Sessanta anni fa l’unica tournée dei Beatles in Italia, dove suonarono e come vennero accolti dal pubblico
- Postato il 27 giugno 2025
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- Di Blitz
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Sessanta anni fa i Beatles sbarcarono in Italia per la loro prima e unica tournée italiana. L’approfondimento di oggi è dedicato al racconto di quei giorni. Che reazione suscitò l’arrivo della più grande band musicale della storia?
Il pomeriggio del 24 giugno 1965, i quattro di Liverpool salirono sul palco allestito al centro del Velodromo Vigorelli a Milano per la loro prima data italiana. Suonarono per una mezz’oretta quel pomeriggio e un’altra mezz’ora la sera. Scaletta snella con 12 classici: Twist and shout, She’s a woman, I’m a loser, Can’t buy me love, Baby’s in black, I wanna be your man, A hard day’s night, Everybody’s trying to be my baby, Rock and roll music, I feel fine, Ticket to ride e Long tall Sally.
A Milano i Beatles suonarono complessivamente per 26 mila persone: 7 mila il pomeriggio e 19 mila la sera, ben lontani dal tutto esaurito. Queste cifre raccontano la storia di un’accoglienza piuttosto tiepida, almeno a Milano, per la band che la storia consacrerà come la numero 1 di tutti i tempi.
La tournée proseguì a Genova (26 giugno, una esibizione pomeridiana e una serale) e a Roma dove le date furono due, 27 e 28 giugno, anche in questo caso con due concerti, uno pomeridiano e uno serale. A Roma l’accoglienza fu più calorosa e all’entrata dell’allora teatro (oggi è un cinema) Adriano di piazza Cavour, si formò una calca con alcuni spettatori che finirono a terra.
Chi erano i Beatles nel 1965
Nel 1965 i Bealtes avevano già 9 45 giri da numero 1, 4 album all’attivo (Please please me, With the Beatles, A hard day’s night e Beatles for sale) e un film (A hard day’s night, Tutti per uno in Italia). Esattamente 10 giorni prima del Vigorelli, il 14 giugno, i quattro (soprattutto McCartney a onor del vero) incisero negli Abbey Road Studios la versione definitiva di Yesterday.
Da un anno e mezzo gli Stati Uniti erano ai loro piedi e dal 28 di agosto del 1964 la marijuana era entrata nelle loro vite grazie a Bob Dylan che gliela aveva fatta provare a New York. I Beatles cominciarono in quell’anno ad approfondire il tema della droga che nella primavera del ’65 li portò a provare l’Lsd. Tutta questa sperimentazione chimica si rifletteva sulla loro produzione musicale: dal dicembre ’64 al dicembre ’65 i Beatles pubblicarono 3 album (Beatles for sale, Help e Rubber Soul) che segnarono un vero e proprio percorso evolutivo che li porterà poi alla sperimentazione vera e propria che comincerà nel 1966 con Revolver e poi con Sgt. Pepper’s nel ’67.
Nell’Italia del 1965, la beatlemania era esplosa tra i giovani. Dal punto di vista musicale però, eravamo la provincia dell’impero. Qualche anno dopo sarà diverso, dato che anche l’Italia si affaccerà sulla scena musicale mondiale rock con l’esplosione del progressive. Ma questa è un’altra storia.

I quattro conquistarono comunque spazi sulle riviste dell’epoca che li descrisse più come un fenomeno di costume che come musicisti. Anche le scene di urla e delirio ai loro concerti apparirono più come un esercizio di emulazione di ciò che accadeva al di là delle Alpi.
I loro concerti, in Italia come altrove, duravano tra i 27 e i 31 minuti a seconda della velocità con cui eseguivano e dalla fretta che avevano di finire e scappare. Nella scaletta del 1965 non ci sono le canzoni che iniziavano a essere prodotte dai Beatles più creativi, quelle che qualche anno dopo saranno impossibili da riprodurre dal vivo e che li porterà, dall’agosto del 1966, a smettere di fare tournée.
I Beatles erano comunque degli animali da palcoscenico. Si erano formati sfiancandosi per ore sul palco del mitico Star Club di Amburgo. Lo stesso luogo in cui a farsi le ossa furono molti gruppi britannici dell’epoca. Pochi soldi, tante anfetamine e una sola missione: far ballare il pubblico.
Il racconto di Carlo Verdone
L’attore e regista romano Carlo Verdone era al concerto all’Adriano insieme al padre. Su Repubblica, nei giorni scorsi ha raccontato il concerto: la calca, le urla del pubblico, le camionette dei Carabinieri in piazza con gli idranti in caso di incidenti.
C’è però un particolare, potremmo dire tutto italiano, nel racconto dell’attore: il tentato furto del cappello di John Lennon. Queste le parole di Verdone a Repubblica: “D’un tratto, un tizio dalla platea monta sul palco, tenta di rubare il berretto a John Lennon. Lui si spaventa, butta a terra la chitarra e scappa. Gli altri tre lo seguono. La canzone resta a metà. Il tizio accanto a me urla: ‘Mort… era un brano nuovo!’. L’invasore viene bloccato sul palco dal servizio d’ordine, altri salgono per menarlo, perché ha rovinato la canzone nuova. Succede un parapiglia. Una cosa terribile. Dietro di me qualcuno dice: ‘In questo Paese c’è sempre uno str… che rovina tutto. Siamo al terzo mondo'”.
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