Soffoca i gemelli appena partoriti, Sara Genovese “ha preordinato di disfarsi dei neonati”. Per i pm “era capace di intendere e di volere”
- Postato il 10 ottobre 2025
- Cronaca Nera
- Di Il Fatto Quotidiano
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“La scelta di non portare a termine la gravidanza si desume dalla circostanza che la stessa non aveva rivelato né ai familiari, né alle amiche di essere incinta, evidentemente preordinando di disfarsi dei neonati in altro modo, come poi effettivamente avvenuto”. È quanto si legge nelle carte dell’inchiesta sul duplice infanticidio commesso a Reggio Calabria nel luglio 2024 da Sara Genovese, la ragazza di 25 anni arrestata dalla squadra mobile che ieri ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari, con applicazione del braccialetto elettronico, emessa dal gip Claudio Treglia su richiesta del procuratore Giuseppe Borelli e del pm Chiara Greco.
Le accuse
Nel capo di imputazione contestato dai magistrati si legge che Genovese, “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, cagionava la morte dei due neonati di sesso maschile dalla stessa partorii e nati vivi, morte sopravvenuta per asfissia, dovuta all’aver avvolto i corpi in un asciugamano che veniva poi collocato all’interno dell’armadio della camera da letto, con successiva chiusura delle ante”. Al momento del parto l’indagata era sola in casa. All’arrivo dei genitori aveva già nascosto i due neonati nel mobile della sua stanza. A causa di un’emorragia (poi rivelatasi post-partum), quindi si è recata in ospedale dove ha rifiutato la visita ginecologica sostenendo di essere vergine. Le sue condizioni, però, hanno reso necessario comunque il ricovero. Dopo qualche giorno, la madre sentendo un forte odore provenire dalla camera della ragazza ha aperto l’anta dell’armadio. A quel punto, ha visto “cadere in terra un fagotto contenente quello che riconosceva subito come il corpo di un neonato deceduto”. All’interno c’era il secondo.
Con l’accusa di favoreggiamento personale, nell’inchiesta è indagato anche Annunziato Nucera, di 31 anni, fidanzato della Genovese. Secondo gli inquirenti, infatti, Nucera avrebbe aiutato la ragazza “ad eludere le investigazioni in corso. In particolare, sentito a sommarie informazioni dal personale della Squadra Mobile, negava di essere a conoscenza che Sara Genovese fosse incinta, mentre invece consapevole di tale circostanza già dal novembre del 2023”.
Il neonato soppresso
Per i pm, inoltre, avrebbe avuto un ruolo anche nella soppressione di un altro neonato che la ragazza avrebbe partorito nell’agosto 2022 e che non è mai stato ritrovato. Un dato, questo, emerso dall’analisi delle conversazioni e delle chat tra i due giovani. In una di queste, quando “mancava pochissimo” al primo presunto parto, Nucera avrebbe chiesto alla fidanzata: “Mi spieghi? Che vuoi fare tu? Spiegami. Dimmi quello che vuoi fare, no perché non sappiamo se è oggi, domani, dopodomani, un’altra settimana, altre due settimane. Spiegami, che vuoi fare? Cioè, possiamo stare così secondo te? Dai, per favore, non teniamo tutto nascosto, ogni volta, per che cosa?”. Secondo gli inquirenti, Sara Genovese era “già determinata a risolvere la cosa in altro modo”. “No sei tu quello che non… ha capito quello che ho in testa” è stata la frase dell’indagata. Il sospetto è che anche quel neonato sia stato ucciso e fatto sparire. Secondo la Procura con il concorso morale e materiale anche di Nucera per il quale aveva chiesto l’arresto. Rigettato dal gip per il quale, nei confronti di Annunziato Nucera non ci sono gravi indizi di colpevolezza a suo carico: “Non appare sufficiente – si legge – la circostanza che Nucera fosse l’unico a conoscenza di tutta la vicenda. Del resto, sino agli ultimi giorni di gravidanza l’indagato aveva sollecitato la fidanzata a rivelare tutto alla di lui madre, il che non risulta compatibile con la volontà di commettere il grave delitto contestato”. Non può escludersi, infatti “che egli sia stato informato da Genovese solo a cose fatte”.
La perizia
Più complicata la situazione di Sara Genovese per la quale, invece, le prove sembrano schiaccianti. “Non vi sono elementi per dubitare della sua capacità di intendere e di volere” scrive il giudice per le indagini preliminari nelle 126 pagine di ordinanza. Stando alla perizia disposta dai magistrati, infatti, “l’esito degli incontri con lo psichiatra e i test alla stessa somministrati deponeva per l’assenza di gravi psicopatologie quali forme deliranti o schizofreniche”. Secondo i sanitari che l’hanno avuta in cura in ospedale, la ragazza era “perfettamente lucida”. Ai medici del reparto di Ginecologia e ostetricia del Gom, infatti, “è parsa una persona cosciente e presente a sé stessa”. Era “serena, non piangeva e non era agitata”. A uno di loro, dopo il sequestro del cellulare da parte della Procura, ha chiesto “le ragioni della presenza dei poliziotti” e la possibilità di “poter utilizzare un telefono”. Possibilità che, ovviamente, le è stata negata. Nelle carte, il gip è impietoso: “L’indagata ha posto in essere condotte connotate da particolare efferatezza, giungendo a uccidere i neonati appena partoriti mediante soffocamento. La stessa non ha esitato a reiterare l’azione omicidiaria nei confronti di entrambi i neonati, non incontrando remore a replicare il detto gesto per una seconda volta, restando evidentemente insensibile alla sofferenza della sua prima vittima. Peraltro, non si è trattato di un impulso occasionale, atteso che Genovese è rimasta ferma nel proposito di non avere figli nel corso di tutta la gravidanza, per poi giungere a uccidere i neonati invece di sondare strade alternative legali quali l’adozione o il parto in forma anonima, pur non trattandosi di persona priva di scolarizzazione e risultata mediamente abile a ricercare su internet le informazioni di interesse”.
Una “ferrea volontà”
Dopo la scoperta dei cadaveri da parte della madre che ha chiamato la polizia, la ragazza ha continuato a non fornire “alcuna collaborazione agli inquirenti, negando di ricordare alcunché dei fatti e non mostrando alcun rimorso o pentimento”. Dalle indagini della squadra mobile è emerso, inoltre, che Sara Genovese viveva a Pellaro, nella zona sud della città, in un “clima familiare affettuoso e accogliente”. Non ci sarebbe stato il motivo di un gesto così macabro. L’indagata, infatti, risultava essere stabilmente fidanzata da anni e pronta a convivere con il suo ragazzo. Sentite dalla polizia, le sue amiche hanno sottolineato “come i familiari non si sarebbero opposti a una eventuale gravidanza”. “Ma tu e lei avevate mai parlato, che so, di bambini insieme o no?”. “Lei non era mai… lei non ne voleva”. Nella conversazione tra il fidanzato e il cugino di quest’ultimo, il movente potrebbe essere ricercato in quello che i giudici definiscono “la ferrea volontà dell’indagata di non avere figli”. Il suo disegno di non fare sapere a nessuno della gravidanza e, soprattutto, della sorte dei neonati, “non riusciva solo per cause accidentali, atteso che ella soffriva di una emorragia tanto grave da costringerla all’immediato ricovero, durato vari giorni, senza potersi disfare dei corpi, al contrario di quanto avvenuto nell’occasione precedente”.
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