“Sono quello che ha mandato all’inferno i tuoi colleghi”: le telefonate del Mossad ai generali iraniani

  • Postato il 24 giugno 2025
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“Sono quello che ha mandato all’inferno i tuoi colleghi”. Una vasta campagna intimidatoria per tentare di dividere e destabilizzare il regime iraniano. Il Washington Post ha svelato un’altra tattica usata dal Mossad nelle ore in cui veniva lanciata l’operazione Rising Lion contro Teheran. Nel mirino degli agenti israeliani sono finiti almeno una ventina di generali e alti funzionari iraniani, ai quali è stato recapitato un messaggio che lasciava poco adito a dubbi: smettete si appoggiare il regime dell’ayatollah Ali Khamenei o morirete.

La campagna è stata condotta da agenti in grado di parlare il persiano, la principale lingua dell’Iran. Sono stati loro a telefonare ai cellulari dei generali. L’audio di una delle chiamate è stato ottenuto dal Washington Post: il colloquio risale al 13 giugno, giorno in cui Israele ha iniziato il bombardamento dell’Iran. “Chiamo da un Paese che due ore fa ha mandato all’inferno Salami, Bagheri e Shamkhani. Posso avvisarti subito: hai 12 ore per scappare con tua moglie e tuo figlio. Altrimenti sei sulla nostra lista” di target da colpire, si sente l’agente del Mossad dire a un generale iraniano facendo riferimento all’uccisione di Hossein Salami, il capo del corpo d’élite delle Guardie Rivoluzionarie, e del capo di stato maggiore dell’esercito Mohamamd Bagheri. Ali Shamkhani, consigliere politico di Khamenei, è rimasto invece ferito negli attacchi.

Dall’altra parte delle cornetta si percepisce un certo disagio e stupore. L’agente del Mossad però non tentenna e ripete l’ultimatum di 12 ore per registrare un video in cui prende pubblicamente le distanze dal governo iraniano. “Dove lo devo mandare?”, chiede il generale. “Ti manderò un ID Telegram”, dice l’agente dell’intelligence israeliana. Non è chiaro se il video sia mai stato girato o inviato. Il generale, di cui il Washington Post non ha rivelato il nome, sarebbe ancora in vita e sarebbe in Iran.

Le telefonate intimidatorie ai massimi vertici dell’esercito e della sicurezza iraniani sono state solo uno dei tasselli della vasta campagna di azioni segrete lanciate dal Mossad per integrare e rendere più efficace l’assalto militare di Israele all’Iran. Una campagna che ha incluso l’attivazione di squadre di intelligence clandestine, depositi di armi preposizionati e altre risorse rimaste dormienti nel territorio iraniano per settimane e addirittura mesi prima dell’attacco sferrato a sorpresa per impedire a Teheran di costruire un’arma nucleare. Una rete su cui è scattata la vendetta iraniana che da giorni annuncia arresti di sospette spie, anche straniere e europee.

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Il Fatto Quotidiano

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