Siamo davvero così gentili? La nuova classifica europea dice di no

  • Postato il 11 novembre 2025
  • Di Panorama
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La gentilezza esiste ancora, e non come quell’astrazione zuccherosa buona solo per le giornate mondiali. È concreta, quotidiana, quasi sorprendente nella sua tenacia. In tutta Europa, secondo la ricerca “The State of Kindness in Europe” realizzata da Sanrio con YouGov, il 94% delle persone compie almeno un gesto gentile al giorno. Una cifra enorme in un tempo dominato dall’iperconnessione e dal rumore costante del dibattito pubblico. Ma nell’istantanea continentale, l’Italia si ritrova in un punto insolito: non più tra i Paesi più caldi e ospitali, bensì in coda alla classifica della gentilezza “agita”.

È il dato che stupisce di più: solo il 69% degli italiani dichiara di aver vissuto un gesto gentile nell’ultima settimana, contro il 76% degli spagnoli – oggi veri campioni europei – e il 71% del Regno Unito.

Il paradosso italiano

Eppure, la fotografia del nostro Paese è molto meno negativa di come potrebbe sembrare. Perché se l’Italia fatica nei gesti concreti (30% vs il 50% della media UE5), eccelle invece nella dimensione emotiva: ascolto, empatia, presenza. È nella relazione che gli italiani ritrovano il senso della gentilezza.

Per metà del campione, essere gentili migliora l’umore e l’intera giornata; per il 35% porta calma e pace; per il 34% gratitudine. È il cosiddetto warm-glow effect: la sensazione di benessere che nasce dal fare qualcosa di buono. E infatti i gesti tipici del “modo italiano” sono quelli che richiedono un coinvolgimento umano diretto: fare complimenti (55%), offrire supporto nei momenti difficili (54%), chiedere “Come stai?” (53%).

Le donne risultano le più attente al lato emotivo: il 64% di loro dichiara di praticare ascolto senza giudizio, abbracci, conforto.

Famiglia, amici, anziani: dove si posa la gentilezza

Interessante il dato sulla destinazione dei gesti gentili. In Italia famiglia e amici si equivalgono (43%), anche se – sorprendentemente – il nostro Paese è quello che dedica meno attenzioni alla famiglia rispetto alla media europea (54%). Una distanza che racconta un cambiamento culturale: meno formalità, più rete relazionale ampia.

Gli anziani restano però una priorità sentimentale: il 30% degli italiani fa loro più attenzione, riconoscendone il valore e il ruolo educativo. Un dettaglio che ci distingue e ci allinea al dato europeo (32%) confermando quanto il dialogo intergenerazionale resti un tratto identitario.

I più giovani invece puntano sui partner: 33% nella fascia 18-34 anni, 32% in quella 35-44. La gentilezza come linguaggio di coppia, insomma.

Gentilezza 2.0: l’Italia controcorrente sui social

l dato forse più inatteso riguarda il digitale, il luogo dove ci si aspetta esattamente il contrario. In un ecosistema dominato da polemiche continue, commenti velenosi e algoritmi che premiano il conflitto, il 28% degli italiani dichiara invece di praticare gesti gentili online: messaggi di incoraggiamento, risposte di sostegno, complimenti sinceri, interventi pacati dentro discussioni spesso infuocate. Un comportamento che ribalta lo stereotipo del web come terreno di sfogo e mostra un’Italia che, proprio negli spazi più esposti all’ostilità, prova a riportare equilibrio emotivo.

È un fenomeno che risalta ancora di più se confrontato con la diffusione dell’hate speech, ormai strutturale: dietro quell’apparente rumore di fondo esiste una minoranza silenziosa, ma attiva, che usa i social come estensione della propria gentilezza quotidiana. Non un gesto eroico, ma una scelta consapevole: presidiare il digitale come ambiente relazionale e non solo come campo di battaglia.

La gentilezza digitale, fotografata dalla ricerca, racconta anche un bisogno crescente: trovare online gli stessi spazi di riconoscimento e connessione che nella vita offline sembrano sempre più fragili. Un tentativo di trasformare piattaforme spesso percepite come ostili in luoghi dove la parola “cura” non suona fuori posto.

Hello Kitty, ambasciatrice di soft power gentile

La ricerca si inserisce in un contesto culturale che Sanrio presidia da sempre. Hello Kitty, nata nel 1974, è oggi un’icona globale della cultura kawaii, ma anche – come ricorda l’azienda – un vero strumento di soft power giapponese, capace di veicolare valori universali senza bisogno di parole: amicizia, rispetto, empatia.

«Hello Kitty è la nostra ambasciatrice di gentilezza e amicizia», ha spiegato Silvia Figini, COO di Sanrio (EMEA, India, Oceania). E in occasione della Settimana della Gentilezza arriva la campagna “Hello Kitty, Hello Kindness”, attiva in Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna, pensata per riportare l’attenzione sui gesti piccoli ma trasformativi.

Una missione che in cinquant’anni di storia ha attraversato generazioni, parchi a tema, collaborazioni pop, prodotti lifestyle e persino iniziative civiche in Giappone. Una strategia culturale che oggi trova nuova forza nei dati: la gentilezza c’è, è viva, è distribuita. Serve solo coltivarla.

La ricerca chiude con un segnale di speranza: sempre più persone pensano che la gentilezza sia contagiosa. In Germania lo crede il 30% degli intervistati, in Italia il 24%, nel Regno Unito il 23%. Numeri modesti, ma essenziali. Perché parlano della possibilità di un effetto virtuoso, di una cultura che non ha bisogno di proclami, ma solo di essere replicata.

Una gentilezza piccola, quotidiana, alla portata di tutti. Proprio come Hello Kitty.

Autore
Panorama

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