Silvia Superba anti-Schlein: il nuovo volto del Pd conquista i renziani e fa tremare la segretaria

  • Postato il 11 luglio 2025
  • Di Panorama
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Franceschini, il barometro del Pd, ha in mente solo lei: «La bravissima Silvia Salis». Il nuovo Pd centrista potrebbe battere bandiera genovese. E LeggenDario, come noto, appende il cappello solo quando il chiodo è ben piantato. La Lanterna de Zena già indica la rotta. Salis è la più superba della Superba. Ma il destino potrebbe essere sorprendente: sarà lei a riunire il rissoso campo largo? Ha un padrino politico sensazionale, del resto: Matteo Renzi. Gli elettori lo scansano, ma i palazzi l’assecondano. Mentre si gode le prime audaci mosse della protetta, convoca a Genova l’assemblea nazionale di Italia Viva. «Non a caso», aggiunge sibillino.

Una centrista che conquista l’ultrasinistra a colpi di fendenti wokisti. Elly Schlein non ha speranze contro Giorgia Meloni. Ma con Silvia la partita si riapre, vagheggia Matteo. Bella, giovane, determinata. Una nuova stagione comincia. Sapore di Salis. Lei avverte: «Non ho intenzione di entrare in nessun partito. Non ne avrei neanche la necessità, sono la sindaca». Rigorosamente al femminile, tra l’altro. Mal ne incolse a chi osò chiamarla sindaco, quale intollerabile vetustà. La nuova era è persino lessicale.

Nella praticatissima disciplina del benpensantismo, la Superba è imbattibile. Primatista assoluta. Lo era nel lancio del martello, soporifera disciplina in cui ha dominato in Italia per un decennio. Ma avrebbe dominato pure nel salto con l’asta. Elly abbozza al Nazareno. Silvia si libra nei cieli genovesi. È imminente l’apertura di un ufficio comunale Lgbtqia+, con sportelli in ogni municipio. Ma è iridata anche nella lotta al patriarcato. Il figlio, Eugenio, porta orgogliosamente e solamente il cognome della madre. Franceschini, quando l’ha saputo, ha sorriso beato. La Salis giusta, perfetto antidoto della selvatica Ilaria, è bigger than life. Lo scorso marzo LeggenDario annuncia così la sua proposta di legge: bisogna dare ai figli solo il cognome della madre, per risarcire le donne della secolare ingiustizia e la discriminazione di genere. Il Paese inspiri a pieni polmoni il vento salmastro che tira a Genova. La Superba semina, l’aspirante federatore raccoglie. Nessuno ha l’intuito di Franceschini. Nasa l’ascesa di Enrico Letta e Renzi, per poi abbandonarli fischiettante ai loro destini. È il primo a sostenere Elly, ma ora è stufo del suo stucchevole movimentismo.

La mutaforme Silvia è quel che serve. «A Genova i diritti non si misurano con l’orientamento sessuale» declama. Mentre volgarotti omofobi cianciano di tunnel e metropolitane, la sindaca scrive «una pagina di storia». Benedice undici figli di coppie omogenitoriali: «Per la prima volta, due madri sono state registrate all’anagrafe comunale». Si scapicolla al gay pride: «Il Comune torna a parlare di diritti». Avanza trionfante al teatro Politeama, dove Roberto Saviano porta il suo spettacolo. Stringe la mano allo scrittore e rassicura: «Genova sarà sempre una città che protegge chi ha il coraggio di raccontare». Belin, che audacia.

Al corteo del 30 giugno per ricordare la manifestazione contro l’Msi, incede implacabile a braccetto del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini: «Le destre-destre che avanzano nel mondo portano avanti un’ideologia che pensavamo fosse sepolta». Per l’occasione, indossa la fascia tricolore: «Credo che sia molto preoccupante quando una città non si dichiara chiaramente antifascista». Landini si slaccia dal tonico avambraccio e torna ad assaltare il governo: «È in atto una deriva autoritaria: lo dimostrano l’incostituzionalità dell’autonomia differenziata, la pronuncia della cassazione sul decreto Sicurezza, l’atteggiamento di chi non vuol riconoscere i sindacati».

La sindaca è l’audace sintesi. Lo ammette lei stessa, prima dell’elezione, in un’intervista all’edizione locale di Repubblica: «Prima ero la candidata perfetta per il centrodestra, poi sono diventata la pericolosa estremista con falce e martello, poi son tornata quella con il Rolex in barca che governa per i poteri forti romani, poi ancora la sinistra che blocca le opere». Invece: «Sono madre, sono cattolica, sono moglie». Chi vi ricorda? «Sono donna, sono cristiana, sono madre» è lo storico slogan di Meloni, ripetuto in tanti comizi. Ma Salis è pure Schlein: «Nello stesso tempo, sono una persona che porta con sé idee progressiste, difende la laicità delle istituzioni e i diritti». Con una spruzzatina di Santanchè, perfino: «Sono una che cura il proprio aspetto».

Tutto. E il contrario di tutto. Perfetta per l’impresa, dunque. Nel 2023 Il Fatto Quotidiano la intervista. «Qual è l’accusa che le rivolgono maggiormente?». «Che sono una stronza». Franceschini e Renzi si fregano le mani. Chi c’è meglio di lei? Domanda retorica. Persino con i 5 stelle, informa la sindaca, ha un «ottimo rapporto». I detrattori malignano: sembra progettata in laboratorio. L’autore della travolgente sceneggiatura, aggiungono, sarebbe il regista Fausto Brizzi: già protagonista delle Leopolde renziane ai tempi in cui Matteo incantava l’Italia. Così Elly sembra già una pellicola in superotto. «Ci siamo conosciuti a una festa della federazione di atletica, perché lui praticava sport», racconta Silvia. Lei allora è la rampante vicepresidente del Coni. Lui vanta un lontano passato da centometrista, adesso ben mascherato da sopravvenuta rotondità. Si sposano nel 2020. Tre anni dopo, nasce Eugenio Salis. Ma pure al marito capita che gli venga appioppato il cognome della consorte. «A casa nostra vige già un matriarcato puro», certifica il first gentleman. La politica l’ha sempre affascinato. Grande amico di Renzi. E persino di Giovanni Toti, che gli affidò alcuni spot della Regione. Tutt’altro che un besugo, ecco. «Lo considero uno dei più bravi registi italiani, oltre che un uomo di assoluta intelligenza», certifica l’ex governatore ligure.

A Genova assicurano: Salis voleva candidarsi con l’oscurantista centrodestra. Marco Bucci, malefico sindaco di Genova tacciato di non riconoscere le coppie arcobaleno, l’aveva persino nominata «ambasciatrice della città». Peccatucci veniali. Ora la Superba non sbaglia un colpo. Persino i collaboratori sono ineccepibili. Per esempio: il suo portavoce è Lorenzo Cecioni, figlio di Concita De Gregorio, ex direttrice dell’Unità, la giornalista più intellò del Paese. In un editoriale su Repubblica, dunque, molla gli ormeggi: «Silvia Salis – che diversamente dagli altri ha gareggiato alle Olimpiadi – ha messo in campo una prestazione da atleta. Con una mentalità da atleta, intendo dire. Lo sguardo fisso all’obiettivo, la strategia e la tattica, la tenacia e l’elasticità, la concretezza di chi sa su cosa sorvolare e su cosa invece insistere».

La stima dei radicalchicchissimi è già granitica. Anche a La 7 stravedono. A partire da Lilli Gruber, ovviamente. Nel salottino di Otto e mezzo Salis parla di «destra-destra», mandando in sollucchero la conduttrice. Per non parlare di quando spiega che, in Italia, l’avversario «abbassa il livello della politica». Giovanni Floris, a diMartedì, le domanda: «Di che partito è?». E lei: «Ho votato il Pd e Italia Viva». Adesso è diverso: «La mia idea di politica è l’unione del campo progressista, anche a livello nazionale». Ma poi la Superba torna sulla supposta inferiorità culturale degli sconfitti: «La nostra classe dirigente è superiore a quella della destra. E gli elettori sono più informati e coerenti. Quelli di centrodestra sono più flessibili, diciamo». Pure un cicinin di dalemiano. Non guasta mai. Perfino The Times la celebra. E al mitico quotidiano londinese concede un altro eroico virgolettato: «Lo sport insegna a combinare la pianificazione quotidiana e a lungo termine. Ti alleni per la competizione di domani e per le prossime Olimpiadi tra quattro anni. La politica ha bisogno della stessa abilità». Serve un’atleta. Già campionessa del martello, adesso maneggia magistralmente pure la falce. Ma la specialità in cui sembra davvero imbattibile sono i tuffi. Carpiati a doppio avvitamento.

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Panorama

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