Silenzio fuori ordinanza: TikTok rilancia quelle note di dolore, ricordo di una strage
- Postato il 3 agosto 2025
- Cronaca
- Di Blitz
- 1 Visualizzazioni

TikTok mi manda di frequente le tante versioni del Silenzio fuori ordinanza. È una versione malinconica e struggente del quotidiano silenzio.
Lo rese popolare Nini Rosso negli anni ‘60. Lo ballavamo nelle serate sulla spiaggia di Bonassola, prodromo di sogni e baci furtivi.
Finché un giorno l’emozionante rivelazione, che quella non era una canzonetta ballabile ma un suono di dolore e di morte.
Ero in una chiesa a Savona, al funerale di tredici soldati morti sulla spiaggia di Bergeggi nel camion ribaltato mentre andava verso ponente. Era il 13 luglio 1967.
Un ricordo indelebile. Un brivido e una lacrima a quelle note davanti a quelle bare, coperte dal tricolore, allineate nel duomo di Savona pieno di gente, mentre suonava il Silenzio fuori ordinanza.
Ero arrivato a Savona da Genova la sera prima in circostanze fortuite e fortunate. L’episodio è impresso nella mia memoria non solo per la scena nella chiesa ma anche per il precedente della sera prima, testimonianza della eterna lotta fra bene e male che sempre è in noi, in questo caso sotto l’apparenza di lotta fra dovere e pigrizia.
Ero nel mio ufficio nella redazione dell’agenzia Ansa di Genova quando arrivò la notizia dell’incidente, verso le 17. Sarei dovuto scattare subito e partire per Savona ma esitai, non ne avevo voglia. Proprio quella sera, una bellissima sera d’estate, dovevo uscire con una ragazza, una rara serata libera per l’unico 22enne redattore in organico allora.
Ma dopo il primo flash dell’incidente, il numero dei morti cresceva. Alla fine dovetti annullare l’appuntamento e partire. Fui fortunato. Mentre mi districavo nel traffico di una sera di luglio in Riviera, fui superato da una macchina dei carabinieri a sirene spiegate. Riconobbi l’ufficiale seduto dietro, era il colonnello Vallosio, comandante (ora c’è un generale) della Legione Liguria. Mi accodai e arrivai a Savona in pochi minuti.
Le note del Silenzio al funerale

Quella che segue è la cronaca del funerale scritta per la Stampa da Giorgio Martinat, pubblicata il 16 luglio.
Tutta Savona ha reso omaggio ai tredici soldati morti a Bergeggi.
Sotto il sole a picco, in un silenzio impressionante, scandito dai lenti rintocchi del « campanasso » della torre del Priamar, trentamila persone hanno fatto ala questa mattina al passaggio delle tredici bare dei soldati morti nella sciagura di Bergeggi. Un addio corale, indimenticabile: piazze coperte di fiori, trasformate in giardini; gente ai balconi, lungo le strade, occhi lucidi di commozione. Tutti i negozi hanno abbassato le saracinesche alle 10, al primo rintocco della campana; le strade del centro erano chiuse al traffico, con i marciapiedi gremiti. La vita di questa città di 80 mila abitanti, per due ore, è rimasta sospesa, in un reverente atto d’addio. In piazza Sisto IV, la facciata del Municipio è coperta di fiori: 102 corone. Accanto a quelle del Presidente della Repubblica, che è stata portata da due corazzieri in divisa bianca, e del Presidente del Consiglio, ci sono quelle di tutti i partiti politici, enti e organizzazioni di Savona: ne hanno mandate perfino i girovaghi del Luna Park e gli operai della Servettaz-Basevi che occupano la fabbrica dichiarata fallita un mese fa.
Al centro della piazza sono allineati sette autocarri militari, anche questi coperti di fiori. Si sono schierate, con un rullo cupo di tamburi, la fanfara 3611*89″ reggimento fanteria e una compagnia di formazione: le divise kaki dei fanti e dei carabinieri accanto a quelle candide dei marinai e a quelle verdi dei finanzieri. Alle 10, quando risuona il primo rintocco del « campanasso » le bare vengono caricate sgli autocarri. Il corteo muove lento: dietro i feretri ci sono i familiari, poi il gruppo delle autorità. Da Roma è giunto in aereo fino a Genova e in elicottero a Savona il ministro della Difesa, on. Tremelloni. Il Presidente della Repubblica è rappresentato dal generale di divisione Mino; il Parlamento dal sen. Pertini, l’esercito dal capo di Stato Maggiore gen. Vedovato, dal gen. Cassoni, comandante la regione militare nord-ovest e dal gen. Ciravegna dei carabinieri. C’è il sindaco Benedetto Martinengo, assessori e consiglieri comunali, autorità civili. Dietro, una selva di stendardi e gonfaloni di comuni della Riviera, di associazioni d’arma e di ex combattenti, di sindacati, poi le reclute del Car al comando dei loro ufficiali. Il corteo si snoda per le vie del centro, sulla cadenza della marcia funebre intonata dalla fanfara militare. Nella cattedrale, la Messa di suffragio è celebrata dal vescovo mons. Giovanni Battista Parodi, dopo la lettura di un telegramma della segreteria vaticana che reca le condoglianze, la benedizione e parole di conforto di Paolo VI.
13 feretri con le bandiere
Dice il Vescovo: « Sentiamo vivo il bisogno di esprimere un sentimento di profonda e sincera partecipazione a questo grande dolore: al dolore delle famiglie e a quello delle forze armate che hanno visto cadere così tragicamente tredici commilitoni. E’ veramente un lutto di tutta la nazione. Da esso è nata la consolazione di questa solidarietà di tutti i cittadini, di questa affettuosa partecipazione popolare. E nasce il conforto della tende, che ci assicura che dolore, sacrificio e morte non sono vani. « Nella luce della speranza cristiana, preghiamo per i Caduti, per i loro familiari, per le Forze Armate e per la Patria nostra». Poi mons. Parodi avanza verso i tredici feretri, allineati a terra davanti all’aitar maggiore, tra i carabinieri in alta uniforme irrigiditi sull’attenti, e impartisce la benedizione.
lì corteo muove di nuovo per le strade gremite di folla, nella luce meridiana, accecante dopo la penombra della cattedrale. Non si ode una voce, un bisbiglio: solo i lenti rintocchi della campana, un po’ ovattati, lontani, nell’aria sempre più pesante ed afosa. Nell’ampia piazza Mameli, at- tendono migliaia di persone, stipate dietro le truppe inquadrate. Su un lato, hanno portato tutte le corone, sembra che sul cemento sia fiorito all’improvviso un giardino. I rintocchi della campana Si fanno più lenti, cessano. Ora il silenzio è immenso, i camion con le bare sono fermi nel quadrato di truppe. Dalla fanfara militare, due trombettie¬ ri fanno un passo avanti e, davanti ai feretri avvolti nel tricolore, si alzano, accorate, le note del « silenzio fuori ordinanza ». E’ l’ultimo addio a questi tredici ragazzi. La cerimonia è finita. Il ministro Tremelloni stringe la mano e porta le condoglianze del governo ai familiari, poi i sette camion si avviano lenti, fendono la folla e scompaiono. Riporteranno questi ragazzi al cimitero del loro paese. Tra qualche giorno, anche il sostituto Procuratore della Repubblica dott. Camillo Boccia, che conduce l’inchiesta sulle cause della sciagura, terminerà gli interrogatori dei testimoni. Dice: « Ho già ascoltato parecchi feriti, altri ne sentirò – lunedì. Sto per raccogliere a verbale anche le deposizioni dèi guidatori e passeggeri delle due automobili venute a collisione con l’autocarro. Per ultimo, interrogherò l’autista Prota ».
Non è prevista, almeno per il momento, l’emissione di ordini di cattura. La matassa delle responsabilità è ancora da dipanare. Sempre maggior peso acquista l’ipotesi che una delle cause della sciagura sia proprio la particolare natura del carico che l’autocarro dei vigili del fuoco, quel giorno, aveva preso a bordo. Un carico di persone: giovani esuberanti, pieni di vita. Sembra che sul cassone fossero state sistemate tre panche, sulle quali solo una parte delle trenta reclute aveva potuto sedersi. Gli altri erano rimasti in piedi, liberi e pronti a spostarsi da una sponda all’altra, secondo le attrattive del panorama.
Un carico mobile, dunque, che ha potuto compromettere la tenuta di strada dell’automezzo. Si è già detto che, probabilmente, molti di questi ragazzi si sono buttati verso la sponda sinistra proprio nel momento in cui l’autocarro, forse già sbandando lievemente, ultimava la curva destrorsa. Forse lo hanno fatto per il panorama, forse, con uno scatto collettivo, un attimo dopo che l’autocarro aveva aggangiato, di striscio, la 1100 del La Rocca, per rendersi conto di quel che era successo.
L’improvviso spostamento del centro di gravità può aver impedito all’autista Prota di riportare l’automezzo in carreggiata, ed è stata la catastrofe.
Su YouTube il Silenzio è il Silenzio fuori ordinanza
L'articolo Silenzio fuori ordinanza: TikTok rilancia quelle note di dolore, ricordo di una strage proviene da Blitz quotidiano.