Sovraffollamento delle carceri, in Gran Bretagna si studia l’estensione del programma di castrazione chimica

  • Postato il 23 maggio 2025
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Il governo britannico, guidato dalla ministra per la Giustizia Shabana Mahmood, ha annunciato una serie di interventi per risolvere la crisi di sovraffollamento nelle carceri di Inghilterra e Galles. Una revisione indipendente, condotta dall’ex Segretario David Gauke, punta a ridurre la popolazione carceraria di circa 9.800 unità entro il 2028. L’obiettivo è evitare il collasso del sistema giudiziario. Fra le proposte c’è l’espansione di un programma pilota di castrazione chimica per i trasgressori sessuali e una revisione delle pene detentive. Ma, come era prevedibile, la proposta di castrazione chimica obbligatoria ha riacceso il dibattito su etica, efficacia e sicurezza pubblica di una misura ovunque controversa.

Per il momento il programma pilota di castrazione chimica, già attivo in una prigione del sud-ovest dell’Inghilterra, sarà esteso a 20 carceri in due regioni, come annunciato da Mahmood il 22 maggio scorso. Il trattamento usa farmaci come SSRI e antiandrogeni per sopprimere il desiderio sessuale ed è offerto, su base volontaria, a trasgressori con pulsioni compulsive, inclusi alcuni pedofili. Secondo studi citati da CNN, il trattamento riduce la recidiva del 60%. Mahmood ha enfatizzato l’importanza di supportarlo con interventi psicologici: “Serve un approccio che affronti anche cause come il desiderio di potere e controllo.”

Ma l’idea di rendere il trattamento obbligatorio suscita critiche. Il professor Don Grubin, professore emerito di Psichiatria forense presso la Newcastle University, Regno Unito, e consulente psichiatra forense onorario presso il Cumbria, Northumberland, Tyne & Wear NHS Trust e consulente anche di questo programma, sostiene che l’obbligatorietà violerebbe l’etica medica: “I medici non devono diventare agenti di controllo sociale.” Anche il Prison Reform Trust esprime preoccupazioni ed evidenzia che interventi forzati potrebbero scoraggiare la partecipazione e sollevare questioni legali. Il rapporto di Gauke, va notato, chiarisce proprio che la castrazione chimica non è efficace per trasgressori motivati da potere o controllo, come alcuni stupratori, e richiede sempre interventi psicologici complementari.

Ma la crisi da sovraffollamento carcerario, problema cronico degli ultimi decenni, è ora senza precedenti. Il ministero della Giustizia prevede che la popolazione carceraria raggiungerà 89.100 persone entro settembre 2025, con un picco possibile di 90.300. Già a settembre 2024 si era toccato un record record. Senza interventi, si stima un deficit di 9.500 posti entro il 2028. E la ministra avverte: senza riforme, il sistema carcerario potrebbe collassare, bloccando arresti e processi e minacciando l’ordine pubblico.

Proprio per questo il suo predecessore aveva studiato soluzioni alternative. Una proposta è consentire ai detenuti con pene standard di essere rilasciati dopo aver scontato un terzo della condanna per buona condotta. Questo vale anche per trasgressori sessuali e condannati per abuso domestico, con il caveat che chi viola le condizioni sconterà almeno metà della pena.

L’idea è di eliminare la detenzione per pene inferiori a 12 mesi, salvo casi eccezionali come gli abusi domestici – in Inghilterra si finisce in carcere anche per non aver pagato il canone televisivo, un reato che colpisce in modo sproporzionato le madri di famiglie povere, che spesso vengono trovate in casa dall’ufficiale giudiziario perché si prendono cura dei figli. Al loro posto il servizio di comunità, braccialetti elettronici o divieti di guida e accesso a eventi sportivi. A questo si associa il piano del governo, tutto da implementare e soggetto a obiezioni umanitarie e legali, di deportare all’estero i cittadini stranieri condannati a detenzione fino a tre anni, con un investimento di 700 milioni di sterline annui in servizi di supporto alla riabilitazione.

Proposte che hanno suscitato forti critiche. Il segretario ombra alla giustizia, il conservatore Robert Jenrick, sostiene che eliminare le pene brevi rischi di “decriminalizzare” reati come furto con scasso e aggressione, e che i braccialetti elettronici non prevengano le recidiva. Anche per gruppi di rappresentanti delle vittime, come Justice for Victims, i rilasci anticipati potrebbero avere un impatto negativo sui sopravvissuti a reati violenti.

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Il Fatto Quotidiano

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