“Se il cavalcavia passa di qui devo lasciare a casa 10 persone”: effetto ferrovia a monte sulla Piana, parlano gli imprenditori ingauni
- Postato il 11 ottobre 2025
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- Di Il Vostro Giornale
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Albenga. Da qualche settimana è partita la Conferenza dei Servizi per il raddoppio ferroviario Finale-Andora, passaggio propedeutico alla futura realizzazione dell’opera da circa 2 miliardi di euro.
Un progetto enorme, che interessa in modo particolare la Piana albenganese e che, al di là del tracciato ferroviario in sé, solleva le preoccupazioni di diversi imprenditori locali per le opere complementari previste, come il nuovo cavalcavia che dovrebbe attraversare Regione Rapalline, ma anche – come vedremo – Regione Oliveto.

Come IVG abbiamo scelto di fare tappa nei luoghi dove – secondo il progetto attuale – dovrebbero sorgere alcune delle opere collegate allo spostamento della ferrovia da Albenga alla frazione di Bastia, a circa sei chilometri dall’attuale stazione. Un viaggio tra i campi e le aziende della Piana ingauna, per raccogliere le voci e le preoccupazioni di chi vive ogni giorno le ricadute concrete delle scelte progettuali.
Il nuovo cavalcavia “piazzato” all’ingresso di un’azienda agricola albenganese
“Mi blocca l’ingresso all’azienda, così non posso più lavorare”. A parlare è Stefano Damiano, titolare insieme alla sorella della storica azienda agricola albenganese Damiano Mario e Figli.
Per l’impresa di Damiano, la realizzazione di un’opera complementare al raddoppio, in questo caso una strada, comprometterebbe di fatto l’accesso all’azienda: “La ferrovia in sé non mi tocca – spiega – ma le opere annesse, ovvero il cavalcavia che passerà al di sopra della ferrovia e dell’attuale autostrada, mi mangiano una porzione di terra che è il mio ingresso. Mi blocca l’accesso ai ramblè per caricare i camion e, in poche parole, mi blocca l’azienda, perché proprio dove siamo ora ci sarà un terrapieno di quattro metri su cui passerà la nuova strada”.
Damiano racconta di aver già cercato più volte un confronto con Ferrovie dello Stato: “Abbiamo provato più e più volte a contattarli. Ora che ci sono le osservazioni speriamo che ci diano ascolto per trovare una soluzione migliore”.
Un primo confronto con RFI potrebbe avvenire già la prossima settimana (il 14 ottobre il Commissario Straordinario Vincenzo Macello sarà presente in Comune ad Albenga), ma la situazione per l’azienda di Damiano è molto più delicata: “Noi abbiamo dieci dipendenti, ma se mi tolgono l’accesso all’azienda non posso lavorare in nessun modo. Se mi tocca chiudere, devo lasciare a casa dieci persone”.
Secondo l’imprenditore ingauno, tuttavia, potrebbe esistere una soluzione alternativa per scongiurare lo scenario peggiore: “La strada oggi passa tra me e un’altra piccola azienda. L’idea migliore sarebbe farla passare più in là: non per togliere terra a qualcun altro, ma perché così si eviterebbe di colpire me e altre tre aziende. Di là si prenderebbe solo un piccolo angolo di un’altra impresa, e poi sarebbero tutti terreni di proprietà di Autostrade, vuoti e che oggi si riempiono solo d’erba”.

Amara la riflessione dell’imprenditore ingauno sul destino del comparto agricolo: “Albenga vive molto di agricoltura, un settore già messo in ginocchio dai cambiamenti climatici e dalle grandi distribuzioni che ci riducono sempre più i margini. Se ci mettono in difficoltà anche queste opere, significa che l’agricoltura è destinata a scomparire”.
Tre metri di viadotto davanti al terrazzo di una casa e di un’azienda albenganese
“Viviamo in un incubo, ma le soluzioni si possono trovare”. A condividere le stesse preoccupazioni di Damiano è Enzo Barone, floricoltore albenganese.
“Un cavalcavia come quello previsto ci blocca – racconta –. Noi qui lavoriamo con i camion, ma si parla di un’opera gigantesca, un ponte enorme che già dall’imbocco di casa mia sarà alto tre metri o più. Io non ho più sbocco per i camion, e qui ci lavoro ogni giorno”.
Anche per Barone il rischio è più che concreto: “La chiusura dell’azienda? Spero di no, ma la situazione qui è difficile. Dovrei realizzare un’altra entrata, ma non so nemmeno se ci sarà spazio, né se ci verrà concesso. Viviamo in un incubo. Io qui lavoro con i bilici, e un bilico non è una macchina: serve spazio, servono accessi sicuri”.

Anche in questo caso, Barone spera si possa trovare una soluzione di compromesso: “Io non sono un tecnico, sono un agricoltore. Non spetta a me trovare le soluzioni, ma credo che volendo si possano trovare. Lo spazio è enorme: si può stringere da una parte o dall’altra, o magari sfruttare l’attuale ponte che già esiste. Insomma, con un po’ di buona volontà, una soluzione si trova”.
Le voci di Damiano e Barone raccontano bene le preoccupazioni di un territorio, quello ingauno, che teme di pagare un prezzo alto per un’opera pensata sì per migliorare la mobilità e i servizi, ma che comunque rischia di compromettere il lavoro di alcune aziende che rappresentano il fiore all’occhiello dell’economia albenganese.