
- Di Panorama
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A Milano stiamo per arrivare a quota 200 mila tra moto e motorini, record assoluto di tutti i tempi. Naturalmente questo è dovuto alle forti limitazioni e alle gabelle introdotte dal Comune per limitare la circolazione di autoveicoli. Come abbiamo scritto altre volte, i dati ci dicono che ciò non ha funzionato nonostante i costi di accesso alla città siano aumentati, tanto che l’ingresso all’area C arriva a 7,50 euro. Il che vuol dire 150 euro al mese e 1.800 l’anno. Si tratta di somme molto importanti soprattutto per chi lavora in città, guadagna stipendi medio bassi e non può abitare dove svolge la propria occupazione perché i prezzi delle case sono diventati sempre più inaccessibili.
Si è fatto di tutto per favorire i ciclisti o chi si muove col monopattino, ma anche questo, provocando notevoli disagi, in molte vie soprattutto commerciali, non ha risolto il problema. Tra l’altro, come ci informa un articolo di Gianni Santucci, pubblicato sul Corriere della Sera: «Il saldo tra moto, motorini, scooter nuovi (immatricolati) e quelli vecchi e dismessi (rottamati) è sempre positivo. Da vent’anni. Più 6.200 nel 2024, più 5.500 nel 2023, più 5.100 nel 2022…Lo slittamento si può quantificare in maniera accurata: nel 2014, i veicoli a due ruote immatricolati a Milano erano circa 157 mila, nel 2024 sono arrivati a quasi 197 mila: 40 mila in più. Se si considera un arco di vent’anni, il numero totale è quasi raddoppiato».
Una domanda che non possiamo non porci è se questo incremento non sia un fattore di inquinamento importante. Uno studio pubblicato da True si basa sulla misurazione di NOx (ossidi di carbonio), CO (monossido di carbonio) e particolato di 180 mila veicoli (dai ciclomotori agli autobus) transitati nell’agosto del 2018 sotto tre stazioni di rilevamento dislocate nel centro di Parigi. Per la categoria L (che comprende ciclomotori e motorini), la ricerca ricorda come rilevazioni nella regione parigina del 2015 abbiano registrato che con il 7 per cento del traffico chilometrico le due ruote abbiano prodotto il 46 per cento delle emissioni di HC, gli idrocarburi incombusti.
Nei test dell’agosto 2018, le emissioni di monossido di carbonio per chilometro di questi mezzi sono state superiori a quelle medie di un’auto a benzina e fino a 6 volte superiori nel caso degli ossidi di azoto NOx. Questi sono dati rilevati a Parigi, ma non cambiano per Milano e una rilevazione non potrebbe che confermarli, visto il numero di mezzi a motore su due ruote presenti (che sta raggiungendo, lo ricordiamo, le 200 mila unità) certamente sarebbe in linea con quella condotta in Francia.
Ora, è evidente che per tutte le regole che abbiamo detto, e a cui dobbiamo aggiungere i parcheggi a pagamento, costi alle stelle di quelli privati e l’elevatissimo numero di multe, hanno indotto uno spostamento a favore delle due ruote rispetto alle quattro per evitare queste problematiche sempre più pesanti sulle tasche di coloro che vengono a Milano per lavoro, in via principale, e per altro in via molto secondaria.
L’uso dell’auto avviene soprattutto nel fine settimana perché non è per motivi lavorativi e molto del traffico non è indirizzato verso Milano ma verso altre mete certamente meno costose. Ovviamente stiamo parlando di questioni che riguardano la popolazione del ceto medio basso e non quella abbiente, per la quale questi costi sono praticamente inconsistenti. Questa considerazione non è assolutamente secondaria perché è troppo facile mettere in atto politiche ambientali che non tengano conto dell’impatto economico sui ceti più poveri. Di fatto, per loro queste sono ulteriori tasse e comunque prelievi dai loro redditi che già fanno fatica a sostenere le spese di base.
Lo abbiamo visto per l’area C, ma il costo dei parcheggi non è da meno. Considerando l’accesso alla cerchia cittadina come una tassa, perché tale è, e considerando che, magari, i suoi proventi sono stati usati per costruire piste ciclabili, allora siamo davvero di fronte a un utilizzo improprio, visto che questo tipo di provvedimenti non ha prodotto gli effetti per cui l’imposta è stata introdotta. Dunque siamo davanti a una questione fiscale che mostra l’iniquità del prelievo stesso. Su uno stipendio che varia tra i 1.300 e i 1.600 euro, 150 euro al mese sono il 10 per cento della busta paga. Ditemi voi se questa può considerarsi giustizia contributiva. Certamente no, perché ognuno è tenuto a pagare le tasse in relazione alle proprie possibilità secondo i principi di progressività. Questo vale anche quando si mettono in atto politiche ambientali, in sé condivisibili, ma che diventano non condivisibili quando per la ricerca di un diritto, quello a un’aria salubre, si lede un altro diritto, quello di pagare le imposte nella misura in cui si può.
Ciò conferma che quando si attuano politiche per il traffico, soprattutto contro l’inquinamento atmosferico e per il suo auspicato calo, occorre sempre tener presente tutti i fattori e non concentrarsi, in modo ideologico, e anche propagandistico, su alcuni di essi. E i dati della ricerca sopra citata fanno molto riflettere sull’efficacia delle politiche adottate.