“Soldi ai Cuffaro per ringraziarli”: l’intercettazione dell’indagato per gli appalti nella Sanità in Sicilia

  • Postato il 13 giugno 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Una quota di 10 o 20 mila euro da dare alla famiglia Cuffaro “per ringraziarli per l’impegno profuso in questa vicenda e per ingraziarseli in vista di un prospettabile (e prospettato) successo elettorale alle prossime elezioni regionali”. A volerli ringraziare, stando alle intercettazioni ambientali, è Antonino Maria Sciacchitano, un commercialista con ruoli di rilievo nella sanità siciliana, dove, grazie a connessioni politiche e con i vertici delle aziende sanitarie riusciva a manovrare appalti pubblici. Un modus operandi svelato dalle indagini della procura di Palermo che ha avanzato una richiesta di misure cautelari per 10 persone. Adesso, dopo l’interrogatorio di garanzia del 23 maggio, durante il quale il commercialista-manager, difeso dagli avvocati Marco Manno e Fausto Amato, ha negato tutte le accuse, la gip Carmen Salustro ha deciso per gli arresti domiciliari e l’interdizione dai pubblici uffici. Assieme a lui ai domiciliari va anche Catello Cacace, imprenditore campano. Mentre risultano indagati anche Aldo Albano e Pietro Genovese. Albano è provveditore dell’azienda sanitaria Villa Sofia-Cervello: per lui è scattato l’obbligo di presentazione e interdizione per sei mesi. Genovese, ex direttore amministrativo dell’Asp di Caltanissetta, ha avuto l’obbligo di presentazione e interdizione per un anno.

Indagine su un sistema corruttivo – Le indagini hanno ricostruito un complesso sistema di corruzione negli appalti pubblici sanitari siciliani, al centro di questo sistema c’è Sciacchitano, presidente dell’organismo di valutazione dell’Asp di Trapani e già presidente del collegio sindacale del Civico di Palermo. Un professionista con legami nel mondo della sanità e dell’amministrazione regionale. Rapporti che, secondo le accuse, utilizza per pilotare gli appalti. E nelle 400 pagine della richiesta della procura c’è pure il “ringraziamento” alla famiglia Cuffaro: nessuno di loro risulta indagato, ma Silvio e Totò Cuffaro sono citati nelle 400 pagine della nuovissima inchiesta della procura di Palermo. È Sciacchitano a parlare con un imprenditore dell’ipotesi di “ringraziare” i Cuffaro in un’intercettazione. Ma andiamo per ordine. L’indagine della procura guidata da Maurizio De Lucia, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai pm Giacomo Brandini e Andrea Zoppi, ha portato a 10 richieste di misure cautelari: nessuna prevede il carcere. Lo scorso 22 e 23 maggio gli indagati sono stati interrogati dal gip come forma di garanzia prevista dalla riforma Nordio. Sciacchitano, difeso dagli avvocati Marco Manno e Fausto Amato ha risposte per più di due ore al gip negando le accuse.

L’inchiesta precedente e Sciacchitano al vertice della “consorteria” – L’inchiesta parte come costola dell’indagine “Sorella Sanità”, l’operazione che già nel 2020 aveva svelato un sistema di corruzione negli appalti sanitari siciliani per oltre 700 milioni di euro (la Cassazione, lo scorso 23 maggio, ha confermato alcune condanne e annullato con rinvio altre). Oggi il nuovo capitolo ruota attorno a Sciacchitano, presidente del collegio sindacale dell’ospedale Civico di Palermo, indicato come vertice di una vera e propria “consorteria” capace di influenzare gare e nomine pubbliche attraverso una rete relazionale estesa, che coinvolge funzionari, dirigenti e referenti politici. Sciacchitano si rivolgeva a figure di primo piano della burocrazia regionale, come Totò Sammartano, capo di gabinetto del presidente della Regione Renato Schifani. E cercava di avere contatti anche con Silvio Cuffaro, fratello dell’ex presidente Totò Cuffaro e dirigente dell’Assessorato all’Economia. O addirittura allo stesso ex presidente della regione, condannato per favoreggiamento alla mafia. Nessuno di loro è coinvolto nell’indagine, ma secondo i magistrati Sciacchitano usava contatti diretti e indiretti per influenzare l’esito degli appalti.

Le intercettazioni e l’appalto “anomalo” – “Pino dice … s’ava (si deve, ndr) annullare la gara!”, spiega Sciacchitano riferendosi a una gara dell’Asp di Caltanissetta, mentre è intercettato. Il 7 ottobre del 2021, il faccendiere siciliano parla con un imprenditore: “Allora io… la percentuale è sempre quella, non è che stiamo discutendo…però se noi facciamo un lavoro preparatorio, qualche cosuzza n’a lassare (qualcosina la deve lasciare, ndr.) cioè, è giusto? gli domandiamo 10 mila euro e 3 mila te li prendi tu, 7 mila me li prendo io... e almeno incomincio a mettere qualcosa pure in sacchetta (tasca, ndr.)”. Uno degli appalti simbolo del modus operandi ricostruito dalla procura di Palermo riguarda le apparecchiature elettromedicali, assegnato alla società Polygon (già Tecnologie Sanitarie) ma finita nel mirino dell’inchiesta “Sorella Sanità”. Una gara del valore di 14.101.031 di euro. Si trattava di fatto di una gara ponte indetta dall’asp di Trapani nelle more dell’aggiudicazione della più rilevante gara regionale bandita dalla Cuc, la centrale unica di committenza siciliana, impantanata per via del primo filone di indagine Sorella Sanità. Nel settembre del 2022 la gara viene assegnata a Polygon, nonostante l’offerta fosse stata giudicata “anomala” dalla commissione, come emerge dal verbale. Su tre offerte presentate, dunque, l’appalto viene aggiudicato alla società che ha fatto un’offerta “anomala”: come è possibile? Le intercettazioni nei mesi precedenti svelano come l’indagato Giovanni Cino, imprenditore e faccendiere per conto di Polygon, abbia in sostanza svolto un ruolo di intermediario tra Mario Marchese, membro della commissione e i rappresentanti di due dei gruppi imprenditoriali maggiormente interessati alla questione degli elettromedicali di Trapani. “In commissione a Trapani c’è Mario Marchese”, rivela Cino. “Vabbè allora quindi basta…”, risponde Sciacchitano. “Chiuso … basta”, ribadisce Cino, che più avanti nella conversazione chiarisce: “C’ho già parlato io con Mario, lo sa quello che deve fare”.

Il ringraziamento ai Cuffaro – Non solo membri delle commissioni d’appalto, le intercettazioni documentano tentativi di Cino e Sciacchitano di mediare la transazione, coinvolgendo vertici istituzionali dell’Assessorato regionale all’Economia così da fare ottenere il lotto I di nuovo a Polygon. Con questo scopo i due attivano Vito Raso, autista e uomo di fiducia di Salvatore Cuffaro, per ottenere un incontro con Silvio Cuffaro, fratello dell’ex presidente e dirigente del dipartimento Finanze. L’obiettivo: far arrivare a al direttore della Cuc, una proposta di accordo elaborata dalla Polygon. Il 10 agosto del 2022 Sciacchitano contatta Raso, che lo metterà in comunicazione con Silvio Cuffaro, secondo quanto riportato nella richiesta della procura di Palermo. Poco dopo viene intercettato mentre avverte Raso di avere dato i documenti a “Silvio”. Un contatto per cui Sciacchitano e Cino chiederanno una remunerazione alla Polygon, secondo quanto ipotizzato dai magistrati di Palermo. Una remunerazione per loro ma anche per la famiglia Cuffaro, secondo quanto sostenuto dagli inquirenti. “Le successive intercettazioni – scrivono i pm – hanno dato prova del fatto che Sciacchitano abbia cercato un contatto persino col fratello di Silvio Cuffaro, l’ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro”. Il direttore della Cuc viene dunque “avvicinato e ammorbidito” ai fini del buon “esito della transazione grazie alla mediazione di Silvio Cuffaro, a cui i due faccendieri sono giunti per il tramite di Vito Raso”. Sciacchitano e Cino, secondo quanto emerge dalle intercettazioni, intendono farsi pagare per questa intermediazione 200 mila euro (100 a testa), mentre è loro intenzione dare una parte, 10 mila o 20 mila a Silvio Cuffaro, “sia per ringraziarli per l’impegno profuso in questa vicenda, sia per ingraziarseli in vista di un prospettabile (e prospettato) successo elettorale alle prossime elezioni regionali”, scrivono i pm.

Nomine, appalti e pressioni – Al Policlinico, invece, “noi abbiamo una squadra…”, d’altronde il Policlinico “lo governo io. Non perché Vincenzo lo meriterebbe ma perché è amico mio. Quando io ci dico ‘Vicè’, si fa come dico io”. Così parlava Sciacchitano, in un’intercettazione captata il 19 luglio nell’ambito un’operazione della procura di Palermo. Secondo la Procura, Sciacchitano è dotato di una “vastissima rete relazionale e, soprattutto, di una provata vicinanza sia ad ambienti politico-istituzionali di primo piano che ad alcune delle più rilevanti realtà imprenditoriali attive nel settore medico-ospedaliero”. Grazie a questi rapporti, manovrava le nomine negli enti sanitari per garantire posizioni chiave a persone di fiducia. È il caso di Vincenzo Spera, già direttore del provveditorato al Civico di Palermo e poi nominato commissario all’Asp di Trapani. Una nomina che aveva inquietato Sciacchitano, perché lo avrebbe privato di un uomo di fiducia al Civico: è per questo che spinge per posizionare un suo uomo il “Vicè” dell’intercettazione. In quel momento Sciacchitano parla con l’ex direttore generale degli ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello, Roberto Colletti, che lo scorso gennaio ha rassegnato le sue dimissioni per “motivi personali”.

Un sistema radicato – Un sistema che svela le dinamiche delle nomine ai vertici: è il 16 gennaio del 2023 e Cino racconta ad un imprenditore calabrese, suo socio in affari, dell’interrogatorio reso da Damiani, di cui ha potuto leggere il verbale: “Lui (Damiani, ndr) era messo male male, l’abbiamo tirato fuori da un cassonetto e poi succede che… fanno la, l’ufficio Cuc (Centrale unica di committenza, ndr)…a Palermo!…minchia!…e allora interveniamo con un altro personaggio che era pure amico di Pippo Di Giacomo!…Totò Sammartano (il grande burocrate della Regione Sicilia che non è indagato, ndr)”. Che secondo quanto riportato da Cino, intercettato in un’altra conversazione mentre parla stavolta con Sciacchitano, “si è prodigato”.

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Il Fatto Quotidiano

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