Senza sonno, senza crescita: l’insonnia cronica pesa anche sull’economia

  • Postato il 10 luglio 2025
  • Di Panorama
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Le notti in bianco pesano fortemente anche sui “portafogli” globali, e non solo sulla salute e sull’aspettativa di vita dei singoli. Se i costi che impattano direttamente sul Servizio sanitario nazionale sono scontati, e si traducono in cure, esami e trattamenti a lungo termine per le patologie correlate all’insonnia, c’è però anche un impatto economico indiretto e subdolo che va a pesare sul Prodotto interno lordo di – praticamente – tutti i Paesi del mondo.

Lo studio internazionale The societal and economic burden of insomnia in adults del 2023, promosso dall’organizzazione di ricerca politica Rand Europe, che ha indagato la portata economica e sociale dell’insonnia cronica tra la popolazione adulta di 16 nazioni ad alto reddito – tra cui l’Italia – ha quantificato perdite economiche indirette colossali, principalmente legate alla diminuzione dell’efficienza lavorativa. Perdite che oscillano, per il Pil dei vari Paesi, tra i 19,6 miliardi di dollari all’anno per il Canada e i 170 miliardi dei 12 Paesi europei analizzati, fino ad arrivare ai 207,5 miliardi per gli Stati Uniti.

In Italia, il peso economico è stato calcolato in 16,5 miliardi annui, cioè circa lo 0,74 per cento del nostro Pil. A queste perdite si aggiungono i costi intangibili e “nascosti”, e quindi non quantificabili con calcoli matematici, legati a benessere personale e qualità della vita, stimati tra i 92 miliardi dell’Europa e i 127,1 miliardi di dollari degli Stati Uniti.

I principali indicatori utilizzati dallo studio sono stati i giorni di assenza dai posti di lavoro (tra 11 e 18 per ogni anno), la presenza “inefficace” (tra i 39 e i 45 giorni all’anno) e la perdita totale di produttività.

I ricercatori hanno quindi stimato che ridurre o eliminare l’impatto dell’insonnia sulla produttività lavorativa potrebbe far crescere il Pil nazionale di ciascun paese incluso nella ricerca fino almeno all’1,31 per cento, cioè decine di miliardi di dollari.

«I dati di questi studi possono sembrare davvero eclatanti, dato che si parla di un’incidenza molto importante sul Prodotto interno lordo. Significa che i disturbi del sonno hanno un peso economico paragonabile a quello di patologie croniche ben più note e visibili» ammette il professor Patrizio Armeni della SDA Bocconi School of Management. «In verità, non dobbiamo stupirci di questi numeri, perché è normale che il sistema produttivo soffra del fatto che molte persone non si trovino nel pieno delle proprie facoltà lavorative, mentali e comportamentali. E anche la perdita di qualità della vita ha un importante valore economico: quindi non è affatto strano che l’insonnia “costi” moltissimo, anzi».

Fenomeno forse ancora più insidioso delle assenze sul lavoro è quello del “presenteismo”, cioè la condizione in cui il lavoratore è fisicamente presente, ma di fatto improduttivo. Un fantasma che si aggira in ufficio, incapace di concentrarsi proprio perché in carenza di sonno e riposo. «Chi dorme male si ritrova durante il giorno in uno stato di torpore, con conseguenze che si riversano su tutta la giornata» spiega il professor Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia. «Aumentano infatti gli errori, che pesano in maniera ingente non solo sull’economia delle aziende ma anche sulla popolazione tutta: basti pensare ai medici, che magari arrivano già stanchi in ospedale perché hanno dormito male o addirittura non hanno chiuso occhio, e devono prendere decisioni importantissime per la vita altrui. E aumentano anche gli incidenti sul lavoro: tutto ciò ha un rilievo economico importante».

Attenzione, però, perché il presenteismo non è solo un problema per le imprese: è un cane che si morde la coda, con un effetto domino che parte dal singolo, passa dal luogo di lavoro e finisce per incidere anche sul tessuto sociale. «Apparentemente il problema è solo tuo, perché non dormi e quindi stai male» continua Armeni. «In realtà, la tua insonnia può essere il trampolino per una serie di altre problematiche, e in una società con un livello di risorse scarso – e che verosimilmente non aumenterà – è fondamentale intercettare tutte le possibili condizioni “pivotali”, cioè quelle che da sole sono in grado di scatenarne altre a cascata. Perché se riusciamo a controllare le prime, avremo una minore incidenza delle seconde. Poi è ovvio che non spariranno i tumori, né le malattie cardiovascolari o quelle neurodegenerative (e quindi tutte le ripercussioni economiche legate a queste patologie) solo curando l’insonnia, ma avremo fattori di rischio in meno».

E questo, sul filo del rasoio – economico e sociale – sul quale ci troviamo a camminare, può fare davvero la differenza.

Autore
Panorama

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