Sentenza ferrea per l’omicidio della vigilessa Sofia Stefani: ergastolo per l’ex comandante Giampiero Gualandi
- Postato il 21 novembre 2025
- Di Panorama
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A Bologna si è concluso il processo di primo grado per l’assassinio di Sofia Stefani, la vigilessa di 33 anni uccisa il 16 maggio 2024 negli uffici della polizia locale di Anzola dell’Emilia. La Corte d’Assise ha condannato l’ex comandante Giampiero Gualandi, 64 anni, all’ergastolo per omicidio volontario aggravato dal legame affettivo. Esclusi invece come aggravante i futili motivi
Una relazione pericolosa dal tragico epilogo
La vicenda è una matassa emotiva che vede intrecciarsi passione, potere e manipolazione. Gualandi e Stefani avevano una relazione extraconiugale, confermata anche dalla mole di messaggi di chat presentata agli atti, che la difesa ha voluto descrivere come un legame più profondo di un mero rapporto erotico. Secondo i legali, termini come “amore” compaiono decine di volte nei messaggi tra i due. Gli scambi descrivono una tipologia relazionale di stampo adolescenziale con un coinvolgimento emotivo-sentimentale paritetico.
Tuttavia, secondo l’accusa, questo rapporto sarebbe presto diventato un terreno di manipolazione e influenza: la procuratrice aggiunta Lucia Russo ha sostenuto con forza in aula di “feroce manipolazione professionale e sessuale” da parte dell’imputato Gualandi.

Lo sparo fatale
In merito al colpo esploso da Gualandi la difesa ha sempre parlato di un tragico incidente e non di un omicidio volontario. Secondo i legali lo sparo sarebbe partito per sbaglio durante una colluttazione tra i due, mentre l’ex comandante stava pulendo l’arma. La Corte, non avendo creduto credibile tale versione, ha accolto invece l’impostazione della Procura.
Sentenza e risarcimenti
La decisione per l’ergastolo porta a un punto fermo: per i giudici, non si è trattato di una fatalità, ma di un omicidio volontario, con una chiara responsabilità da parte di Gualandi.
Il verdetto in primo grado prevede risarcimenti ingenti per le parti civili in causa: 600.000 euro ciascuno per i genitori della vittima, 500.000 per il fidanzato e 30.000 al Comune di Anzola.
La famiglia di Sofia ha ottenuto una forma di giustizia, ma il vuoto lasciato dalla sua morte resta profondo.
Femminicidio?
Data la particolarità del caso non pochi osservatori hanno volutamente parlato di femminicidio. La testimonianza della madre di Sofia ha messo in chiaro quanto la figlia fosse una donna forte ma anche molto vulnerabile. Infatti, la vigilessa soffriva di un disturbo borderline di personalità e si sottoponeva a una cura di psicofarmaci. Sarebbe da chiedersi come sia possibile che soggetti talmente fragili e con un profilo psicologico così delicato si ritrovino a svolgere funzione di ordine pubblico dove è richiesto anche l’uso di armi da fuoco. La peculiare condizione di Sofia purtroppo non ha fatto altro che aggravare la spirale tossica nella quale si è trovata senza riuscire più a uscirne.
La Procura ha inoltre descritto Gualandi come un narcisista, manipolatore e mentitore seriale. Un individuo che, secondo l’accusa, non voleva solo avere il controllo emotivo sulla giovane, ma anche esercitare un pieno potere su di lei.
Le umane riflessioni
Questo avvenimento pone degli interrogativi e delle questioni più ampie e profonde rispetto alla mera sfera della vita professionale emotiva: le dinamiche tra i colleghi, le possibilità che una relazione sentimentale sul luogo di lavoro degeneri in una situazione fuori controllo e, le implicazioni derivanti da un rapporto affettivo disfunzionale.
Il caso di Sofia Stefani non è solo un fatto di cronaca, diventa l’ennesimo simbolo e ricettacolo di tutte queste tematiche complesse, dove adulti, colleghi e amanti si ritrovano a fronteggiare situazioni senza gli strumenti necessari per capirle, arginarle e/o evitarle.